WEIGEL, Valentin
Nato a Hain (Grossenhain) presso Dresda nell'anno 1533; morto a Zschopau nell'Erzgebirge il 10 giugno 1588. Studiò a Meissen, Lipsia e Wittenberg; ottenuto l'ufficio di pastore a Zschopau, non se ne allontanò più. La dottrina mistica ("teofisica") che è rimasta legata al suo nome non fu conosciuta che da pochissimi iniziati, lui vivente; solo dal 1609 in poi i suoi scritti vennero pubblicati e divulgati dai suoi seguaci, in circoli prima più ristretti, poi sempre più ampî; e, come suole accadere, molti scritti apocrifi sono andati sotto il suo nome.
Solo la critica più recente ha potuto discernere gli scritti sicuramente attribuibili al W.: Von wahrer Gelassenheit; Bericht und Anleitung zur deutschen Theologie; Libellus disputatorius; Vom Ort der Welt; Kurzer Bericht und Anleitung vom Weg und Weise, alle Dinge zu erkennen; De bono et malo in Homine; Scholasterium christinnum; De vita beata; Philosophia theologica, ed altri, tutti composti dal 1570 al 1580. Questo segreto, che il W. poté mantenere sottoscrivendo le varie formule confessionali ed evitando di immischiarsi nelle dispute interne del luteranesimo, gli permise di vivere indisturbato nonostante la sua sostanziale avversione alla concezione luterana della salvezza per la fede. Infatti, nonostante che la principale preoccupazione del W. fosse quella tradizionale della devozione cristiana, la salvezza dell'anima, egli non poteva ammettere che questa salvezza venga all'anima dal di fuori (dai meriti di Cristo), ma la concepiva come frutto di una trasformazione e di una rinascita puramente interiori. Tale rinascita e trasformazione presuppone una conoscenza diretta di Dio e dell'uomo, una teosofia. Secondo la teosofia del W., che riprende tratti caratteristici de] la speculazione mistica tedesca, e specie dell'Eckart e del Cusano, Dio è all'origine infinito, indefinito e indeterminato: solo l'atto della creazione lo rivela a sé stesso manifestando i suoi attributi. La creatura che in quanto tale contiene anche un elemento nenegativo (il nulla) ha la possibilità di staccarsi da Dio, ripiegando su sé stessa: questo sarebbe il significato della caduta degli angeli, di Lucifero, e anche di quella d. Adamo; ma per il W. tale distacco da Dio e tale ripiegamento dell'uomo su sé stesso rappresenta anehe il vero inferno, che non è esterno, ma interno all'anima dell'uomo. Su questi elementì rielaborati dalla tradizione, il W. costruisce la sua dottrina più originale: la dottrina della conoscenza, che è di due tipi: conoscenza naturale, propria della creatura decaduta; conoscenza soprannaturale, propria della creatura rigenerata dalla salvazione. Nella conoscenza naturale l'oggetto è passivo di fronte al soggetto conoscente; nella soprannaturale esso è attivo, poiché si identifica con Dio, mentre il soggetto conoscente (l'uomo) qui rimane passivo. L'una e l'altra sono interiori: la prima, perché l'oggetto rimane al di fuori dell'attività conoscitrice, per la quale è solo un'occasione; la seconda perché Dio è interno all'uomo, alla sua creatura. La conoscenza soprannaturale è quindi l'autoconoscenza di Dio, a mezzo dell'organo o strumento uomo: la salvezza eterna e la trasformazione dell'essere umano fatto tutt'uno con la conoscenza di Dio, che è autoconoscenza. Il W. ha lasciato una setta da lui denominata, alla quale il Boehme è stato vicino e che ha vissuto a lungo.
Bibl.: A. Koyré, Maître V. W., in Revue d'histoire et de philosophie religieuse, 1928; ma soprattutto: A. Israel, Weigels Leben und Schriften, Zschopau 1888, con bibl.