URSONE DA SESTRI (Urso de Sigestro, Urso notarius Januensis, Ursone da Vernazza, Ursone notaio o notaro)
Non si hanno dati sicuri circa la data di nascita e la famiglia di provenienza; è tuttavia probabile che avesse nobili origini e che sia nato alla fine del XII secolo a Sestri Levante: quest’ultima informazione si deduce dalla firma che apponeva sui documenti privati, ovvero Urso de Sigestro (il cui antico toponimo era appunto Sigestrum, o Segesta Tigulliorum), concorrente a Ursone notarius Januensis per le opere letterarie. Ulteriore appellativo noto, usato nell’Ottocento, è Ursone da Vernazza con cui è più volte indicato dal poeta Agostino Falconi e dallo storico Ubaldo Formentini: pare dunque lecito ipotizzare che abbia soggiornato a lungo, oltre che a Genova, anche a Vernazza o a Portovenere, località che mostrò d’altronde di conoscere profondamente (cfr. Poema della vittoria, 1993, p. 14).
Sulla sua vita privata scarseggiano notizie certe, mentre numerose informazioni circa la sua attività professionale si possono acquisire dagli atti notarili: oltre che letterato, infatti, Ursone fu attivo come notaio pubblico e privato tra il 1224 e il 1278, ricoprendo contestualmente anche ruoli di spicco presso la cancelleria genovese. Da un atto custodito nel cartulario del notaio Lanfranco si apprende, inoltre, che fu sposato con una certa Viventia (ibid., p.14).
Il primo atto noto è un rogito privato del 9 agosto 1224; il più recente rimonta invece al 5 settembre 1269. Accanto ad alcuni frammenti datati 1224, 1225, 1227‐29, 1266-68 e 1278 (v. Annali genovesi, 1901, p. XV, n. 2; Calleri, 2020, pp. 198 s.), la più antica testimonianza relativa al suo incarico di funzionario pubblico del Comune di Genova risale al 17 dicembre 1225 ed è raccolta nella sezione Chartarum degli Historiae Patriae Monumenta (1836-1901, II, p. 1334). Sappiamo, dunque, che in quella data Ursone accompagnò l’ambasciatore e procuratore Guglielmo da Voltaggio, incaricato dal podestà Ugolino Danie, presso la curia di Riccardo conte di San Bonifacio a Verona, per ufficializzare la nomina del veronese Pecorario da Mercato Novo a podestà di Genova per l’anno successivo (1226-27).
Nel corso degli anni Venti e Trenta ricoprì diversi incarichi in qualità di scriba: nella fattispecie, nel 1227 fu scriba dei consoli civitatis et burgi; tra il 1228 e il 1234 scriba del console de palatio de medio e infine scriba del Comune nel 1239, anno in cui rogò atti pubblici di rilievo, come le convenzioni con i Signori di Càrpena (25 marzo) e tutti gli atti di alleanza con il Papato e i Veronesi (Annali genovesi, 1901, p. XV): tra questi merita di essere citata la ratifica della conquista della Sicilia (11 settembre). Proprio l’ultimo incarico presso il Comune gli valse l’autorevole qualifica di Sacri Palacii notarius (Annali genovesi, 1901, pp. 3, 17, 37, 42, 62, 68, 92; Calleri, 2020, p. 199, n. 26; Fossati, 2017, p. 113).
Il nome di Ursone è legato principalmente alla sua produzione storico-poetica: fu infatti testimone di uno degli scontri tra la flotta genovese e quella pisano-imperiale di Federico II e ricordò l’evento con un epinicio di 1064 esametri tramandato come De victoria quam Genuenses ex Friderico II retulerunt anno Christiano MCCXLII Carmen. L’opera, composta tra il 1245 e il 1248, è ricca di echi classici, tra i quali spiccano calchi da Virgilio e Lucano, seguiti da Orazio (Odi ed Epistole), Ovidio (Metamorfosi), Giovenale, e infine Silio Italico e Claudiano (Fossati, 2017, p. 114). In virtù della familiarità con questi auctores – che fanno di Ursone un anello della lunga catena che porterà fino all’Umanesimo (Cian, 1901, pp. 63 s.) – e del forte sentimento religioso che pervade i versi, è stato ipotizzato che Ursone abbia ricevuto un’educazione conventuale (Petti Balbi, 1961, p. 133).
La battaglia, consumatasi nella Riviera di Levante nell’estate del 1242, si concluse in realtà con la ritirata del contingente avversario; e, tuttavia, la pur irrilevante vittoria di Genova divenne per il notaio-cancelliere un’occasione per sublimare la sua patria e soprattutto per scrivere un vero e proprio pamphlet antifedericiano e antipisano: alla celebrazione del proprio comune, investito della sacra missione di sconfiggere i ribelli alla Chiesa, e del suo rappresentante – l’eroico podestà Corrado di Concesio – fanno da contraltare il ritratto quasi demoniaco di Federico e le aspre invettive contro i blasfemi Pisani, destinati a soccombere come giusto castigo divino. Pur rispettando i canoni epici classici (ad esempio, l’uso della prosopopea, dei cataloghi e del discorso diretto) e il gusto medievale (in particolare attraverso il ricorso al linguaggio figurato, a comparazioni, digressioni, etimologie e proverbi), l’epinicio non risulta particolarmente pregevole sul piano formale, ma si distingue per le belle e accorate descrizioni delle atmosfere e dei paesaggi.
Fu inoltre autore di un perduto «Liber fabularum moralium compositarum ab Ursone notario cive Ianue anno 1249» (Soprani, 1667, p. 279), libretto morale di tradizione esopica in distici elegiaci la cui circolazione è attestata fino al Seicento, epoca in cui risulta tràdita dai manoscritti del De victoria (Beltrami, 1923, p. 655).
Gli è infine attribuito un ruolo chiave nella redazione degli Annales del Caffaro per il periodo compreso tra il 1228 e il 1246. L’identificazione è stata sostenuta per la prima volta da Cesare Imperiale di Sant’Angelo sulla base di sintomatiche analogie stilistiche e ideologiche con l’epinicio (Annali genovesi, 1901, p. XVI; Petti Balbi, 2005, p. 157).
La data di morte non è nota, ma il termine post quem è da fissarsi al 1286, anno in cui risulta ancora attivo come notaio (Fossati, 2017, p. 114).
Il De victoria è stato per la prima volta riprodotto nel 1853 in Historiae Patriae Monumenta, II, Torino 1853, coll. 1741-64. Il testo è stato emendato e tradotto pochi anni dopo da Graziani: Vittoria de’ genovesi sopra l’armata di Federico II. Carme di Ursone, notaio del secolo XIII illustrato e volto in italiano da P.G.B. Graziani, Genova 1857. Questa edizione è alla base della più recente traduzione di Centi: Ursone notaio, Poema della vittoria, cura e trad. di R. Centi, Fabbiani, La Spezia 1993. La prima edizione critica, procurata da Fossati, è attualmente in corso di stampa per l’Edizione nazionale dei testi mediolatini d’Italia della SISMEL – Edizione del Galluzzo: Ursone da Sestri, Historia de victoria quam Ianuenses habuerunt contra gentes ab Imperatore missas, ed. critica, trad. e commento a cura di C. Fossati.
R. Soprani, Li scrittori della Liguria, e particolarmente della maritima, Genova 1667, p. 279; Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori dal MXCIX al MCCXCIII, a cura di L.T. Belgrano - C. Imperiale di Sant’Angelo, III, Genova 1901, passim. V. Cian, Un epinicio genovese del Dugento, in Per l’infanzia povera: prose e versi, Genova 1901, pp. 59-74; A. Beltrami, Gli scrittori latini della Liguria medievale, in Il Comune di Genova, III (1923), pp. 648-656; G. Petti Balbi, Giorgio Stella e gli “Annales Genuenses”, in Miscellanea storica ligure II, diretta da L. Bulferetti, Milano 1961, pp. 123-215; Ead., La cultura storica in età medievale, in Storia della cultura ligure, a cura di D. Puncuh, Genova 2005, pp. 146-190; C. Fossati, Il favore di Dio nel “De victoria” di U. da S., in Il favore di Dio: metafore d’elezione nelle letterature del Medioevo. Atti delle 6 Giornate internazionali interdisciplinari di studio del Medioevo..., Torino... 2017, a cura di F. Mosetti Casaretto, Alessandria 2017, pp. 111-124; M. Calleri, La nomina di Guglielmo Pusterla a podestà di Genova (Milano, 9 agosto 1270), in Flos studiorum. Saggi di storia e di diplomatica per Giuliana Albini, a cura di A. Gamberini - M.L. Mangini, Milano-Torino 2020, pp. 195-214.