VAIUOLO (fr. petite-vérole; sp. viruelas; ted. Pocken; ingl. small pox)
Malattia infettiva epidemica trasmissibile per contagio diretto. L'agente etiologico della malattia viene oggi considerato come un virus filtrabile, affine per molti caratteri biologici e immunologici al virus vaccinico. I corpuscoli del Guarnieri, particolari formazioni intracellulari specifiche del vaiuolo e del vaccino, non sono più interpretati come il parassita specifico, ma come prodotti di reazione specifica al virus delle cellule malate; la loro presenza nelle cellule epiteliali della parte è oggi utilizzata come utile sussidio diagnostico (v. ultravirus).
Nell'uomo il periodo d'incubazione è di 7-15 giorni. Non raramente in questo periodo sono presenti sintomi prodromici varî, quali senso di malessere imprecisato, mal di testa, inappetenza, ecc. Indi, preceduta da brivido intensissimo, esplode la malattia propriamente detta. La temperatura sale rapidamente a 39-40° e oltre, subito il quadro generale si fa impressionante, a indicare la gravissima infezione generale: sete ardente, polso e respiro frequentissimi, grande prostrazione delle forze, inappetenza assoluta, frequentemente nausea e vomito. Spesso faringiti, mali di testa atroci, vertigini, ecc., spesso dolori alla colonna vertebrale; di regola obnubilamento psichico e delirio a volte intensissimo. Tutti questi sintomi perdurano e vanno aggravandosi per 3-4 giorni (eccezionalmente 5-8) poi la febbre cade improvvisamente con sudorazione profusa e scompaiono quasi completamente tutti i sintomi ora ricordati. Termina così il primo periodo della malattia e per un momento sembra volgere a guarigione l'intero quadro morboso. Ma ben presto (di regola in 3-4 giorni) s'inizia l'eruzione caratteristica (secondo periodo) che progredisce rapidissimamente e in generale dopo 24-36 ore è già completa. Invasa di preferenza è dapprima la faccia, poi il tronco, da ultimo gli arti. Si notano delle macchie rosse che ben presto si fanno rilevate e che infine si trasformano in vescicole contenenti un liquido limpido trasparente, vescicole che presentano un'infossatura centrale caratteristica (ombelicatura). Verso il 6°-7° giorno dall'inizio dell'eruzione, il contenuto delle vescicole comincia a divenire opaco, torbido e infine si trasforma in pus (3° periodo: pustole). Le singole vescicole possono rimanere distinte, ma bene spesso confluiscono su zone più o meno vaste, s'aprono all'esterno, si ulcerano. In casi gravi tutta la superficie del corpo può trasformarsi in un'unica superficie purulenta. Parallelamente a questa evoluzione della malattia la febbre, in generale di tipo remittente, si riaccende, le condizioni generali si rifanno gravi, ricompaiono delirio, decadimento delle forze, stato di profonda intossicazione. Per il progredire di questi fatti può intervenire in molti casi la morte. Nei casi invece che volgeranno a guarigione, le pustole suppurate e rotte, come quelle che ancora non sono giunte a questo stadio, un po' alla volta si essiccano, si retraggono, lasciano posto a una crosta; crosta che cadrà verso la ventesima giornata o più tardi provocando un intenso prurito e lasciando dietro di sé delle cicatrici. Iniziatosi l'essiccamento, di regola la febbre cede e le condizioni generali riprendono rapidamente avviandosi il malato a una guarigione che sarà completa.
Si distinguono varie forme di vaiuolo che peraltro non differiscono fra loro che per l'intensità della malattia: il vaiuolo abortivo, la vaioloide o vaiuolo mitigato, ecc.; il vaiuolo emorragico (vaiuolo nero) caratterizzato dalla grande facilità delle emorragie specialmente cutanee, per cui macchie ematiche si notano nello spessore della cute e le pustole assumono colorito bruno. La guarigione lascia luogo a immunità. Questo fatto è stato sfruttato da L. Jenner a scopo profilattico con la vaccinazione. Consiste questa nell'inoculare all'uomo il virus del vaccino del bue o del cavallo. Ha luogo così una breve malattia della durata di 3-4 giorni, malattia che pur non presentando alcun carattere di gravità lascia immunità anche per il vaiuolo nero. L'esperienza ha dimostrato che l'immunità antivaiolosa procurata dal virus vaccinico ha una durata limitata; per questa ragione è opportuno che la vaccinazione venga ripetuta di tempo in tempo.
Patologia veterinaria. - Il vaiuolo umano, quello ovino e caprino insorgono in modo indipendente, mentre le altre forme di vaiuolo sono in rapporto eziologico con una delle forme di queste specie animali.
Vaiuolo ovino o schiavina. - È specialmente diffuso negli stati dell'Europa meridionale; in Italia domina endemico nelle regioni centrali e meridionali. Il virus del vaiuolo ovino è dotato di notevole resistenza; negli ovili, al riparo dalla luce, può mantenersi attivo anche per sei mesi. Esso penetra ordinariamente nell'organismo attraverso le vie respiratorie. La malattia si sviluppa in un gregge per il contatto con greggi infetti, o per l'acquisto di pecore ammalate o non completamente guarite. Tutti i materiali inquinati possono rappresentare elementi di trasmissione del contagio. Alla diffusione del virus si presta pure l'aria. Gli ovini ammalati raggiungono il massimo potere infettante con la desquamazione delle croste. Nelle croste ben protette dalla lana il virus può mantenersi attivo fino a due mesi. La maggior recettività è offerta dalle pecore molto giovani e da quelle a lana molto fine (merinos). L'inizio della malattia è contrassegnato da alta temperatura e da gravi fenomeni generali, che vanno attenuandosi al secondo e terzo giorno, per riacutizzarsi con l'inizio dello stadio papuloso. Compaiono allora sulla cute, specie nelle regioni sprovviste di lana o dove questa è più rada e corta, delle macchie rosse e rotonde che successivamente evolvono in papule, vescicole, pustole e croste, delle dimensioni di una vecchia moneta da un centesimo. Le vescicole vaiolose sono ombelicate. Le aree circostanti alle eruzioni appaiono intensamente arrossate e tumefatte. Anche sulle mucose si svolgono gli stessi fatti eruttivi; mancano però gli stadî ultimi del processo, perché, data l'esilità dell'epitelio, le vescicole si rompono precocemente. Nei casi tipici la malattia evolve in 3-4 settimane. Nel decorso atipico è principalmente caratterizzata dal cosiddetto vaiuolo confluente (per confluenza delle lesioni papulo-vescicolo-pustolose) e dal v. emorragico, per formazione di emorragie nelle eruzioni pustolose. Gli ovini che hanno superato la malattia acquistano uno stato d'immunità generalmente durevole per tutta la vita. La prognosi deve essere riservata specie quando l'esantema tende a diffondersi, le eruzioni a confluire e quando compaiono delle emorragie. A seconda delle epizoozie la mortalità oscilla dal 2 al 50%. La cura si limita all'osservanza delle cure igieniche e all'inoculazione di siero iperimmune, vantaggiosa se fatta nei primi periodi della malattia. Quando il pericolo del contagio appare imminente è indicata la pratica della vaiolizzazione, consistente nella trasmissione artificiale dell'infezione allo scopo di ottenere una forma di vaiuolo, se il virus impiegato è dotato di una conveniente virulenza, a decorso più benigno di quello naturale. I greggi sottoposti a vaiolizzazione devono essere isolati, in quanto essi rappresentano focolai di diffusione di contagio. Il contagio trasmesso dalle pecore vaccinate si manifesta spesso sotto forma di vaiuolo maligno, perché il virus-vaccino nell'animale vaccinato accresce la propria virulenza. Per ovviare agl'inconvenienti derivati dall'uso di virus non attenuato, si escogitarono varî procedimenti di attenuazione basati su mezzi fisici o chimici o biologici, ma i risultati ottenuti non corrisposero alla pratica, fatta eccezione per la linfa caprinizzata e più ancora per quella sensibilizzata. Anche la siero-vaiolizzazione dà buoni risultati. Il vaiuolo ovino è oggetto di provvedimenti di polizia veterinaria (articoli 1-65 e 66 del vigente regolamento).
Vaiuolo vaccino. - Insorge in forma sporadica o enzootica e spesso da contagio umano nel decorso dell'affezione vaccinale. La propagazione dell'infezione nello stesso allevamento è favorita dalle mani del mungitore, dalla lettiera, dal foraggio. La malattia insorge dopo un'incubazione di 4-7 giorni. Manifestazioni di ordine generale solo eccezionalmente sono presenti e in lieve grado. La cute dei capezzoli si mostra lievemente intumidita; al 2-3° giorno di malattia sui capezzoli e sulla mammella compaiono dei noduli delle dimensioni approssimative di un pisello, che evolvono in vescicole ovali ombelicate e in pustole. La generalizzazione dell'infezione è eccezionale. I maschi ammalano molto di rado con localizzazioni scrotali. La malattia ha decorso molto benigno. Per la cura giovano le pomate a base di zinco e di piombo.
Vaiuolo caprino. - È stato riconosciuto in Norvegia, negli stati sudeuropei, nelle regioni settentrionali e sud-occidentali dell'Africa. L'infezione naturale si sviluppa generalmente per contagio immediato; essa resta per lo più localizzata allo stesso gregge. Clinicamente assume di solito il quadro del vaiuolo generalizzato, con manifestazioni generali di lieve entità e con localizzazioni prevalentemente mammarie, ma diffuse pure alla faccia interna delle cosce, alle labbra, alle palpebre e specie nei capretti sulla mucosa boccale e delle prime vie respiratorie. L'evoluzione e il carattere delle lesioni vaiolose ripetono quelli delle altre specie. Il decorso è ordinariamente benigno. Il trattamento e la profilassi richiedono gli stessi provvedimenti del vaiuolo ovino.
Vaiuolo equino. - È caratterizzato da un'eruzione cutanea vescicolo-pustolosa localizzata alla faccia posteriore dei pastorali, che eccezionalmente può diffondersi alla testa e alle mucose visibili. La malattia è accompagnata da rialzo termico e da disturbi funzionali dell'arto colpito. Fino alla prima metà del secolo XIX era un'infezione molto diffusa: oggi ha assunto un'eccezionale rarità. Si propaga per contagio diretto. Il decorso è molto benigno; la cura è sintomatica.
Vaiuolo suino. - È stato riconosciuto nell'Europa meridionale e orientale. Colpisce solo i giovani suini di 3-12 settimane con manifestazioni generali alquanto marcate e con eruzione di papulo-vescico-pustole ripetenti i soliti caratteri, su tutto il corpo, segnatamente nelle zone prive o scarse di setole. Nei casi gravi il contenuto delle vescicole si fa emorragico e si ha diffusione di processo alle mucose apparenti. Le perdite sono sempre lievi. L'infezione ha luogo per trasmissione dai bovini, dall'uomo e forse dalla capra. Si ricorre alla cura sintomatica.
Il vaiuolo nelle piante. - Con questo nome s'indica un gruppo di malattie, noto anche col nome di vaiolatura, prodotte da funghi parassiti diversi che determinano su foglie e frutti alterazioni simili e che in certo modo ricordano il vaiuolo dell'uomo in quanto sono macchie di piccole dimensioni (diam. circa 1 cm.) a contorni più o meno tondeggianti, in cui i tessuti per lo più seccano e quindi s'infossano, simulando la nota butteratura. Le lesioni del vaiuolo sono in genere di colore chiaro, distinguendosi in ciò da quelle dell'antracnosi, simili come forma, ma di colore bruno nero. Si ricordano il vaiuolo della viola, da Ramularia lactea Sacc., della melanzana da Ascochyta hortorum C. A. Smith, del noce da Gnomonia juglandis Trav., la vaiolatura rossa della fragola, da Sphaerella fragariae Sacc., ecc. Si dice anche vaiuolo l'alterazione prodotta sulle foglie dell'olivo da Cycloconium oleaginum Cast. (occhio di pavone).