UROLOGIA
(XXXIV, p. 811)
Nata agli inizi del Novecento dalla chirurgia generale come branca specialistica dedicata al trattamento delle patologie dell'apparato urinario maschile e femminile e genitale maschile (v. anche urinario, apparato, XXXIV, p. 788; App. III, ii, p. 1042; umano, corpo: Apparato urinario, App. I, p. 1083; ginecologia: Uroginecologia, in questa Appendice), l'u. si è rapidamente evoluta fino a divenire una specialità complessa nella quale coesistono aspetti chirurgici, che rimangono comunque prevalenti, ma anche competenze di carattere medico, farmacologico, radiologico, di laboratorio e, più recentemente, anche tecnologico. La specialità è progredita in modo costante in tutti i suoi numerosi campi d'intervento: urolitiasi, oncologia urologica, urodinamica, u. ginecologica, u. pediatrica, endoscopia, andrologia.
Il trattamento della calcolosi delle vie urinarie è il campo dell'u. che ha conosciuto i successi più sorprendenti grazie all'adozione di sofisticati mezzi tecnologici. Fino alla fine degli anni Settanta la rimozione dei calcoli renali, che sono causa di una sintomatologia dolorosa e di gravi complicanze, è stata affidata all'opera del chirurgo.
La chirurgia renale moderna ha avuto origine alla fine del 19° secolo. Da allora le tecniche chirurgiche hanno conosciuto una progressiva evoluzione fino alla codificazione di interventi intesi alla completa rimozione di ogni tipo di calcolo con minimo rischio di danni funzionali renali. Tappe fondamentali nella storia della chirurgia della calcolosi renale sono state la pielolitotomia posteriore di G. Vernet e le tecniche di accesso transparenchimale alla calcolosi racemosa di W.H. Boyce (nefrotomia anatrofica) e di I. Wickham (nefrotomie radiate). In particolare queste ultime tecniche si possono avvalere di accorgimenti intesi a risparmiare danni alla vascolarizzazione del rene (mediante arteriografia e velocimetria Doppler intraoperatoria) e a proteggere la funzionalità del parenchima (mediante ipotermia renale).
Verso la fine degli anni Settanta ha avuto grande impulso il trattamento endoscopico della calcolosi renale grazie al perfezionamento dello strumentario, alla disponibilità di moderne attrezzature radiologiche ed ecografiche, ai progressi dell'anestesia e alla disponibilità di antibiotici sempre più efficaci.
Il trattamento endoscopico della calcolosi renoureterale può essere realizzato attraverso un accesso sia percutaneo che transureterale. La nefrolitotomia percutanea richiede la puntura delle cavità renali, per mezzo di un ago sottile e sotto il controllo radioscopico, e la successiva creazione di un tramite attraverso cui poter inserire uno strumento ottico, il nefroscopio. Sotto controllo visivo è possibile individuare l'urolita che può essere estratto con pinza, se di piccole dimensioni, o polverizzato con sonde a ultrasuoni o elettroidrauliche. Per i calcoli dell'uretere si preferisce l'accesso per via transuretrale impiegando uno strumento di minor calibro e maggior lunghezza, l'ureteroscopio. Anche in questo caso il calcolo può venire estratto con pinze o sonde (cestello di Dormia) o, in alternativa, polverizzato con ultrasuoni, onde elettroidrauliche o laser. Queste metodiche hanno avuto grande successo perché hanno consentito di ridurre i tempi di degenza e il disagio del paziente nel periodo postoperatorio, tuttavia il loro ruolo è stato in breve tempo ridimensionato dalla successiva introduzione della litotrissia extracorporea.
La litotrissia extracorporea o ESWL (Extracorporeal Shock Wave Lithotripsy), dopo un periodo di sperimentazione sull'animale, è stata introdotta nella pratica clinica agli inizi degli anni Ottanta a Monaco di Baviera. Questa tecnica si avvale di attrezzature tecnologiche assai sofisticate in grado di produrre onde d'urto con diversi tipi di generatore (spinterometro piezoelettrico, elettromagnetico, microesplosivo). Le onde d'urto vengono concentrate, con appositi dispositivi e in un mezzo liquido (vasca o cuscino d'acqua), sul calcolo, che viene localizzato con sistemi di puntamento radiologico o ecografico. Le caratteristiche delle onde d'urto sono tali da consentire la loro penetrazione nei tessuti corporei, senza produrre danni, fino a raggiungere il calcolo su cui si esercita invece l'effetto distruttivo. I calcoli, sottoposti a una serie di successivi impulsi, vengono frammentati fino a consentire la loro espulsione spontanea attraverso la via escretrice. Con appositi accorgimenti è possibile trattare calcoli in ogni sede della via escretrice; le controindicazioni sono assai limitate (patologie della coagulazione).
La grande maggioranza dei calcoli renoureterali può essere trattata con successo mediante litotrissia extracorporea, mentre le tecniche endoscopiche hanno un ruolo complementare, sia per il trattamento delle eventuali complicanze ostruttive, sia come tempo preliminare per il trattamento di calcoli di grande dimensione (debulking). La chirurgia renale viene limitata a casi selezionati per la particolare conformazione e dimensione del calcolo (calcolosi coralliforme) o per la coesistenza di patologie della via escretrice che necessitano di contemporanea correzione chirurgica.
Notevoli acquisizioni sono state ottenute anche in tema di prevenzione della nefrolitiasi recidivante. Con un attento programma diagnostico di laboratorio è spesso possibile identificare patologie predisponenti alla litiasi come l'iperparatiroidismo primitivo, l'acidosi tubulare renale, la gotta, la cistinuria e altre patologie metaboliche che possono essere sottoposte ad adeguato trattamento.
I progressi tecnologici hanno consentito grandi progressi anche in altri campi dell'u., di cui diamo qui di seguito alcuni cenni.
Lo studio della fisiopatologia della minzione si avvale di esami molto sofisticati e d'interpretazione così complessa da diventare uno dei settori di studio più attivi dell'u., l'urodinamica. Lo studio urodinamico della minzione consiste nella registrazione della pressione vescicale, della pressione endoaddominale, del flusso urinario, dell'attività elettrica del piano perineale e nel contemporaneo studio radiocinematografico della morfologia vescicale con amplificatore di brillanza.
L'analisi combinata di questi parametri durante il progressivo riempimento vescicale e la minzione, o con particolari test di stimolazione, consente di ottenere dati estremamente precisi in funzione della pianificazione della terapia medica e chirurgica di numerose patologie. L'esame urodinamico è stato dedicato allo studio della vescica neurologica ma trova applicazione anche nella diagnostica dell'incontinenza urinaria e dell'ostruzione cervico-uretrale.
L'oncologia urologica ha assunto un ruolo assai importante in quanto intesa alla diagnosi di numerosi tumori dell'apparato urogenitale: tumori del rene, dell'urotelio, della prostata, del testicolo e del pene.
Il trattamento del tumore del testicolo è ben codificato e consente di ottenere un completo successo terapeutico in un'elevata percentuale di casi. La terapia di questo tumore si avvale del trattamento associato chirurgico, radioterapico e chemioterapico, ed è differenziata in funzione del tipo istologico e dello stadio clinico. La terapia del tumore del rene è prevalentemente chirurgica e ha finalità di un'exeresi radicale del tumore anche ricorrendo a interventi complessi, come in caso di trombosi neoplastica (della vena renale, della vena cava inferiore). La chemioterapia, l'ormonoterapia e, in tempi più recenti, l'immunoterapia (interferon, interleuchina 2) hanno funzione complementare alla chirurgia nei tumori in stadio avanzato o metastatizzati. Il dosaggio nel sangue del PSA (antigene prostatico specifico) consente una diagnosi precoce del tumore prostatico, che può essere così trattato chirurgicamente con finalità radicali.
Nei tumori prostatici in stadio avanzato un ruolo di assoluto rilievo riveste la terapia ormonale a seguito della scoperta dell'androgenodipendenza di questo tumore a opera di Huggins nel 1941. La soppressione androgenica viene perseguita chirurgicamente (castrazione) e farmacologicamente (estrogeni, antiandrogeni, LHRH agonisti). La terapia antiandrogenica ha una buona percentuale di successo a breve termine, dal momento che consente di rallentare o di arrestare la crescita del tumore; tuttavia, a lungo termine si assiste spesso a una ripresa della malattia conseguente all'emergenza di stipiti cellulari ormono-indipendenti.
La terapia dei tumori uroteliali è spesso fondata su interventi chirurgici demolitivi (nefroureterectomia, cistectomia), mentre la radioterapia e la chemioterapia hanno un ruolo complementare prima o dopo l'intervento. Negli stadi iniziali i tumori vescicali sono suscettibili di trattamento endoscopico (resezione transuretrale), ma nelle forme multicentriche o infiltranti si deve ricorrere alla cistectomia. In questi casi si rende necessaria la derivazione delle urine, interna o esterna, che spesso richiede l'impiego di segmenti intestinali. L'impiego di anse intestinali detubularizzate e riconfigurate può consentire anche la completa ricostruzione della vescica (neo-vescica ileale o colica).
La diagnosi di tutti i tumori urogenitali ha tratto grande vantaggio dall'introduzione della diagnostica per immagine: ecografia, tomografia assiale computerizzata (TAC) e risonanza magnetica nucleare (RNM).
Strettamente collegato al trattamento dei tumori vescicali e prostatici è il settore dell'endoscopia urologica, che ha tradizioni antichissime e ha raggiunto un elevato grado di perfezione nello strumentario che consente l'elettroresezione di neoplasie vescicali e prostatiche ma anche di adenomi prostatici, e la sezione di stenosi uretrali. La fotocoagulazione laser è impiegata come valida alternativa all'elettroresezione. L'endoscopia delle vie urinarie alte è soprattutto dedicata al trattamento della calcolosi, tuttavia l'impiego dell'ureteroscopio flessibile trova indicazione per la diagnosi di altre patologie (neoplastiche, infettive, ecc.; v. anche endoscopia, in questa Appendice).
Un altro settore dell'u. che ha registrato grandi progressi è l'andrologia (v. in questa Appendice). La diagnosi di impotentia coeundi è intesa a differenziare forme di differente eziologia, in particolare a distinguere le forme psicogene da quelle organiche. Le forme organiche si distinguono ulteriormente in metaboliche, vascolari, neurogene, d'organo, iatrogene. La diagnosi si avvale di numerose indagini: valutazione psicologica, penimetria notturna, test di erezione indotta farmacologicamente, velocimetria Doppler dei tronchi arteriosi distrettuali, arteriografia selettiva, cavernosometria, cavernosografia, ecografia e RMN peniena, registrazione dei potenziali evocati sacrali. La terapia è differenziata in funzione del tipo d'impotenza e può consistere in trattamento o medico o chirurgico.
L'infusione intracavernosa di papaverina, alfabloccanti e prostaglandine consente d'indurre l'erezione ed è impiegata con funzione riabilitativa o sostitutiva nei pazienti non suscettibili di altre forme di terapia. Nelle impotenze vascolari sono indicati interventi di rivascolarizzazione microchirurgica nelle forme da ipoafflusso arterioso, o di legatura selettiva dei tronchi venosi nelle forme da ''fuga'' venosa. La chirurgia trova inoltre ampio impiego per la correzione di incurvamenti penieni congeniti o per l'exeresi di placche nella malattia di La Peyronie o Induratio Penis Plastica (IPP). Nelle forme neurogene o vascolari gravi si deve ricorrere all'inserimento di protesi peniene (rigide, elastiche, malleabili o idrauliche).
Per quanto riguarda il tema dell'infertilità, particolare importanza rivestono l'indagine seminologica, eseguita con metodica computerizzata, e il dosaggio nel liquido seminale dei markers della funzionalità del testicolo, dell'epididimo, della prostata e delle vescicole seminali (fruttosio, acido citrico, fosfatasi prostatica, zinco, ATP). Le indagini sono completate dalla biopsia testicolare, dalla vescicolo deferentografia, da esami immunologici.
L'adozione di tecniche microchirurgiche rende possibili interventi di ricanalizzazione delle vie seminali. Il criptorchidismo viene trattato nei primissimi anni di vita al fine di garantire una completa maturazione dell'organo con terapia medica (releasing factors ipotalamici, gonadotropine) o chirurgica. Il varicocele si avvale della diagnostica con velocimetria Doppler che consente d'identificare forme subcliniche che possono tuttavia influire negativamente sulla spermiogenesi. La microchirurgia trova impiego anche nella terapia di alcune forme di criptorchidismo e di varicocele.
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