SACCHETTI, Urbano
– Nacque a Roma, e non a Firenze, come indicato in molte biografie, secondogenito di Matteo e di Cassandra Rucellai, il 7 marzo 1640; battezzato nella chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini il 26 marzo, ebbe come padrino il cardinale Antonio Barberini.
Errata, anche in biografie coeve, la data di nascita (15 maggio, Relazione della corte di Roma..., cit. in Seidler, 1996, p. 395). La scelta del nome rappresentava un aperto omaggio al pontefice Urbano VIII che aveva favorito l’ascesa sociale della famiglia.
Destinato alla carriera ecclesiastica, fu il cardinale Giulio suo zio a occuparsi della sua educazione e ad assisterlo, anche finanziariamente, assicurandogli benefici fin dalla giovane età. Già nel 1647 una sentenza dell’Auditor Camerae gli conferiva il possesso dei monasteri di S. Ilario in Galeata e di S. Maria in Cosmedin presso Ravenna, cedutigli da Giulio. Il 17 giugno 1657 Alessandro VII gli conferì la facoltà di procedere contro gli affittuari dei terreni delle due abbazie, da tempo morosi. Studiò al Collegio Romano e nel 1654, insieme con il fratello, il primogenito Giovanni Battista, si recò a Siena per compiere gli studi nel Collegio della Sapienza.
Come mostrano le lettere del cardinale, lo zio guidava costantemente la sua formazione: «Se in quest’anno scorrerete la fisica e la metafisica – suggeriva – pensate di poter l’anno venturo applicarsi a sentire la Teologia, haverete fatto assai; et per il prossimo anno stimerei bene il discutere i termini della sola Teologia, lasciando poi nel secondo a sentir le istituzioni; poi in due o tre altri anni proseguir et la legge et la Teologia in studij più lontani et in luoghi per apprendervi anche la cognitione delli altrui costumi et della diversità dei lignaggi» (cit. in Fosi, 1997, p. 253).
Da Siena, dove il giovane si era inserito negli ambienti della nobiltà grazie anche all’arcivescovo Ascanio Piccolomini, si trasferì prima a Bologna, dove fu ben accolto dalla locale nobiltà grazie ai legami intessuti dal cardinale Giulio durante la sua legazione nella città felsinea. Gli furono dedicate, nel 1658, elegie e canzoni (Elegie e canzoni del Cav. fra’ Carlo de’ Conti della Lengueglia..., Venetia 1661). Successivamente si trasferì a Pisa, dove si addottorò in utroque il 14 gennaio 1662. Erano tutte sedi universitarie scelte dal cardinale Giulio per avervi egli stesso una fitta rete di relazioni che gli permetteva di controllare gli studi e il comportamento del nipote. La formazione teologica fortemente sostenuta dallo zio lo favorì nella carriera curiale. Intanto il 5 maggio 1655 Alessandro VII lo aveva nominato abate commendatario del monastero di S. Andrea in Insula, nella diocesi di Brindisi, beneficio rassegnato anch’esso dallo zio in suo favore. Nel 1656 lo stesso Giulio Sacchetti gli aveva trasferito 300 scudi provenienti dall’abbazia di S. Giovanni in Lamis.
Da tempo sia Urbano sia il fratello Giovanni Battista desideravano compiere un viaggio in Europa, secondo la ormai diffusa pratica educativa, già anticipata dall’esperienza che Marcello Sacchetti (v. la voce in questo Dizionario) aveva compiuto nel 1622. Sebbene la situazione finanziaria della famiglia non consentisse grandi spese né sprechi, tuttavia lo zio cardinale poté comunicare ai nipoti il 18 maggio 1656 che il padre «Signor Matteo si è arreso ai vostri desideri permettendo una gita verso l’Alemagna» (cit. in Fosi, 1997, p. 260). Sarebbero stati accompagnati dal conte Girolamo Caprara, bolognese e «amicissimo della casa», e avrebbero fatto tappa in luoghi dove la famiglia e soprattutto il cardinale potevano contare su «amici». Lo zio redasse per i nipoti una vera e propria guida, indicando non solo i luoghi da visitare, come Ingolstadt e altre città della Baviera, ma prodigandosi anche in consigli di comportamento che riflettevano la coeva pedagogia apodemica; consigliò di recarsi a Francoforte per assistere alla Dieta imperiale «per vedere ivi tanti Principi ordinati e sperar anche di trovarvi ad un’atione delle quali poche se ne veggano al mondo» (p. 262). Urbano e il fratello giunsero a Francoforte pochi giorni dopo l’elezione di Leopoldo I (18 luglio 1658). Il viaggio subì un cambiamento di programma a causa della morte del padre, il 14 luglio 1658, ma le spese sostenute indussero a proseguire il viaggio verso Parigi dove furono ricevuti dal cardinale Mazzarino al quale, fin dal maggio dello stesso anno, in previsione della visita, il cardinale Giulio li aveva raccomandati. Da Parigi Urbano e il fratello proseguirono il viaggio in Inghilterra, tornando poi a Parigi attraverso l’Olanda. Nella capitale francese giunsero «al colmo delle allegrezze [...] avvicinandosi il Carnevale»: l’esperienza della vita di corte francese, il rapporto con Mazzarino e con il sovrano diventano, anche nelle lettere, lo scopo preminente di quello che era stato, inizialmente, un viaggio di istruzione.
Rientrati a Roma, Urbano fu nominato protonotario apostolico partecipante il 7 novembre 1661; il 27 gennaio 1664 venne ascritto all’albo dei chierici di Camera e il 31 agosto 1679 fu nominato Auditor Camerae, carica che tenne fino al 1681. Fu creato cardinale il 1° settembre 1681 con il titolo di S. Nicola in carcere (22 settembre), cambiato con quello di S. Maria in via Lata (28 novembre 1689), poi di S. Bernardo alle Terme (18 dicembre 1693) e il 22 dicembre 1693, come cardinale prete, prese il titolo di S. Celso e Giuliano e infine di S. Maria in Trastevere (24 gennaio 1704). Filofrancese per tradizione familiare e apertamente ostile alla fazione spagnola, partecipò ai conclavi del 1689 e del 1691.
Fin dal pontificato di Alessandro VII, per la cui famiglia era «partialissimo», ottenne numerosi benefici, con facoltà, concessagli dal papa il 3 gennaio 1682, di trasferirne le pensioni ad altri membri della sua famiglia e di prenderne possesso prima che fossero spedite le lettere di nomina (27 giugno 1682). Il 10 dicembre 1681 gli fu concessa l’abbazia di S. Maria di Lonigo, già appartenuta a Giulio Sacchetti, e l’anno seguente l’abbazia di S. Pietro a Mosceto nella diocesi di Firenze. Il 29 marzo 1683 fu creato vescovo di Viterbo e Toscanella, per lui prese possesso della diocesi l’uditore Cristoforo Cimarelli il 31 marzo. Il 1° giugno 1693 tenne il sinodo nel quale ribadiva i dogmi, le norme tridentine, la disciplina sul culto dei santi, la corretta celebrazione delle feste (Constitutiones editae..., 1694). Instaurò un rapporto di fiducia e collaborazione con il Comune, continuando, anche in questo caso, la tradizione che aveva legato la famiglia a Viterbo, sia per il possesso di beni nel suo territorio, sia perché il cardinale Giulio era stato protettore della città. Sacchetti ottenne dalla Camera apostolica il ripristino della mensa conservatoriale nel 1690.
Il 2 gennaio 1694 pubblicò il giubileo per la città concesso dal papa. La sua influenza in Curia lo rese referente privilegiato per la Repubblica di Venezia che, nell’agosto del 1690, raccomandava a Sacchetti di perorare la canonizzazione di Lorenzo Giustiniani, avvenuta nell’ottobre del medesimo anno. Il 1° agosto 1691 ottenne la commenda dell’abbazia di S. Maria della Garunda del Bozzolo presso Cremona, con facoltà di prenderne possesso prima della spedizione delle lettere e prima di amministrarne i beni.
A causa di problemi di salute, ma soprattutto per gli impegni nelle diverse congregazioni, risiedette saltuariamente a Viterbo, dove tuttavia accompagnò Innocenzo XII durante la visita alla città nel maggio 1696. Nel marzo del 1698 compì la visita pastorale, ma fu conclusa dal vicario Angelo Vergari. Durante il governo della diocesi, concesse a Rosa Venerini di istituire una scuola per fanciulle povere; ampliò la chiesa di S. Lorenzo e commissionò affreschi a Giuseppe Passeri. Svolse un ruolo decisivo nel processo per la canonizzazione di Giacinta Marescotti, iniziato nel 1688, e dopo aver fornito, il 19 gennaio 1692, il parere positivo sulle virtù della donna, fu incaricato dalla congregazione dei Riti di avviare il processo per dimostrarne le virtù eroiche e i miracoli. Intervenne presso la congregazione dell’Indice per evitare di sospendere una vita della santa in cui la Marescotti era definita predicatrice.
Morì di apoplessia, di cui soffriva da anni, a Roma il 6 aprile 1705 e fu sepolto nella cappella di famiglia in S. Giovanni dei Fiorentini.
Fu definito da osservatori coevi «di buon cuore, d’indole angelica, d’ottimi pensieri [...] dotto in varie scienze e prevale in istorie e nella cognizione delle materie di stato di tutti li prencipi del mondo, ma se ne rende totalmente inutile per la sua connaturale astrazzione» (Relazione della corte..., cit. in Seidler, 1996, p. 395).
Fonti e Bibl.: Ampia documentazione è conservata nell’Archivio Sacchetti, ora in Archivio storico Capitolino, di cui si indicano qui i registri: Pergamene VII, nn. 98-91, 104-106; VIII, n. 114; Lettere, I-XII, cc. n.n.; Elegie e canzoni [...] dedicate all’illustriss.mo e rev.mo sig. abbate Urbano Sacchetti, Venetia 1661; Constitutiones editae ab eminentiss. et reverendiss. D. Urbano card. Sacchetto episcopo Viterbien., ac Tuscanen. in dioecesana synodo celebrata in ecclesia cathedrali Viterbien., Romae 1694.
G.V. Buonaccorsi, Antichità ed eccellenza del protonotariato appostolico partecipante colle più scelte notizie de’ santi, sommi pontefici, cardinali, e prelati che ne sono stati insigniti fino al presente, Faenza 1751, p. 455; L. Cardella, Memorie storiche de’cardinali della Santa Romana Chiesa, VII, Roma 1793, pp. 259 s.; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, LX, Venezia 1853, pp. 101 s.; G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa (1610-1644), I, Viterbo 1907, pp. 115-126; Hierarchia Catholica, V, Patavii 1952, p. 12; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 2, Roma 1962, p. 303, 387; XV, Roma 1962, p. 5; S.M. Seidler, Il teatro del mondo. Diplomatische und journalistische Relationen von römischen Hof aus dem 17. Jahrhundert, Frankfurt a.M. 1996, pp. 395 s.; I. Fosi, All’ombra dei Barberini. Fedeltà e servizio nella Roma barocca, Roma 1997, ad ind., ora consultabile su www.academia.edu/31138811/ALLOMBRA_DEI_BARBERINI.pdf; A. Cicerchia, Giuristi al servizio del papa. Il Tribunale dell’Auditor Camerae nella giustizia pontificia di età moderna, Città del Vaticano 2016, pp. 155, 180, 237.