URNA (lat. urna)
Denominazione classica generica di vaso, senza speciale riferimento né a una forma né a una destinazione determinate. Urne si chiamano i vasi da acqua (v. anche anfora), come quelli assegnati a titolo d'attributo a divinità fluviali. Urne si chiamavano pure i vasi cui si affidavano le votazioni e le sorti. Urna era anche, presso i Romaní, una misura di capacità. Comunemente s'indica però tuttora con questo termine il recipiente di terracotta, di pietra, di vetro o di metallo, che serve a custodire le ceneri, e i residui, in genere, di una salma dopo la cremazione.
Sotto quest'ultimo aspetto si ha delle urne, o vasi ossuarî, la più ricca esemplificazione a partire dalle necropoli a cremazione dell'età del bronzo e della prima età del ferro (v. bronzo: Civiltà del bronzo; terramare; villanoviana, civiltà). Dai grossolani vasi ossuarî a doppio tronco di cono e dalle urne in forma di capanna (v.), attraverso le varie fasi di civiltà, si arriva alle raffinate urne o cassette scolpite, caratteristiche di varie necropoli tarde dell'Etruria, ma specialmente comuni, in esemplari di alabastro, della regione di Volterra, e alle urne romane.
Di queste, con il rito pressoché esclusivo della cremazione nel mondo romano (fino al sec. II d. C.) si hanno numerosi esemplari sia di terracotta e della forma più semplice, sia di vetro liscio e di pietra o marmo scolpito, con rappresentazioni e motivi decorativi varî. Ricordiamo quelle della tomba dei Platorini al Museo Nazionale Romano (v. roma, XXIX, figura a p. 735) e l'urna di Lucio Lucilio Felice del Museo capitolino. Urne di metallo prezioso si usavano per custodire le ceneri di personaggi imperiali (come l'urna d'oro con le ceneri di Traiano, già nella cella ai piedi della colonna omonima: Dione Cassio, LXIX, 2).
Bibl.: E. Pottier, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des Antiq., s. v. Urna; P. Ducati, Storia dell'arte etrusca, Firenze 1927, passim; H. Brunn e A. Körte, I rilievi delle urne etrusche, voll. 3, Roma 1870; Berlino 1916; W. Altmann, Die römischen Grabaltäre der Kaiserzeit, Berlino 1905, passim; R. Cagnat e V. Chapot, Manuel d'archéologie romaine, I, Parigi 1916, p. 322 segg., e passim.
Con il trionfo del cristianesimo, che condannava l'incinerazione dei morti, l'uso dell'urna destinata a racchiudere le ceneri di un cadavere cremato venne a cessare; tuttavia furono ancora usate urne quali recipienti per conservare alcune parti di una salma, come il cuore e altri visceri; così si può ricordare per il Medioevo l'urna di marmo fatta nel sec. XII per serbare il cuore di S. Ugo nell'abbazia di Cluny, poi nel museo di quella città. Parimenti per conservare il cuore di Francesco I re di Francia fu eseguita da Pierre Bontemps l'urna ora nella cattedrale di Saint-Denis. Le urne furono poi usate come parte dei monumenti sepolcrali, ma occorre tener presente che in questi spesso si chiama urna anche il recipiente che più propriamente dovrebbe esser chiamato arca o sarcofago.
Già nel secolo XVI, e sotto l'influenza classica, nei monumenti funerarî è usata di frequente, come ornamento, l'urna cineraria (monumento Ponzani in S. Andrea di Mantova; mausolei di Prospero Clementi a Reggio nell'Emilia e a Mantova) e tale motivo che si vede anche nei secoli XVII e XVIII (tomba di Carlo Maratti in Santa Maria degli Angeli, Roma) diviene comune nelle tombe dell'età neoclassica. L'arte di tale periodo mostra spesso nei monumenti funebri addirittura cippi o are funerarie e stele, esemplati su antichi modelli, e come quelli decorati da sculture.
L'urna fu anche adoperata come motivo decorativo specialmente nell'architettura barocca, che l'impiega, in forma di vasi da cui escono fiamme o pennacchi di fumo, per ornare il coronamento della facciata nelle chiese e in altri edifici.
Bibl.: Fl. Ingersoll-Smouse, La sculpture funeraire en France au XVIIIe siècle, Parigi s. a.; Q. Tosatti, L'evoluzione del monumento sepolcrale nell'età barocca, in Bollettino d'arte, VII (1913), pp. 173-186; G. Ferrari, La tomba nell'arte italiana, Milano [1917].