USODIMARE
(Ususmaris). – Già all’inizio del XII secolo questa stirpe recava un cognome stabilizzato, precocemente rispetto all’assetto antroponimico genovese. La denominazione è quanto mai eloquente almeno del primo orientamento di questa famiglia, che ebbe una vicenda plurisecolare e un buon peso negli sviluppi complessivi locali.
Il primo personaggio noto, attivo per almeno mezzo secolo, sempre che non si trattasse in realtà di due individui (in tal caso appartenenti a due diverse generazioni), è Oberto. Nel 1109 fu uno dei quattro rappresentanti di Genova a ricevere l’importante concessione ‒ attuata dal conte Bertrando di Saint-Gilles ‒ alla chiesa cattedrale della città ligure sia di beni e luoghi strategici in Terrasanta (tra cui Gibelletto e parte di Tripoli), sia di protezione ed esenzione da tributi per i cittadini genovesi e per gli abitanti del loro distretto. Nel 1131, inoltre, Oberto esordì nel consolato comunale, di durata ormai annuale e retto con altri tre esponenti dell’aristocrazia.
Poteva essere già deceduto l’Oberto i cui figli figuravano in un lungo elenco dei nobili genovesi, databile tra la fine degli anni Trenta e gli anni Quaranta del XII secolo, che dovevano fedeltà all’arcivescovo.
Oberto comparve anche nel sostanzioso gruppo di genovesi eminenti che nel 1146 giurarono l’alleanza tra il proprio comune e Raimondo Berengario IV, conte di Barcellona, mentre Baldizzone fu uno dei consoli di Giustizia per il 1154 e poi del Comune per il 1158.
Si precisò così presto il profilo di una famiglia che, anche nel corso del XIII secolo, non sembra avere strenuamente lottato per partecipare al governo cittadino, forse moderando con intenzione il proprio coinvolgimento nelle magistrature, ma non lesinando la propria partecipazione agli schieramenti politici. Gli Usodimare testimoniarono certamente una buona capacità creditizia: per esempio, sempre un Oberto, nel 1164, partecipò a un prestito collettivo di genovesi al re Barisone di Sardegna. Ma grande e costante fu anche l’impegno in ambito mercantile, profuso tipicamente ultramare, riscontrabile in una pluralità di contratti commerciali.
In questi stessi anni, soprattutto nel registro del notaio Giovanni Scriba, si vedono simultaneamente attivi almeno quattro fratelli Usodimare: con i citati Oberto e Baldizzone, Guglielmo e Ottone. Nel 1156 questi ultimi due, con Baldizzone, concessero a Oberto i beni pervenuti loro come donazione da parte di Druda, sua figlia e loro nipote. I contorni poco chiari di questa piccola vicenda non occultano tuttavia l’attenzione a mantenere compatto il patrimonio di pertinenza dei maschi di famiglia.
All’incremento patrimoniale e alla costruzione di un buon capitale di relazioni concorse anche una serie di matrimoni, e la documentazione superstite restituisce discrete testimonianze in termini di apporti dotali.
Ottimo fu il matrimonio di Guglielmo, la cui moglie Agnese, figlia del fu Lanfranco Molle, nel 1157 recò in dote il corrispettivo di ben 265 lire in moneta e in merci; più problematico il coniugio tra Gandolfo Usodimare e Giulia figlia di Vivaldo nel 1158, perché venne prevista l’ipotesi di uno scioglimento per consanguineità, senza che venisse dichiarata l’entità della dote. Buona anche l’unione datata 1158 fra Gionata Usodimare, figlio di Oberto, con Druda, figlia di Ugezonus de Vineis, la quale portò nel matrimonio 230 lire. Il fatto che in due casi fossero i padri (Oberto e Baldizzone, per il matrimonio di un figlio non identificabile) degli sposi a incamerare la dote allineava i comportamenti degli Usodimare con quelli di altre famiglie cittadine, presto attente a una gestione unitaria del patrimonio attorno alla linea maschile. Nei decenni successivi, la strategia matrimoniale, apprezzabile anche in ‘uscita’ dalla famiglia (per esempio, una donna Usodimare aveva sposato un esponente degli Alberici, come si ricava da un atto del 1206), continuò a mantenersi a lungo nei binari della media aristocrazia.
Non consente di comprendere se si possa parlare di più ceppi paralleli il progressivo moltiplicarsi di nuovi nomi propri del lato maschile della famiglia: per esempio, Rubaldo figlio di Baldizzone comparve in veste di testimone nel 1171; Fulco si sarebbe prestato a fare, insieme con altri, da garante per uomini genovesi prigionieri dei pisani nel 1173; Nicoleta e Martino furono tra i coautori di un prestito nel 1197.
A caratterizzare la famiglia permane il nome Oberto, con un nuovo esponente che nel 1197, per esempio, acquistò parte di un’armatura e si impegnò in sostanziosi commerci ‒ anche di gioielli e sulla lunga distanza ‒ insieme ad altri membri della sua articolata famiglia, che sotto questo risvolto si mosse indiscutibilmente in modo coeso. Da parte degli Usodimare proseguì un moderato coinvolgimento nelle strutture dell’amministrazione comunale: questo Oberto ricoprì in più occasioni a cavallo del 1200 il ruolo di publicus testis, cioè persona capace di dare credibilità a documenti prodotti dal Comune, mentre Guglielmo fu podestà del borgo costiero di Sestri (Levante) nel 1209. Nel 1227 anche Guglielmo partecipò a un largo schieramento di membri di famiglie della più antica e potente aristocrazia genovese, che operò per la pacificazione interna dopo un moto ‘anticomunale’ che coinvolse i popolari e anche varie componenti politiche delle due riviere liguri.
Nei decenni attorno alla metà del Duecento, figurarono come consiglieri del Comune ‒ spesso due simultaneamente ‒ Marino, Buonvassallo, Giacomo, Giovanni (membro della magistratura degli Otto nobili nel 1239), Guglielmo (uno degli Otto nobili nel 1229, forse il medesimo che fu podestà della circoscrizione di Voltri e Borzoli, adiacente la città, nel 1257), Lanfranco (uno degli Otto nobili nel 1248): personaggi, peraltro, a disposizione del Comune anche per specifiche missioni, come Buonvassallo che nel 1239 fu ambasciatore genovese a Nicea.
Sul piano economico gli Usodimare mantennero un grande impegno per tutto il Duecento, sicuramente prevalente rispetto a quello nelle istituzioni di governo. Del gran numero di registri notarili pervenuti, in particolare il cartolare di Bartolomeo de’ Fornari degli anni 1249-50 offre una moltitudine di contratti che vedono protagonisti membri della famiglia; nella seconda metà del XIII secolo risultano tra l’altro proprietari di almeno tre navi (Paradiso, Angelo e Santa Maria).
Negli anni 1264-66, cioè poco dopo il chiudersi del primo e quinquennale governo di Popolo a Genova sotto Guglielmo Boccanegra, Marino venne considerato idoneo a condividere la responsabilità della redazione degli annali cittadini (quelli laici avviati da Caffaro sul finire dell’XI secolo). Lo fece insieme con altri tre nobiles et sapientes, con esiti narrativamente molto distesi in cui non è possibile riconoscere l’apporto individuale. La specificazione che due di quei tre redattori fossero giurisperiti esclude che anche Marino fosse un giudice, mentre il suo coinvolgimento nell’impresa può forse costituire un’eco della restaurazione attuata dopo la recente esperienza politica (chiusasi nel 1262).
Per comprendere in una prospettiva di lungo periodo la qualità della presenza urbana degli Usodimare, occorre precisare che della dislocazione nota di un’abitazione non si può parlare prima del 1186, quando una loro casa, dove coabitava più di un nucleo familiare, si affacciava sul mercato vecchio di Soziglia, in pieno centro genovese, in adiacenza delle più prestigiose famiglie cittadine e in posizione evidentemente ottimale per i commerci. Della casa di Baldizzone, ancora vivo nel 1197, si sa che era dotata di portico e situata sopra la piazza di Soziglia ed è forse il medesimo immobile porticato che di lì a poco fu designato in modo generico come ‘degli Usodimare’, cioè di fratelli che coabitavano sotto il medesimo tetto mantenendo almeno per un certo tempo indiviso un bene dallo spiccato carattere identitario. È del 1220 la menzione, in riferimento a Nicola, di una stacio, che etichettava l’edificio in funzione nettamente commerciale, mentre il portico degli Usodimare nel 1257 era uno dei luoghi in cui si amministrava la giustizia: è da tenere in conto il fatto che nel 1255 Baldizzone fu console dei placiti.
Diventa poi via via più difficile, almeno nella fase due-trecentesca, identificare le case trasmesse in eredità o acquisite. Dovrebbe in ogni caso risalire almeno alla metà del XIII secolo l’attestazione di una torre di famiglia (di Nicolò e poi dei suoi eredi), forse nei pressi di Soziglia, con il suo significato di marcatore sociale e di radicamento in uno specifico ritaglio del tessuto urbano. Per quanto concerne i beni immediatamente extraurbani, non si avverte un’unica direttrice proprietaria, ma si possono ricordare due mulini attestati nel tardo Duecento.
Riguardo a tutta la fase successiva, si può contare quasi solo sulle menzioni di Usodimare che emergono in ricerche di varia tematica, prodotte in un arco di tempo pluridecennale attingendo a uno sterminato complesso documentario: si tratta di menzioni disordinate e incidentali, ma sicuramente ben orientative. Nel Trecento, per l’ormai larga famiglia perdurava l’impegno sul fronte mercantile e marinaro, senza che i suoi membri si sottraessero al coinvolgimento politico, grazie alla costruzione di alleanze importanti. Nel 1320 Lanfranco Usodimare era a capo di una flotta di almeno sessantotto galee nell’ambito di una ripresa del conflitto tra Genova e Savona; nei primi decenni del Trecento Antoniotto e Accelino ricoprono incarichi di prestigio in città; nel 1340, nel contesto del conflitto dei Cent’anni, venne catturata dagli inglesi anche la galea carica di merci e diretta nelle Fiandre di Anfrone Usodimare, e Nicolò Usodimare risulta conestabile di Bordeaux e viceammiraglio di Aquitania. Almeno un Usodimare, l’Oberto cui venne dato il più ricorrente nome di stirpe, era tra i fuoriusciti genovesi che nel 1341 giunsero ad accordi con i procuratori di Simon Boccanegra, da un paio d’anni primo doge genovese; in quello stesso anno una dispensa matrimoniale per consanguineità rivela il matrimonio di Manfredina Usodimare con il genovese Celesterio de Nigro, esponente di una prestigiosa famiglia, che diventò un rinomato dottore in legge. Nel 1343 Galeotto Usodimare riuscì a costruire un accordo che condizionava fortemente il commercio del sale tra Genova e la Lombardia.
Nel 1386 un Usodimare (Albasio?) fu nuovamente podestà di Voltri, mentre nel 1396 una galera di Nicoloso Usodimare trasportò seimila cantari di allume e ottanta schiavi nel Mediterraneo orientale, potendo tra l’altro far conto su almeno quattro membri della famiglia residenti nella folta colonia genovese di Pera, dirimpetto a Costantinopoli.
Come molte altre stirpi cittadine eminenti, ma senza rientrare nella più ristretta élite, gli Usodimare erano ormai da qualche decennio una consociazione plurifamiliare, a Genova nota come albergo. In termini di numero di aderenti quello degli Usodimare è collocabile tra gli alberghi piccoli o medio piccoli.
Per la fase matura, documentazione di vario carattere, ma soprattutto fiscale e catastale, restituisce infatti, con andamento prima stabile e poi declinante, ventisei capofamiglia per il 1356-64, ventisette per il 1414, sedici per il 1466 e dodici nel 1528. In particolare, il registro Possessionum del 1414 denuncia che almeno il nucleo principale dell’albergo, insieme ad altri sei analoghi organismi di diversa taglia, era incluso in una compagna, cioè una delle otto ripartizioni urbane, diversa rispetto a quanto accertabile tra la metà del XII secolo e la metà del XIII: il riferimento è non più a Soziglia bensì all’adiacente compagna Porta, così che la famiglia nel suo insieme sembra essersi ritratta dall’area del mercato.
La contrata degli Usodimare, fornita di una minuscola piazza, ma priva di una chiesa esclusiva dell’albergo, non includeva però tutte le case censite, perché due, per esempio, erano dislocate nella zona dei Banchi, non distante, ma strategica per le attività finanziarie; nel 1414, inoltre, non figurava esplicitamente una torre associata al patrimonio immobiliare di un singolo nucleo Usodimare. La frequente menzione di «eredi di...» nell’elenco degli edifici in Genova e anche di terre nel circondario urbano lascia intendere come continuassero a esservi fratelli che detennero almeno per un certo tempo i beni in maniera indivisa. Che un Pietro fosse censito anche con il suo precedente cognome, (olim) Finamore, famiglia una cui casa peraltro confinava con uno degli edifici Usodimare, attesta il potenziale inclusivo di questo organismo.
La vicenda quattrocentesca dell’albergo mostra qualche tratto di affaticamento e forse di declino. Bianchina Usodimare, sposata al genovese Vallerano de Gentili, morì senza che il suo testamento, che includeva quote di un prestito pubblico della propria città, trovasse agevole esecuzione, come si ricava da una supplica indirizzata nel 1419 al pontefice Martino V e che non mostra un adeguato panorama di eredi. La stessa tormentata e avventurosa vicenda di Antoniotto (v. la voce in questo Dizionario), figlio di Anfrone e tra i primi esploratori atlantici, può essere considerata emblematica di un disagio della sua famiglia – dalla notevole proiezione ultramare – nell’ambito della città ligure. La scelta religiosa di Raffaele, menzionato nel 1486 in quanto membro dell’abbazia della Cervara, sul monte di Portofino, potrebbe indicare un distacco dal mondo indotto da motivazioni non solo di ordine religioso.
Per quanto riguarda il sempre vitale fronte mercantile basti dire che, nella delicata fase dello scisma ecclesiastico, Zaccaria, Francesco e Guirardo Usodimare nel 1418 e poi Giovanni e Raffaele Usodimare l’anno successivo rivolsero una supplica a Martino V per poter proseguire liberamente i loro commerci. Numerose sono anche le attestazioni del secondo Quattrocento.
Nel 1447 console dei milanesi a Genova è Francesco Usodimare; alla fine degli anni Cinquanta del secolo è notevole il potere condizionante di Filippo e Antonio Usodimare nella colonia genovese di Caffa o nella base di Sebastopoli nel Mar Nero; nel 1464 Baldassarre Usodimare è luogotenente di Martino Loriega di Bilbao, console dei mercanti e patroni (di navi) castigliani presenti a Genova; nel 1469 un Usodimare fa parte della natio genovese (costituita da una trentina di aderenti) a Tunisi; nel 1476 Anfrone Usodimare è uno dei consoli dei genovesi in Castiglia.
Prima del 1528, in data non accertabile, l’albergo Usodimare raccolse altre due minori casate, i Belmosto e gli Zurli: ma in quell’anno, in cui Andrea Doria orchestrò una profonda riforma istituzionale e ridusse il numero degli alberghi da un centinaio a ventotto operando accorpamenti, fu decisa l’aggregazione di numerosi altri nuclei familiari minori (in tutto sedici) alla consociazione degli Usodimare, anche con il mirato obiettivo di contrastarne il declino.
Poco prima di questa riforma sono infatti rilevabili almeno due chiari segnali di una perdita di vigore e prospettive dell’albergo Usodimare. Nel 1498, in un conflitto descritto in termini fazionari dal cronista Giorgio Stella, i ghibellini appiccarono il fuoco anche a edifici degli Usodimare: la torre e due case riportarono gravi danni. Inoltre, l’opzione di aggregarsi ad altri alberghi venne effettivamente praticata da singoli esponenti degli Usodimare: lo si vede nel caso del vescovo di Mariana in Corsica, ancora nel 1500 ricordato come Giovan Battista Cybo, ma in precedenza cognominato Usodimare.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Manoscritti, 102, notaio Oberto de Placentia; Notai antichi, 21.I, notaio Bartolomeo de’ Fornari; Antico Comune, 559 (Gabella Possessionum del 1414). Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, a cura di L.T. Belgrano - C. Imperiale di Sant’Angelo, I-V, Roma 1890-1929, ad ind.; Il cartolare di Giovanni Scriba, a cura di M. Chiaudano - M. Moresco, Torino 1935, passim; Suppliche di Martino V relative alla Liguria, I, Diocesi di Genova, a cura di B. Nogara - D. Puncuh - A. Roncallo, in Atti della società ligure di storia patria, n.s., XIII (1973), ad ind.; Georgii et Iohannis Stellae Annales Ianuenses, a cura di G. Petti Balbi, Bologna 1975, pp. 43, 45 s., 59-62, 96, 231; I Libri Iurium della Repubblica di Genova, I, 1-8, Genova 1992-2002, ad indicem.
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