Vedi URBINO dell'anno: 1966 - 1997
URBINO (v. vol. vii, p. 1074)
È stata di recente confermata l'esistenza di un abitato preromano nel luogo su cui si insediò Urvinum Mataurense. La scoperta di numerosi frammenti ceramici in strato riferibili alla media e tarda Età del Ferro consente di datare l'insediamento tra VI e IV sec. a.C. Esso sorse su una collina di forma ellittica assai favorevole sia per la difesa del luogo, sia per la presenza di sorgenti d'acqua sulla sommità; si tratta di un «promontorio» che raggiunge la quota di 460 m s.l.m. e presenta su tre lati pendii scoscesi. Solo il lato settentrionale, caratterizzato dalla presenza di una lingua di terra pressoché in piano, offre un varco naturale di accesso al pianoro sommitale che si estende per c.a 8 ha. L'altura si caratterizza come «luogo forte», situato sullo spartiacque tra la vallata del Foglia (Pisaurus) a N e quella del Metauro (Mataurus) a meridione; domina da posizione strategica la vicina gola del Furio, frequentata fin dalla preistoria lungo il percorso naturale più favorevole che collega l'alta valle del Tevere con la regione medio-adriatica. Il tracciato, lungo la vallata del Metauro e dei suoi affluenti, fu utilizzato ininterrottamente dalla fine del III sec. a.C. dalla Via Flaminia per unire Roma a Rimini, a partire dalla romanizzazione dell'ager Gallicus.
Un primo indizio di frequentazione del terrazzo naturale in età protostorica è stato fornito dal ritrovamento (1980) di un frammento sporadico di ceramica a impasto in connessione con le murature di fondazione del Palazzo Ducale; la scoperta è stata confermata (1988) da alcuni frammenti dello stesso tipo di ceramica, unitamente ad altri a vernice nera, rinvenuti nel corso di lavori nel punto più alto del Poggio, in Palazzo Diani, presso Via Saffi. Un analogo ritrovamento si è ora verificato in uno scavo presso l'Arcivescovado; numerosi frammenti di ceramica a impasto e di ceramica «campana» sono stati rinvenuti in uno strato antropico subito al di sopra del terreno vergine. Una situazione simile è stata da ultimo riscontrata nel cortile di Palazzo Brandani, dove sono stati recuperati una fìbula di bronzo del VII sec. a.C. e uno spillone d'argento. Materiale dello stesso tipo è stato di recente rinvenuto in connessione con un fondo di capanna alle porte di U., in località Casa Volponi. Nello stesso luogo è stato recuperato un frammento di ceramica a vernice nera, probabilmente attico, che ben si adatta alla cronologia proposta.
Due tombe riferibili alla cultura picena sono state messe in luce più a valle, a Canavaccio di Urbino (1924) e presso S. Stefano di Gaifa (1983). La prima, dell'VIII sec. a.C., ha restituito un interessante corredo, tra cui un pendaglio di bronzo ben conservato, ora al Museo Archeologico di Ancona. Resti di una seconda tomba, a tumulo, databile tra VIII e VII sec. a.C., sono stati individuati su un'ansa del Metauro.
In varî punti del terrazzo sul Poggio sono stati raccolti frammenti di ceramica «campana», databili tra il III e il I sec. a.C. Si tratta di documentazione riferibile alla fase originaria dell'abitato romano, sovrapposto direttamente allo strato antropico di età protostorica.
La cinta muraria, in opus quadratum, costruita tra il III e il II sec. a.C. sull'estremo margine del terrazzo del colle, segue esattamente la linea costituita dal ciglio dell'erta scarpata sottostante. Alcuni brevi tratti sono ancora conservati, in parte in elevato, generalmente inglobati in strutture edilizie di epoca medievale. La cortina dell’oppidum è costituita da blocchi parallelepipedi di travertino locale spugnoso: sono alti c.a 59 cm (2 piedi), lunghi in molti casi 75 cm (2 piedi e mezzo) e sono disposti a secco in filari regolari. Sei sono i tratti di mura superstiti segnalati (1985) nel contesto della cinta urbica, che segue costantemente la curva di livello più favorevole alla difesa del sito. Un altro spezzone di muratura in opera quadrata è stato rinvenuto nel 1990 in Via Veneto e conferma l'attendibilità della ricostruzione grafica della pianta. In un caso si è riscontrata la presenza - in sovrapposizione - di un consistente tratto in laterizî o, costituito da bipedali, sesquipedali e frammenti di essi; questa fase della struttura difensiva va riferita con probabilità al periodo della battaglia vinta presso la foce del Metauro da Aureliano contro i Germani Iutungi, trovando analogia con quanto segnalato a Pisaurum, Fanum Fortunae e Ariminum.
Nel tessuto urbano del centro storico di U. è ancora riconoscibile nelle linee generali l'impianto urbanistico romano, caratterizzato dal cardo maximus e dal decumanus maximus che dividevano l'abitato in quattro settori; essi si sono conservati inalterati attraverso i secoli e sono ancora riconoscibili in età medievale nelle quattro «Quadre», attestate da documenti d'archivio almeno dalla metà del Duecento. Al centro della città, nel punto d'incontro delle due vie principali può essere identificata l'area forense, in corrispondenza dell'attuale Piazza Duca Federico.
In età repubblicana la zona fortificata sulla sommità del Poggio viene completamente inurbata in un arco di tempo di circa due secoli. Qui sono stati individuati i resti del teatro, di un edificio termale, di una grande cisterna e di alcune abitazioni con pavimento a mosaico, in qualche caso riferibili alla fine della repubblica. La costruzione di un ninfeo e di un acquedotto è ricordata su una base marmorea iscritta che in origine sosteneva la statua di bronzo del benemerito magistrato municipale Gaio Vesidieno Basso (CIL, XI, 6068).
L'aspra pendenza del colle del Poggio ha pressoché impedito il sorgere di nuovi quartieri al di fuori delle porte meridionale, orientale e occidentale. Quella settentrionale era l'unica in piano e la più importante della città. Di qui usciva la via che giungeva a un pianoro ricordato nel Medioevo come Pian di Mercato, dal quale si diramavano tre strade perpendicolari tra loro, che proseguivano adattandosi alla conformazione del terreno. Si è venuta così a costituire una nuova area centrale nel punto d'incontro dei più importanti assi stradali fuori dalle mura, lungo i quali si è ampliato l'abitato.
I resti archeologici recentemente rinvenuti in connessione con questi assi viari consentono di affermare che già nella seconda metà del I sec. a.C. la città romana subiva un consistente ampliamento verso N (Via Raffaello), verso O (Via Mazzini) e a E (Via Battisti). Significativa è l'ubicazione del sepolcreto di fine età repubblicana con i caratteristici piccoli cippi «a porta» sulla sommità del Monte, dove termina Via Raffaello, oltre alla presenza di una poderosa cisterna della prima età imperiale a metà circa della via menzionata e a essa disposta in parallelo. All'interno di questa monumentale struttura, abbandonata in età tardoantica, si è insediato, secondo la tradizione, il più antico edificio cristiano di culto (S. Sergio).
L'espansione urbana all'esterno del nucleo originario segue le direttrici stradali già segnate nei secoli precedenti extra moenia. Alcuni resti di edifici riferibili ai nuovi quartieri, sviluppatisi nel corso della prima e media epoca imperiale lungo il percorso delle vie extraurbane, sono recentemente venuti alla luce e consentono di comprendere le linee fondamentali dello sviluppo urbanistico della città romana.
Resti di necropoli con corredo e iscrizioni di età imperiale sono stati rinvenuti lungo la via che procedeva verso N e anche lungo quella che verso S si raccordava con la Flaminia. Numerosi frammenti di statue, di rilievi e di iscrizioni sono stati recuperati sia nella città, sia nel territorio e sono conservati nel locale Museo Archeologico. Consistente è la documentazione rinvenuta nel territorium di Urvinum Mataurense, da mettere in relazione con i numerosi insediamenti sparsi identificati; il sito di alcune decine di antiche fattorie è stato di recente segnalato nella media vallata del Metauro.
In età tardo-romana e bizantina le prevalenti necessità difensive rendono di nuovo determinante l'area dell'antico oppidum. La descrizione della città fortificata fatta da Procopio nel 538 d.C. assume valore indicativo in merito. Egli presenta l'abitato arroccato sulla sommità del Poggio, ristretto all'interno dell'originaria cinta muraria, rinforzata in fretta e difesa da duemila Goti che si opponevano all'assedio dell'esercito bizantino di Belisario. Due tratti di mura realizzati con blocchi di spoglio e con tecnica tumultuaria sono stati di recente riferiti a questo periodo sulla base dei materiali recuperati in strato; essi sono stati rinvenuti inglobati all'interno dell'Arcivescovado e nel cortile di Palazzo Brandani.
L'originario oppidum continua a svolgere la sua vitale funzione anche molti secoli dopo il suo sorgere e la città medievale sul Poggio costituisce l'erede diretta di questo antico centro fortificato. Con Ciriaco di Ancona, a metà del Quattrocento, inizia la riscoperta delle antichità affioranti nella città, raccolte poi in modo sempre più consistente anche nei secoli successivi.
Museo. - Nel Museo Archeologico Statale, allestito nel 1986 al piano terra del Palazzo Ducale, sono stati esposti i materiali dell'ex Museo di Antichità, aperto nel 1756 con c.a 500 pezzi delle raccolte Fabretti e Stoppani e smontato nel 1944; è in corso un ampliamento anche con materiali provenienti da rinvenimenti recenti in area di necropoli. Da segnalare numerose urne decorate e lastre iscritte e figurate, fra cui quella funeraria di Eutropos, con scene relative alla sua professione di marmorarius, il tondo di rosso antico con rilievo di Ulisse e le sirene, oltre alla lastra di marmo con la forma di un edificio funerario.
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