URANIO
(XXXIV, p. 764; App. III, II, p. 1032)
A seguito dell'impulso che in molti paesi è stato dato ai programmi di potenziamento della produzione di energia termonucleare, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta si è registrato un incremento molto sostenuto della produzione mondiale di minerali di u., che infatti nei soli anni 1975-80 è risultata più che raddoppiata (anche se si prescinde da quanto si dovrebbe essere verificato nei paesi dell'area ex socialista − e in modo particolare nell'ex URSS − per i quali non si dispone di dati e dove pure assai intenso è risultato il processo di spostamento verso il termonucleare). Successivamente, sia per il completamento dei piani di sviluppo, sia per la messa a punto di tecnologie finalizzate al recupero dell'u. esausto e alla produzione di u. arricchito, sia per le preoccupazioni ambientalistiche che hanno provocato seri ripensamenti in ordine alla scelta nucleare, la produzione è stata progressivamente ridimensionata.
Attualmente la produzione è dominata dagli apporti del Canada e degli Stati Uniti (complessivamente, 32% del totale), malgrado questi ultimi abbiano largamente ridotto lo sfruttamento delle loro miniere, per lo più ubicate sugli altopiani del Colorado e nei bacini del Wyoming. Nettamente preponderante dunque la produzione canadese che si realizza principalmente nei giacimenti dei Territori del Nord-Ovest e nelle province di Ontario e del Saskatchewan. È da ritenersi peraltro ancora considerevole la produzione dei paesi ex-sovietici (in Uzbekistan, negli Urali e nella Siberia sud-orientale) e della Cina (Xinjiang, Hainan), tale da raggiungere i livelli di quella canadese. Da segnalare, infine, la rapida ascesa della Spagna e dell'Australia e la rilevanza della produzione dell'Africa australe.