URANIO (XXXIV, p. 764)
La scoperta della fissione nucleare unitamente alla messa a punto di sistemi di controllo della reazione a catena ha determinato quella che è stata definita la febbre del secolo, la "corsa" all'uranio. Nel giro di pochi anni sono state iniziate attive ricerche minerarie con adatti metodi di indagine scientifica, sono proseguiti a ritmo più accelerato gli sfruttamenti dei giacimenti già noti, sono stati approntati nuovi e più moderni metodi per il trattamento dei minerali uraniferi, per l'estrazione dell'u. e per la sua purificazione spinta a limiti estremi in base alle necessità della fisica nucleare.
Estrazione dell'uranio da minerali uraniferi. - L'estrazione dell'u. dalle rocce uranifere è condotta per lisciviazione con soluzioni acide o alcaline della roccia medesima previa frantumazione. Questa fase incide in maniera preponderante sul costo dell'intero ciclo di produzione a causa del basso tenore con cui l'uranio generalmente compare nei depositi naturali.
Allo scopo di ridurre l'onere del trasporto del minerale dalla miniera all'impianto di trattamento, il consumo dei reagenti chimici per la lisciviazione e il volume della soluzione risultante e di poter procedere allo sfruttamento di quei giacimenti a bassissimo tenore di u. che non possono competere col mercato e che costituiscono la gran parte dei depositi naturali, la fase estrattiva può essere preceduta dalla preconcentrazione del minerale con mezzi fisici. Sono stati sperimentati e messi a punto metodi magnetici, radiometrici, a gravità in mezzo liquido e a secco, di macinazione e classificazione, di flottazione. Tali sistemi non sempre sono stati coronati dal successo; spesso la loro applicazione è limitata a specifici ritrovamenti e i risultati non possono quindi essere estesi in senso generale.
Poiché nella gran parte dei suoi minerali l'u. è presente in forme chimicamente più inerti all'attacco alcalino, la lisciviazione acida è la più comunemente usata. Quindi, a meno che non si tratti di minerali di u. associati a una ganga prevalentemente calcarea o che il trattamento non interessi l'estrazione anche di altri elementi più facilmente solubili in alcali (è il caso di alcuni vanadati in cui il recupero del vanadio può compensare il maggior costo di produzione dell'u.), o che non intervengano altri fattori quali, per esempio, problemi di corrosione, tempo e temperatura di reazione, selettività di attacco, finezza di macinazione, ecc., il minerale uranifero è lisciviato con soluzione acida, e nella generalità dei casi, per ovvî motivi economici, con soluzioni di acido solforico.
Processo acido. - Le variabili che influenzano velocità e rendimento di estrazione sono la concentrazione dell'acido, la temperatura di reazione, la finezza di macinazione del minerale e il potenziale di ossidoriduzione della soluzione. A seconda della inerzia chimica più o meno spinta del minerale uranifero e dello stato di valenza dell'u. (a differenza delle forme meno ossidate, l'uranio esavalente è facilmente lisciviabile), si può giocare su queste quattro variabili in modo da contenere entro limiti industrialmente accettabili il tempo di reazione, compatibilmente con un alto rendimento di estrazione.
L'u. passa in soluzione allo stato esavalente. Nella soluzione solforica è presente come anione complesso, UO2(SO4)2--(SO4)----, come catione complesso, UO2++, e come complesso neutro salificato, in concentrazioni legate fra loro dalla seguente equazione di equilibrio:
con n = 1, 2, 3. La separazione dell'u. da tutte le impurezze presenti nella soluzione solforica potrebbe essere eseguita per precipitazione frazionata solo in quei casi, che mai si presentano in pratica, in cui la concentrazione dell'uranio sia molto elevata e comunque dello stesso ordine di quella degli altri ioni. Pertanto occorre procedere con i moderni metodi di estrazione per solvente o, nel caso di soluzioni con bassissima concentrazione di uranio (〈 1 gr/litro), di scambio su resine.
Nell'estrazione per solvente, se necessario in presenza di agenti salanti, chelanti, ecc., si estrae selettivamente l'uranio con fasi organiche. L'u. è estratto con eteri o con trialchilfosfati (per esempio, etere dietilico o tributilfosfato) diluiti in adatti solventi organici (idrocarburi della serie satura, frazioni petrolifere, ecc.), dalle soluzioni acquose in cui è presente come complesso neutro; con acidi alchilfosforici e alchilpirofosforici se presente in soluzione come complesso cationico; con alchilammine dalle soluzioni in cui si trova come complesso anionico.
Nello scambio su resina si imnpiegano resine anioniche con gruppi funzionali ammonici quaternarî in grado di scambiare selettivamente l'anione Cl- o NO3- o SO4--, con l'anione complesso dell'uranio. Si riesce ad eliminare così a vantaggio della selettività di scambio ogni competizione nociva da parte di tutte quelle impurezze metalliche presenti allo stato cationico e che rappresentano la maggioranza quasi assoluta.
Dalla fase organica o dalla resina si riestrae con soluzione acquosa l'u. e si ritorna ad una fase acquosa, contenente uranio in elevata concentrazione, in gran parte decontaminata e da cui l'uranio può essere facilmente precipitato per innalzamento del pH.
Processo alcalino. - La lisciviazione alcalina del minerale uranifero è eseguita con soluzione acquosa contenente circa 40 gr. di Na2CO3 e 20 gr. di NaHCO3 per litro, a temperature prossime alla temperatura di ebollizione, sotto pressione o alla pressione atmosferica e in ambiente ossidante (generalmente aria in presenza di sali di rame e ioni ammonio come catalizzatore).
L'u. passa in soluzione come anione complesso uraniltricarbonico, UO2(CO3)3----, secondo la reazione:
La soda caustica risultante dalla reazione di lisciviazione è neutralizzata dal bicarbonato sodico man mano che si forma, evitando così la riprecipitazione dell'uranio come diuranato di sodio.
Il trattamento alcalino ha una maggiore selettività di attacco che la lisciviazione acida, data la maggiore inerzia chimica della ganga all'azione dell'alcali. Questo vantaggio, che si traduce in una maggiore decontaminazione della soluzione di lisciviazione da elementi estranei, riflette la necessità di una più spinta macinazione del minerale per non veder ridotto a limiti inaccettabili il rendimento di estrazione dell'uranio.
Dalla soluzione alcalina si recupera generalmente l'uranio per diretta precipitazione con NaOH senza ricorrere a trattamenti di purificazione come nel caso della lisciviazione acida.
Il ciclo di lavorazione delle rocce uranifere nei due processi, acido e alcalino, in realtà non segue così da vicino gli schemi generali tracciati ma è legato a processi estrattivi di altri elementi o a processi di produzione di composti principali nei cui confronti l'uranio compare talvolta solo come un sottoprodotto. È il caso dell'estrazione dell'u. dalle rocce fosfatiche inserita nel ciclo di produzione dei concimi fosfatici "super" e "super triplo" e del fosfato monosodico; così come dell'estrazione dell'uranio dalle sabbie monazitiche in cui i prodotti principali sono il torio e le terre rare.
Qui di seguito sono indicati gli schemi semplificati della lisciviazione acida e alcalina, rispettivamente, di minerali carnotitici (la carnotite è un vanadato idrato di uranio e potassio, K2O•2UO3•V2O5•3H2O) per il recupero di uranio e vanadio.
Preparazione del metallo. - Nella fig. 1 è riportato uno schema semplificato per la produzione commerciale di u. metallico e di esafluoruro di uranio dai concentrati di uranio. Il "concentrato" di ossidi o di sali di uranio (70-80% circa di u.), proveniente dagli impianti di lisciviazione acida o alcalina, deve in primo luogo sottostare ad un ulteriore processo di purificazione per ridurre a livelli minimi e tollerabili le impurità, metalliche e non, presenti. Il procedimento industrialmente seguito è la estrazione per solvente della soluzione nitrica ottenuta per digestione in acido nitrico del concentrato di uranio. Come solventi organici sono stati fino ad oggi impiegati con successo l'etere dietilico e in modo particolare il tributilfosfato, diluiti in idrocarburi saturi, esano, eptano, ecc..., o frazioni petrolifere tipo cherosene. Si ritorna così ad una soluzione purissima di nitrato di uranile, acida per acid nitrico, pronta ad essere impiegata per scopi nucleari.
Il primo gradino del processo industriale è la produzione del triossido di u., UO3, comunemente chiamato anche ossido giallo. Dalla soluzione di nitrato di uranile il triossido di u. si prepara: 1) per concentrazione della soluzione nitrica per evaporazione del solvente e per decomposizione termica del sale a temperature prossime a 300-400 °C; oppure, 2) per precipitazione con soluzione ammoniacale del diuranato di ammonio e per decomposizione termica di questo sale a 300 °C; oppure, 3) per precipitazione con acqua ossigenata a pH 1,2-2 dell'acido perossiuranico, H2UO5•H2O, e per decomposizione termica del precipitato a 300 °C.
Il gradino successivo e la riduzione del triossido a biossido, UO2. La reazione è condotta con idrogeno o con ammoniaca dissociata a temperature comprese tra 500 e 700 °C:
A meno che non si intenda impiegare il biossido di u. come tale (v. oltre), esso viene trasformato in tetrafluoruro, UF4, per fluorurazione con HF gassoso a 500-600 °C, impiegato per la preparazione sia dell'uranio metallico, sia dell'esafluoruro.
Il processo di produzione industriale del metallo segue la riduzione per metallotermia del tetrafluoruro. Come metalli riducenti sono utilizzati calcio e magnesio; dei due il magnesio offre il vantaggio del minor costo e del più alto grado di purezza contro una più bassa tonalità termica della reazione:
Nel caso di impiego del calcio è sufficiente innescare in un punto la miscela (per es., con un innesco a base di magnesio + un perossido, o con una resistenza elettrica, ecc.) perché la reazione abbia inizio e si completi raggiungendo temperature sufficienti a portare a fusione sia l'uranio (temperature di fusione = 1.133 ± 1 °C) sia la scoria (temperatura di fusione del fluoruro di calcio = 1.360 °C).
La reazione di riduzione con magnesio richiede un preriscaldamento iniziale fino a temperature di 680-760 °C per assicurare la fusione della scoria (temperatura di fusione del fluoruro di magnesio = 1.264 °C) e un tempo di innesco sufficientemente breve.
Al fondo del reattore di riduzione si raccoglie l'u. fuso mentre la scoria di più bassa densità tende a salire verso l'alto. A reattore completamente freddo si scarica il lingotto e meccanicamente si procede alla separazione del lingottino di u. dal grosso della scoria. Una pulitura meccanica e un decapaggio sono in genere sufficienti ad eliminare la residua scoria e a solubilizzare quell'u. e quel magnesio superficiali che racchiudono le ultime tracce di scoria.
L'u. passa poi alla rifusione sotto vuoto a temperature di qualche centinaio di gradi centigradi superiori al suo punto di fusione (1450 °C) per facilitare la distillazione delle impurità volatili (tracce di magnesio, di fluoruro di magnesio, ecc.) e per degassare in maniera spinta il metallo.
Altri metodi di produzione dell'u. metallico sono: 1) la riduzione dei suoi ossidi con calcio, magnesio o alluminio; 2) la riduzione dei suoi ossidi con carbone; 3) l'elettrolisi dei suoi sali fusi; 4) la decomposizione termica dei suoi alogenuri. Di questi solo l'elettrolisi eseguita su miscele di alogenuri di u. e metalli alcalini (per es., tricloruro o tetrafluoruro di uranio in bagno eutettico di cloruri di litio e potassio) ha avuto applicazioni industriali. Il metallo, che si separa al catodo, deve essere portato successivamente a fusione.
L'impianto pilota del laboratorio di chimica della Divisione materiali del Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare segue un programma di lavoro diverso in parte dagli schemi illustrati. Dopo estrazione per solvente con tributilfosfato, la soluzione nitrica di nitrato di uranile purificata è trasformata per scambio ionico su resina cationica (IR-120) in soluzione acquosa di cloruro di uranile e, per riduzione con zinco, in soluzione acquosa di cloruro uranoso. Dalla soluzione in presenza di NaCl si precipita con HF il fluoruro doppio di uranio e sodio che dopo essiccamento in aria a 250 °C circa passa alla riduzione con magnesio in forni a resistenza a 750 °C:
Dopo scorificazione si procede alla rifusione sotto vuoto in forni ad induzione. In fig. 2 è riportata la fotografia di parte dell'impianto di produzione di 11. del C. N. E. N.
Produzione dell'esafluoruro di uranio. - L'esafluoruro di u. si presenta a temperatura ambiente come un solido cristallino incolore. Sublima a 56,4 °C alla pressione atmosferica. Per la sua stabilità chimica e per la esistenza in natura di un solo isotopo naturale del fluoro (F19) è impiegato nei processi di separazione isotopica in fase gassosa e rappresenta quindi un passo obbligato nella produzione di combustibili nucleari arricchiti nell'isotopo fissile U235. La sua aggressività chimica e la tendenza all'idrolisi hanno richiesto per gli impianti di separazione isotopica l'impiego di materiali speciali e la risoluzione di problemi di tenuta e di termostatazione.
La produzione industriale è basata sulla fluorurazione di UF4 con fluoro a temperature superiori a 400 °C in assenza di catalizzatori:
Dalla massa gassosa di reazione contenente, accanto a UF6, ossigeno, azoto, l'eccesso di fluoro, ecc., l'esafluoruro è separato per condensazione, a pressione atmosferica o sotto pressione, o per assorbimento chimico.
Se si ritiene necessario si può ulteriormente purificare l'alogenuro di u. per distillazione frazionata sotto pressione.
Altri metodi di preparazione dell'esafluoruro, dal carburo, dal pentacloruro, o dall'ossido U3O8 hanno solo interesse storico per l'antieconomicità dei procedimenti causa l'alto consumo di fluoro.
Di particolare interesse invece è la reazione utilizzata nel processo "Fluorox":
condotta a 800 °C senza consumo di fluoro. Il fluoruro di uranile è riciclato all'impianto di riduzione con idrogeno e di fluorurazione con HF.
Produzione di materie prime arricchite. - La produzione di combustibili nucleari arricchiti impiega come materiale di partenza l'esafluoruro di u. proveniente dagli impianti di separazione isotopica in fase gassosa. Il metodo commercialmente seguito è l'idrolisi in acqua dell'esafluoruro.
Per la preparazione del solfato di uranile si idrolizza l'esafluoruro in soluzione acquosa al 70% di acido solforico a 90 °C, si allontana l'acido fluoridrico per gorgogliamento di aria a 90 °C, si porta a secchezza la soluzione e si calcinano per un'ora i cristalli di solfato di uranile a 500 °C.
Per la produzione del biossido o dell'uranio metallico si idrolizza invece l'esafluoruro in soluzione ammoniacale. Precipita in queste condizioni il diuranato di ammonio:
Dopo filtrazione il precipitato è essiccato a 170-180 °C e quindi decomposto termicamente e ridotto con idrogeno a UO2 a 800-850 °C. La produzione di uranio metallico arricchito, oltre che per fluorurazione con HF e riduzione con magnesio o calcio del tetrafluoruro ottenuto, è praticata industrialmente ("Union Carbide Nuclear Company") anche per riduzione diretta dell'esafluoruro con idrogeno:
e riduzione con calcio o magnesio dell'alogenuro prodotto.
Proprietà dell'uranio. - L'u. metallico esiste in tre forme allotropiche: la fase alfa, ortorombica, con densità 19,12, stabile fino a 660 °C circa; la fase beta, tetragonale, con densità 18,11, stabile nell'intervallo di circa 660-760 °C; la fase gamma, cubica a corpo centrato, con densità 18,06, stabile da 760 °C circa fino alla temperatura di fusione,1.133 ± 1 °C.
Le proprietà meccaniche dell'u. puro risentono della storia del campione esaminato. A temperatura ambiente, carico di snervamento e di rottura a trazione oscillano intorno a 1.500-3.000 e intorno a 4.000-8.000 kg/cm2 rispettivamente con allungamenti alla rottura di 5-15%. Al crescere della temperatura i carichi limite suddetti diminuiscono notevolmente: a 500 °C, per es., il carico di snervamento scende a 350-500 kg/cm2 e quello di rottura a 700-800 kg/cm2, con allungamenti alla rottura di oltre 40-60%. La resistenza allo scorrimento viscoso dell'u. metallico è piuttosto modesta e ne impedisce il suo impiego anche sotto carichi notevolmente più bassi di quelli sopra indicati.
La conduttività termica interna dell'u. è molto bassa, circa dello stesso ordine di quella degli acciai. A 20 °C è circa 0,057 cal/sec. cm. °C; cresce con la temperatura come per i metalli in genere: a 600 °C vale circa 0,088 cal/sec.cm.°C.
Per quanto concerne la resistenza alla corrosione, l'alto chimismo che caratterizza questo metallo e l'elevata affinità per idrogeno, ossigeno, azoto, carbonio, ecc., costringono all'impiego di camicie di protezione di adatto materiale, allo scopo di evitare anche la contaminazione del fluido scambiatore di calore per prodotti di fissione, qualora si voglia utilizzare l'uranio metallico come elemento combustibile in reattori nucleari. In acqua, per es., a 50 °C la velocità di corrosione è di 0,1 mgr/hr.cm2 e sale a 200 °C a 1.000 mgr/hr.cm2. Pessimo comportamento si ha anche in aria e in corrente di vapor d'acqua. Più modesta è invece la velocità di corrosione in sostanze organiche (difenile, isomeri del terfenile, ecc.), e in sodio allo stato liquido.
L'u. si presta facilmente ai più svariati tipi di lavorazione plastica sia a freddo sia a caldo. La fucinatura, l'estrusione, la laminazione, la trafilatura, lo stampaggio, ecc., sono eseguiti senza difficoltà per produrre il metallo in diversissime forme, barre, tubi, piastre, fili, ecc., anche con diametri o spessori molto piccoli. La lavorazione a caldo dell'u. è in preferenza eseguita in atmosfera inerte, se trattasi di lunghe operazioni o di pezzi di modeste dimensioni, per evitare l'ossidazione all'aria. Si lavora a freddo e a caldo in preferenza in fase alfa. Entro i limiti di stabilità di questa fase, la resistenza alla deformazione plastica diminuisce al crescere della temperatura di lavoro. La fase beta è invece molto dura e fragile e non si presta a lavorazioni plastiche. In fase gamma l'u. è troppo duttile e plastico e mal si presta a tutte quelle lavorazioni che richiedono un minimo di resistenza meccanica ad alta temperatura. Solo l'estrusione è praticata nel campo di stabilità di questa fase.
La lavorazione meccanica in fase alfa causa un'orientazione dei grani cristallini secondo una direzione preferenziale che per l'anisotropia propria della fase medesima si traduce in una caratteristica instabilità dimensionale e strutturale dell'u. sotto cicli termici e sotto irraggiamento. Una ricottura è in genere sufficiente a ridurre o eliminare del tutto l orientazione preferenziale. In assenza di orientazione preferenziale, al crescere delle dimensioni dei grani cristallini diminuisce la stabilità dimensionale e aumenta l'irruvidimento superficiale sia sotto cicli termici sia sotto irraggiamento. Il miglior comportamento si raggiunge quindi con grana finissima e un'orientazione del tutto casuale dei grani. La ricottura in fase beta e la tempra da questa fase a temperature inferiori alla temperatura di trasformazione beta/alfa, producono appunto grana finissima e orientazione a caso. In figura 3) è riportato un chiaro esempio di instabilità dimensionale dell'u. puro sotto cicli termici.
La lavorazione dell'u. alle macchine utensili è eseguita con facilità anche con alte velocità di taglio, avendo cura però di mantenere il pezzo sotto un velo di refrigerante organico per evitare l'ossidazione all'aria e per scongiurare pericoli di piroforicità dei trucioli e della polvere e inquinamenti per dispersioni di particelle del metallo nell'aria circostante.
La saldatura dell'u. è praticata con le note tecniche dell'arco elettrico o dell'arco a elettrodo consumabile in atmosfera inerte o sotto vuoto. La brasatura dà scadenti risultati per la formazione di composti intermetallici fragili tra l'uranio e i componenti della lega brasante, a meno che non si proceda alla placcatura del pezzo con nichel o argento e alla brasatura di questi metalli con la lega brasante.
Leghe di uranio. - La presenza di stati allotropici in un ristretto intervallo di temperature, l'anisotropia delle fasi alfa e beta, la struttura a grana grossa, le scadenti caratteristiche meccaniche specie ad alta temperatura, l'orientazione preferenziale dei grani cristallini come conseguenza di lavorazioni plastiche, pregiudicano il comportamento dell'u. metallico puro sotto irraggiamento e limitano a valori modesti il tasso di combustione e la temperatura di esercizio. Solo lievi miglioramenti sono stati ottenuti con una grana cristallina molto fina per tempra dalla fase beta: infatti, fenomeni di ricottura parziale o totale durante l'esercizio alle temperature di lavoro sono causa del nuovo ingrossamento della grana e annullano il beneficio della tempra.
È stata all'uopo studiata l'influenza di elementi di alligazione sul comportamento sotto irraggiamento dell'u. metallico, e ciò essenzialmente nel tentativo di poter conservare lo stato metallico, caratterizzato da una più elevata conducibilità termica e da una più alta concentrazione di materiale fissile.
Le leghe binarie dell'u. sono divise in cinque classi:
1) Leghe senza solubilità solida e senza composti intermetallici: a questa classe appartengono le leghe U-Na, U-Ca, U-Mg, U-Th.
2) Leghe senza solubilità solida ma con composti intermetallici: a questa classe appartengono le leghe U-Bi, U-C, U-Cu, U-Pb, U-Sn, U-Zn, e con tutta probabilità U-B, U-O, U-P (interessanti i composti intermetallici dell'u. col bismuto UBi, U3Bi4, UBi2, in vista di un possibile impiego come combustibili liquidi in un reattore omogeneo).
3) Leghe con limitata solubilità solida senza composti intermetallici: a questa classe appartengono le leghe U-Cr, U-Ag, U-Ta, U-W, U-V.
4) Leghe con parziale solubilità solida e con composti intermetallici: a questa classe appartengono le leghe U-Al, U-Be, U-Co, U-Au, U-H, U-Fe, U-Mn, U-Ni, U-Si, e forse U-N.
5) Leghe con estesa solubilità solida: a questa classe appartengono le leghe U-Mo, U-Nb, U-Ti, U-Zr.
Da un punto di vista applicativo le leghe binarie dell'u. sono divise in due categorie. La prima categoria comprende quelle leghe con basso tenore dell'elemento di alligazione, la cui azione è quella di provocare la formazione e la stabilizzazione di una struttura a grana fina senza alterare il reticolo cristallino e il suo campo di stabilità. L'effetto affinante si riflette in un notevole miglioramento della stabilità dimensionale sotto cicli termici e sotto irraggiamento dell'uranio metallico. Buoni risultati si raggiungono in tal senso con modeste aggiunte di elementi quali cromo, molibdeno, silicio, zirconio, titanio, vanadio e niobio.
La seconda categoria comprende quelle leghe di u. con alto tenore dell'elemento di alligazione, il cui raffreddamento più o meno rapido dalla fase gamma permette di stabilizzare, o quasi, al di sotto della temperatura di trasformazione beta/gamma, la fase gamma dell'u. caratterizzata da un reticolo cubico a corpo centrato con proprietà spiccatamente metalliche. Ovviamente l'u. impiegato in questo tipo di leghe sarà arricchito opportunamente nell'isotopo 235 per compensare l'assorbimento parassita dell'elemento di alligazione. La stabilizzazione della fase gamma è tanto più efficace quanto maggiore è, per un dato elemento di alligazione, la sua concentrazione nella soluzione solida e quindi la sua solubilità nell'uranio gamma. Anche in questo caso l'alligazione si traduce in una maggiore stabilità dimensionale sotto cicli termici e sotto irraggiamento, in misura spesso superiore a quella raggiunta con le leghe della prima categoria. Il meccanismo che impedisce la distorsione reticolare sotto irraggiamento è tuttora molto discusso; è però senz'altro connesso con l'azione stabilizzante dell'elemento di alligazione che permette all'uranio di ordinarsi secondo un reticolo cristallino caratterizzato da spiccata isotropia e che conferisce migliori qualità meccaniche alla lega. Gli elementi che godono ampia solubilità nell'u. gamma sono il molibdeno (solubilità massima =17% in peso), il niobio, il titanio, lo zirconio (leghe della quinta classe). Studî sistematici condotti sulle leghe binarie con niobio, molibdeno e zirconio hanno messo in evidenza la maggiore stabilità dimensionale sotto irraggiamento delle leghe U-Mo rispetto alle leghe U-Nb e, ancor più, alle leghe U-Zr. Particolare interesse hanno perciò suscitato le leghe con alto tenore di molibdeno (oltre il 5% in peso).
La ricerca scientifica è rivolta inoltre a leghe U-Th con basso tenore di uranio (7-8% massimo), a leghe U-Fissio 5-10% (il "Fissio" comprende il gruppo di prodotti di fissione che si accumulano nei combustibili irradiati e non sono eliminati nel riprocessamento pirometallurgico e risulta costituito mediamente da Mo 44%, Ru 34%, Tc 12%, Rh 6,3%, Pd 2,4%, Zr 1,2%, Nb 0,1%), a leghe ternarie e quaternarie dell'uranio per analizzare in una vasta gamma di combinazioni la reciproca influenza dei diversi elementi di alligazione.
Combustibili metallo-ceramici. - La necessità di raggiungere più elevate temperature di esercizio, più alti tassi di combustione, maggiore stabilità all'irraggiamento, migliori caratteristiche meccaniche, elevate resistenze alla corrosione, ecc., ha portato alla realizzazione di combustibili costituiti da dispersioni uniformi di materiale fissile in un'adatta matrice, generalmente un metallo o una lega. La scelta della fase dispersa deve essere limitata a quei composti dell'u. compatibili con la matrice scelta, con alta densità e alto contenuto in u. e con basso assorbimento parassita di neutroni.
I materiali che sono stati utilizzati come fasi disperse sono essenzialmente: UAl4, UO2, UC, UN, U3Si, aventi rispettivamente densità 6,06 - 10,97 - 13,63 - 14,32 - 15,58 e un contenuto in uranio (gr/cm3) rispettivamente di 4,16 - 9,64 - 12,98 - 13,51 - 14,99. Il valore limite della concentrazione in volume della fase dispersa si aggira intorno a 25-30-35%; valori superiori infragiliscono eccessivamente la dispersione rendendone oltremodo difficile la fabbricazione. Da qui il vantaggio di ricorrere a fasi disperse con alta densità di uranio.
Con particolare riferimento alle prime due fasi, UAl4 e UO2, di cui sono reperibili in maggior dovizia dati nella letteratura tecnica, diremo che sono state utilizzate felicemente come fasi disperse in matrici di alluminio e acciaio rispettivamente.
La dispersione di UAl4 in alluminio è realizzata per semplice fusione sotto vuoto della lega U-Al con tenori di 40-50% in peso di uranio.
La dispersione di UO2 in acciai è eseguita con i metodi classici della metallurgia delle polveri. Le dimensioni delle particelle di UO2 sono scelte in base a criterî di danneggiamento della matrice ad opera dei frammenti di fissione (nel reattore APPR, Army Package Power Reactor, sono state adottate dimensioni tra 44 e 88 micron, con dimensioni delle polveri di acciaio della matrice di 10-150 micron). Le polveri delle due fasi dopo intima miscelazione sono compresse a freddo (50-80 kg/cm2) e sinterizzate (10-16 ore in atmosfera di idrogeno secco a temperature di 1.170-1.350 °C). Il prodotto sinterizzato e nella forma definitiva, passa alla rettifica e all'incamiciamento, mediante saldatura, con acciaio inossidabile.
Combustibili ceramici. - Il biossido di u. è il combustibile nucleare ceramico per eccellenza: l'alto punto di fusione (2.500-2.800 °C), l'alta stabilità termodinamica, l'elevata resistenza alla corrosione, la facile reperibilità e preparazione, sono le principali ragioni del suo impiego fin da molto tempo.
La polvere di UO2 preparata con uno dei sistemi esposti innanzi, attivata con diversi metodi (macinazione in molini a palle, aggiunta di additivi, TiO2 e Nb2O, ecc.), allo scopo di migliorare la densità finale del prodotto finito, è miscelata con adatti lubrificanti per ridurre l'usura delle matrici (carburi di tungsteno) e con un legante per conferire al prodotto una certa compattezza nelle fasi di pressatura a freddo. Il tipo e il tenore del legante influenzano la densità finale del prodotto (cere da petrolio sono state comunemente impiegate fino a concentrazioni del 2%). La compressione a freddo è eseguita in due stadî fino alla pressione massima optimum di 2.500 kg/cm2. Alla compressione a freddo segue una presinterizzazione a temperature modeste (400 °C) in corrente di idrogeno per 1-4 ore per consentire la decomposizione e la volatilizzazione delle sostanze organiche aggiunte come legante e lubrificante. Segue poi la sinterizzazione per tempi di 1-4 ore a 1.600-1.700 °C. Dopo sinterizzazione le pasticche di UO2 passano alla rettifica e alla finitura superficiale: le tolleranze sono inferiori al centesimo di mm. In questa fase finale circa il 10-15% delle pasticche sono riciclate per difetti micro- e macroscopici. Le pasticche sono poi caricate entro contenitori tubolari metallici aventi funzione di rivestimento dell'elemento combustibile.
Per migliorare il trasferimento di calore lo spazio tra combustibile e rivestimento è riempito con gas inerte, elio, per es. (come per gli elementi combustibili del P.W.R., Pressurized Water Reactor), o con un metallo facilmente fusibile, piombo, per es. (come per gli elementi del Borax IV).
La fabbricazione di elementi di tipo a piastra o a tubo segue nelle linee generali il sistema di produzione delle pasticche con ovvie modifiche date le diverse forme dei manufatti. La co-estrusione e la co-laminazione a caldo del prodotto ceramico e del rivestimento sono eseguite non senza difficoltà.
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