UTILITAS
1. Termine critico. - È una qualità che i Romani vogliono trovare associata alla bellezza nelle varie manifestazioni artistiche, poiché l'arte per l'arte è in teoria condannata come un inutile lusus, attività non degna di un cittadino romano. Nisi utile est quod facimus, stulta est gloria, dice Fedro (iii, 17), perciò l'arte più sentita e più celebrata dagli scrittori e anche coltivata di preferenza dai Romani sarà l'architettura, in cui si vede realizzata questa unione di utilitas e di decor. Utilità e dignità, necessità e bellezza riconosce Cicerone nei colonnati e nei frontoni (De oratore, iii, 46, 180), e l'utilità e la bellezza sono ugualmente i concetti dominanti nelle epistole su questioni architettoniche delle città della sua provincia scritte da Plinio il Giovane a Traiano.
Ma anche nelle altre arti figurative, sulla scia delle teorie peripatetiche prevalenti negli scrittori romani, si ricerca l'utilitas accanto alla voluptas, concetto espresso chiaramente da Orazio (De arte poetica, 343): omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, e raffiorante in Valerio Massimo a proposito dell'efficacia dell'arte che arreca utilità e piacere (Memor., viii, xi).
Bibl.: G. Becatti, Arte e gusto negli scrittori latini, Firenze 1951.
(G. Becatti)
2. Personificazione. - Dopo la grande riforma monetaria dell'anno 295, appare sulle monete di Diocleziano e dei suoi colleghi, una donna che nasconde le proprie mani tra le pieghe della veste: sotto leggiamo il titolo utilitas pub(lica). Essa è l'immagine della innocentia degli impiegati pubblici. Su un'altra moneta, con la medesima iscrizione, l'imperatore, in armatura da guerra, tende la mano a Utilitas. Questa scena intende simboleggiare l'assoluta fiducia meritata dall'esercito imperiale: burocrazia ed esercito erano i pilastri su cui posava la riforma statale di Diocleziano: "L'ordine militare divenne in essa (la riforma dello stato) un ordine di vita" (Domaszewski); fu il principio basilare della "ragione di stato", espressione che meglio d'ogni altra riproduce il senso di utilitas publica. Sotto Costantino I la figura dell'Aequitas indica, con la stessa leggenda, la necessità delle imposte statali. "L'occasione sorta dalle circostanze di compiere cose opportune", così Cicerone (Inv., i, 12, 46) definisce l'U., che allora si era personificata. U. non è più nel senso filosofico la "madre del giusto e del simile" (Hor., Sat., i, 3, 98) e neppure la utilitas omnium (Plin. Jun., Pan., 7, 4), bensì il motivo di ogni disposizione radicale decisa da un sovrano assoluto.
Bibl.: S. W. Stevenson, Dictionary of Roman Coins, Londra 1889, p. 916; A. v. Domaszewski, Geschichte der römischen Kaiserzeit, Lipsia 1909, p. 319.
(† W. Koehler)