Vedi URVINUM HORTENSE dell'anno: 1966 - 1997
URVINUM HORTENSΕ (ν. vol. VII, p. 1078)
Antico centro dell'Umbria, identificato nel comune di Collemancio di Cannara. Scavi effettuati tra il 1932 e il 1938 avevano messo in luce numerosi resti, recentemente restaurati e ripresi in esame. Il tempio italico è l'elemento architettonico più antico dell'area: rigidamente orientato sull'asse N-S, ha la fronte rivolta verso S. E costruito in opera quadrata di arenaria locale, su un alto podio modanato (m 24 X 18) con una parete liscia compresa tra due cornici sagomate, di cui è conservata solamente quella inferiore lungo il lato orientale; lo stilobate è stato quasi completamente asportato. Lo schema planimetrico disegnato su tre celle, di cui la centrale più ampia, corrisponde al modello vitruviano del tempio tuscanico. Di fronte al tempio doveva trovarsi l'altare. Dall'interno di una delle celle proviene una statuetta di offerente in bronzo databile tra il III e il II sec. a.C.
Alla decorazione dell'elevato dovevano appartenere le terrecotte architettoniche (lastre, cornici e antefisse) recuperate al momento dello scavo e attualmente conservate nella raccolta civica di Cannara. L'arco cronologico si distribuisce dalla fine del III a tutto il II sec. a.C. con motivi decorativi che mostrano confronti e talvolta identità di matrici con i santuarî presenti nelle vicine Bettona, Spello, Todi e Gubbio, ma si nota anche la presenza di tipi di lastre «Campana» di epoca augustea, una con Teseo che uccide Scirone. Le terrecotte testimoniano un'utilizzazione del tempio e fasi successive di restauro dalla fine del III fino alla seconda metà del I sec. a.C., e documentano che la realizzazione architettonica, ascrivibile alla fine del IlI-inizî II sec. a.C., corrisponde a una fase di trapasso per l'Umbria, in conseguenza della realizzazione della colonia di Spoleto. Il tempio viene costruito in vista della grande vallata umbra: primo segno di monumentalizzazione in sostituzione dei più antichi santuarî umbri, in un momento di forte contrasto sociale. La sua fase finale coincide con l'urbanizzazione e la creazione del municipio, la fondazione della vicina colonia di Hispellum e la centuriazione della vallata, tra l'epoca triumvirale e l'età augustea.
Su un'iscrizione proveniente da Bettona (CIL, XI, 5168) è la testimonianza del toponimo del municipio. Il territorio di quest'ultimo, compreso tra quelli di Mevania, Hispellum, Asisium, Vettona e Tuder, non doveva essere molto ampio, e fu riorganizzato da un punto di vista amministrativo in seguito ai fatti del Bellum Perusinum, nella seconda metà del I sec. a.C., con effetto sfavorevole per le due colonie triumvirali confinanti di Tuder e Hispellum.
In conseguenza della colonizzazione della vallata nel III sec. a.C., U. come altri centri vicini (Bettona, Bevagna), viene munita di mura costruite in grossi blocchi squadrati di arenaria locale, tracce delle quali sono visibili lungo la zona occidentale dell'abitato. Dell'urbanizzazione complessiva del municipio restano visibili tratti di terrazzamento in opera quadrata in grossi blocchi di arenaria, con contrafforti esterni, lungo il lato orientale. L'unico edificio pubblico, oltre al tempio, è costituito dall'anfiteatro, individuabile dalla foto aerea. È inoltre visibile un basolato stradale con orientamento N-S che fiancheggia il tempio.
Oltre il tempio, lungo il lato NO della collina, sono visibili resti di una struttura identificabile con parte di un edificio termale che sembra aver avuto almeno due fasi costruttive: una in età tardo-repubblicana con strutture in blocchetti di arenaria locale, la seconda in età adrianea realizzata in laterizî. Il primo elemento è costituito da un peristilio a pianta quadrata con pavimentazione originaria in mosaico bianco e strutture in arenaria e malta, un impluvium con cornice in travertino, su cui poggiano otto colonne in laterizî o con tracce di stuccatura bianca.
Alle pareti sono le tracce dell'ammorsamento delle lastre marmoree che ne costituivano il rivestimento. Contigua al peristilio segue una serie di vani: un ambiente absidato a pianta rettangolare con impluvium, originariamente pavimentato (65 m2) a mosaico policromo (bianco, rosso e nero) rappresentante scene nilotiche (pigmei e una ricca vegetazione che fa da sfondo alle scene). Poco a S dovevano svilupparsi altri ambienti attinenti alla zona termale, tra i quali è ben distinguibile un praefurnium. L'edificio sembra essere legato alla munificenza della gens Fiscilia.
Sull'antico nucleo romano si sviluppa la pieve in un momento in cui l'abitato era già andato in rovina: le fonti epigrafiche sembrano infatti arrestarsi alla fine del III sec. d.C.
La basilica paleocristiana, eretta probabilmente dopo le guerre gotiche, tra il VI e il IX sec. d.C., fu prevalentemente costruita con elementi lapidei provenienti dal tempio. L'edificio ha una pianta rettangolare (m 21 X 6) a una sola navata con separazione tra navata e presbiterio, con abside orientata a E. L'ingresso è attualmente da N, anche se quello originario è stato ipotizzato sul lato orientale, di fronte al tempio. I frammenti scultorei rinvenuti nel corso degli scavi permettono di risalire al IX sec. d.C. e sono accomunabili alla coeva produzione del vicino territorio di Spoleto e, in generale, del più ampio ambito romano-laziale.
Nella raccolta civica di Cannara si può notare la totale assenza di reperti ceramici, conseguenza di una drastica scelta al momento dello scavo. Oltre alle terrecotte architettoniche, il più grosso nucleo di materiali è costituito dalle iscrizioni, provenienti dagli scavi degli anni Trenta, per lo più attribuibili a titoli in onore di personaggi della casa imperiale e a personaggi locali, alcuni dei quali raggiunsero lo status di senatori.
Benemerenze locali toccarono anche a T. Plautius Silvanus Aelianus, senatore e genero dell'imperatore Antonino Pio. Tra i materiali provenienti dai vecchi scavi è una gemma con il ricordo dei Vareni, una gens largamente presente nell'Umbria centrale e attestata in particolare nei municipi di Fulginia (Cic., Pro Vareno, frg. 1) e di Mevania (Sil., iv, 544).
Un'iscrizione di recente lettura documenta nella tarda età repubblicana l'importanza della pratica della navigazione fluviale interna nel territorio e la presenza di addetti ai battelli (cfr. Strab., V, 2, 10). La navigazione interna della valle tiberina e dei suoi affluenti lungo la valle umbra e quella tiberina, era legata strettamente ai rapporti economici con Roma, in particolare per il rifornimento di legname (Liv., XXVIII, 45, 18; Plin., Nat. hist., XVI, 197), di prodotti alimentari, di ovini e bovini. Il municipio, data la sua particolare dislocazione nell'area centrale tra Flaminia e Amerina, poté sfruttare appieno la possibilità offerta dalla maggiore economicità della via di trasporto fluviale. L'economia locale può immaginarsi basata sull'agricoltura e sui commerci a essa connessi.
I materiali scultorei, il cui ambito cronologico va dal I al III sec. d.C., sono in uno stato di tale frammentarietà che permettono di porre poche definizioni alla cultura artistica urvinate.
Tra le monete la più antica è una romano-campana della prima metà del IV sec. a.C. Le presenze numismatiche proseguono ancora in età repubblicana (III e II sec. a.C.) e lungo tutto il periodo imperiale, perdurando fino al secondo venticinquennio del VI sec. d.C.
Bibl.: G. Canelli-Bizzozzero, Origini e vicende di Cannara e dintorni, Foligno 1976; F. De Meo, Urvinum Hortense, aspetti geografici, in Bollettino storico della città di Foligno, IX, 1985, pp. 367-368; D. Manconi, La zona archeologica di Collemancio di Cannara, ibid., pp. 355-366; L. Sensi, Nuovi documenti epigrafici da Urvinum Hortense: Collemancio di Cannara, ibid., pp. 369-378; G. Binaz- zi, La chiesa di S. Maria ad Urbinum Hortense, in RAC, LXII, 1986, pp. 139- 155; S. Tommasoni (ed.), L'archivio del Comitato per la difesa dei monumenti e del paesaggio di Cannara, Cannala 1989; AA.VV., Raccolta di Cannara: materiali archeologici, monete, dipinti e sculture, Perugia 1992.