UNTERPERGHER (o Unterbergher)
Famiglia di artisti tirolesi, originari della Val Pusteria, e attivi in Trentino, Alto Adige e in Austria nel XVIII secolo.
Michelangelo nacque a Cavalese l’11 agosto 1695, secondogenito di Cristoforo e di Maria Elisabetta Lieb (Kronbichler, 1995a, p. 13). Fu probabilmente il padre, esattore del dazio e indoratore di altari lignei per diletto, a introdurlo nella bottega di Giuseppe Alberti, frequentata, fra gli altri, da Paul Troger. Secondo alcune fonti biografiche, all’apprendistato sarebbe seguito un soggiorno a Venezia, durante il quale il giovane pittore conobbe Giovanni Battista Piazzetta (Riccabona, 1808, p. 111; Zimmeter, 1903, pp. 13-16): vicenda, questa, che manca di appigli documentari.
La vivace comunità artistica costituitasi attorno alla personalità di Alberti nella Val di Fiemme e l’Alto Adige rappresentò il primo, influente contesto di educazione visiva e artistica di Michelangelo. Egli risentì, in particolare, dell’influsso di Matthias Pussjäger e di Ulrich Glantschnigg, nonché di Luca Giordano e dei maestri veneziani e lombardi, le cui opere circolavano nella zona (si pensi, ad esempio, a Chiusa).
I primi lavori di Michelangelo consistono in alcuni dipinti ornamentali per la Magnifica Comunità di Fiemme, eseguiti fra il 1718 e il 1720, e in due pale d’altare destinate alle chiese di Longomoso (Bolzano) e di Stramentizzo (Castello-Molina di Fiemme, Trento).
Il 10 gennaio del 1726 l’artista ottenne la cittadinanza di Bolzano, consegnando la tela con il Giudizio di Salomone (oggi nel Museo civico), in sostituzione del pagamento della relativa tassa d’iscrizione.
Da quell’anno, ad eccezione della pala d’altare per la chiesa di S. Osvaldo (perduta durante la seconda guerra mondiale) e del gonfalone per la filiale di S. Maddalena, non si dispone di puntuali notizie sul prosieguo dell’attività di Michelangelo. Dovette abbandonare a quel tempo la terra natale per spingersi verso l’Austria settentrionale, sino a Passau, dove lavorò per il monastero di S. Nicola e per altri conventi della città e delle località circostanti.
Al periodo compreso fra il 1730 e il 1735 si possono far risalire diversi dipinti con soggetti religiosi per l’ex monastero di Vornbach am Inn (dove tuttora è visibile il Battesimo di Cristo; Meidinger, 1787, pp. 377 s.), per St. Florian am Inn, nonché la Sacra Famiglia e l’angelo che raccomanda alla Madonna la città di Schärding per la chiesa dei cappuccini nella stessa cittadina (oggi nella Kurhauskapelle).
Firmata e datata al 1732 è la pala nella chiesa parrocchiale ad Aurolzmünster; autografa è inoltre l’Adorazione dei Magi (circa 1735), conservata in una collezione privata di Linz, dove Michelangelo si firma con il cognome italianizzato di “Sottomontij”, secondo l’usanza dell’epoca.
Nel 1737 l’artista tirolese è documentato a Vienna, dove, dopo essersi iscritto all’Accademia di arti figurative, vinse il primo premio nella classe di pittura con il dipinto raffigurante Abramo caccia Agar e il figlio Ismaele (perduto). Successivamente si impegnò in modesti incarichi, destinati a infittirsi e a fargli acquisire maggiore prestigio intorno agli anni Quaranta del Settecento. Dopo una sosta a Straubing nel 1741 per dipingere la pala d’altare nella chiesa dei Carmelitani, nel 1742 rientrò nella capitale dell’Impero, dove ottenne l’incarico per l’esecuzione del S. Antonio di Padova per la cattedrale di S. Stefano (1744; ora Dom- und Diözesanmuseum). Nello stesso anno licenziò la tela con il Rosario per la chiesa dei Domenicani a Bolzano (dal 1785 nella parrocchiale di Caldaro) e tre dipinti per la Bergkirche a Rodaun (quartiere di Vienna).
Fra i committenti dell’artista in questo periodo si annoverano non solo le istituzioni ecclesiastiche e gli ordini religiosi ma anche gli Asburgo, nonché illustri famiglie aristocratiche. Per due stanze del Franz-Karl-Appartement nello Schloss Schönbrunn presso Vienna Michelangelo realizzò dei quadri sopraporte con tematiche allegoriche, mentre nel 1747 dipinse tre tele per la cappella del castello dei principi Esterházy ad Eisenstadt. Di queste ultime, sostituite nel 1825 dai quadri del viennese Erasmus Enghert, si conserva tuttora solo la Madonna vittoriosa nella Familienkapelle della Domkirche (Kronbichler, 1995a, p. 205, n. G72, p. 221, nn. G153-G155).
Nel settembre dell’anno successivo Michelangelo inviò a Bressanone il primo schizzo relativo alla Morte della Vergine destinata alla cattedrale della cittadina; ambita commissione, questa, per la quale egli si confrontò dapprima con la posizione sfavorevole dell’arcivescovo Leopold von Spaur, che gli contrappose il pittore Johann Georg Dominikus Grasmair, per poi trionfare nella competizione con altri artisti di Venezia e di Verona. Il 6 ottobre 1750 la pala fu allogata sull’altare maggiore del Duomo, fra l’ammirazione generale. Nonostante il gravoso impegno, il pittore riuscì a far fronte ad altre commissioni, fra cui l’Estasi di s. Teresa per il Collegio delle dame inglesi di Bressanone e altre opere di soggetto religioso per santuari e chiese parrocchiali a Michelsberg (Halsbach, Baviera), a Semmering, a Rohrau e a Stotzing.
La conquista di un ampio consenso fra i committenti e i successi professionali favorirono la nomina di Michelangelo a rettore dell’Accademia viennese nel 1751, incarico che mantenne fino alla scomparsa nel 1758, con un’interruzione fra il 1754 e il 1757, in cui fu sostituito da Paul Troger.
Trattandosi di una funzione perlopiù formale, l’impegno accademico non ostacolò, bensì favorì l’ottenimento di ulteriori autorevoli commissioni, come il Gesù fra i dottori nella Emanuelsche Stiftskirche di Vienna (1751; dal 1786 nella chiesa degli Agostiniani), la SS. Trinità nella cattedrale di S. Stefano (1751), la Caduta degli angeli nella chiesa di S. Michele (1752) e l’Assunzione di Maria, affidatagli dal principe Josef Adam von Schwarzenberg per la parrocchiale di Postelberg (o Postoloprty, Repubblica Ceca). Seguì la consegna di una serie di pale d’altare per Spital am Pyhrn, per Herrnbaumgarten, per la cattedrale di S. Giorgio a Timișoara (Romania), per Bad Pirawath, per Innsbruck Wilten e per Kroměříž, cui si alternò la produzione di tele con soggetti allegorici, forse da collocare come sopraporte all’interno di qualche palazzo nobiliare. Di più recente attribuzione, invece, è la tela raffigurante Maria col Bambino, s. Leonardo e s. Patrizio in una piccola chiesa presso Donnersbachwald (Irdning-Donnersbachtal, Stiria), datata al 1753 circa (Ties, 2011).
Michelangelo morì di febbre il 27 giugno 1758 nella sua abitazione viennese all’età di 62 anni (Kronbichler, 1995a, p. 38).
Negli ultimi decenni, dopo la pubblicazione di una monografia nel 1995 (Kronbichler), sono comparse sul mercato antiquario molte opere ascrivibili a Michelangelo, fra cui si ricordano svariati disegni preparatori come quello con la Sacra Famiglia dell’Alte Galerie am Landesmuseum Joanneum di Graz, o il S. Giovanni Nepomuceno di collezione privata austriaca, battuto a un’asta a Monaco di Baviera nel 2004, il bozzetto con la Nascita di Maria di collezione privata a Trento, e diversi dipinti a olio su tela, come un Autoritratto dell’artista quarantenne, riapparso in circolazione nel 1997 (e confrontabile con le versioni del Szépművészeti Múzeum di Budapest e del Ferdinandeum di Innsbruck) o la pala con S. Enrico e s. Leopoldo adorano s. Giuseppe con Gesù Bambino nella chiesa parrocchiale di Großmeiseldorf (Ziersdorf, Bassa Austria).
Terzo figlio di Cristoforo, Giuseppe Antonio, nato a Cavalese nel 1703 (Unterberger [Unterpergher], in U. Thieme - F. Becker, 1939, p. 582), svolse per un certo periodo l’attività di doratore appresa dal padre, di cui resta testimonianza nei lavori eseguiti nel 1724 per la chiesa di Casatta presso Valfloriana (Trento) e nel 1730 per l’altare del Rosario a Moena, realizzato in collaborazione con il fratello minore, Francesco Sebaldo (Rasmo, 1977, p. 15). Successivamente Giuseppe Antonio abbandonò la carriera artistica per dedicarsi esclusivamente alla professione di funzionario del dazio. Morì trentenne nel 1743, lasciando tre figli, di cui due, Cristoforo (1732-98) e Ignazio (1742 o 1748-97), furono avviati dagli zii al mestiere della pittura (Riccabona, 1808, p. 114).
Francesco Sebaldo, l’ultimo dei figli di Cristoforo, nacque a Cavalese il 1° agosto 1706 (Riccabona, 1808, p. 112); pur essendo predestinato a proseguire sulle orme paterne, preferì dedicarsi all’arte pittorica, per la quale dimostrò di avere un innato talento sin da fanciullo. Allo studio delle opere dei maestri locali della Val di Fiemme alternò la traduzione grafica e incisoria della produzione del fratello Michelangelo, che, itinerante, dovette impartirgli saltuariamente qualche lezione. La sosta giovanile di Francesco Sebaldo a Venezia e l’apprendistato presso Giovanni Battista Pittoni, riportati da Joseph Anton von Riccabona (1808, pp. 111 s.), non sono documentati e trovano un’accoglienza contrastata nella critica novecentesca, che tende piuttosto a posticipare il soggiorno in Laguna a una fase più avanzata della carriera del pittore (Rasmo, 1977, pp. 15, 18).
Dopo aver firmato la decorazione pittorica dell’altare del Rosario a Moena nel 1730, il pittore si trasferì a Bressanone, dove ottenne un importante incarico dalle Clarisse, che lo impegnò dal 1731 al 1733: si trattò della realizzazione di un ciclo di ventiquattro tele con le Storie di s. Chiara per il convento dell’ordine. L’opera fu notevolmente apprezzata dalle committenti, tanto che l’artista continuò a lavorare per loro, eseguendo una Via Crucis nel 1734. A questa data licenziò, inoltre, una pala d’altare per la cappella del castello di Casteldarne, commissionatagli dal principe vescovo Kaspar Ignaz von Künigl, che gli avrebbe inoltre offerto la residenza a Bressanone. Rifiutata questa proposta, Francesco Sebaldo preferì spostarsi fra Bressanone e Cavalese, anche per affrontare l’incremento della domanda di opere d’arte.
Fra i numerosi dipinti eseguiti nella seconda metà degli anni Trenta del Settecento per chiese e conventi tirolesi e d’Oltralpe si ricordano il S. Giovanni Nepomuceno (1736) e il S. Giorgio nella parrocchiale di Vipiteno e la Morte di s. Giuseppe (1737) nella chiesa del convento dei francescani di Schwaz presso Innsbruck (ora nella chiesa parrocchiale a Kufstein-Sparchen).
Se la produzione di Francesco Sebaldo fino a quelle date fu impregnata da riferimenti formali diversificati, fra cui spiccano le evocazioni al repertorio di Michelangelo – cui attinse in maniera costante nel corso della sua carriera (Kronbichler, 1995b, pp. 385-393) –, nelle opere del quinto decennio del Settecento paiono ben distinguibili i richiami alla cultura veneziana coeva (a Giovanni Battista Pittoni, in particolare). Per questo motivo, dunque, la critica propende per una collocazione del soggiorno lagunare negli anni Quaranta del Settecento. Si tratta per la maggior parte di pale d’altare, di immagini sacre o di storie bibliche commissionategli da chiese, conventi, ma anche da privati, e sparse in varie località fra il Trentino e l’Alto Adige (Teseo, Pieve di Bovo, Varena, Lovi, Molina di Fiemme, Montagnana di Pinè e Noriglio).
Oltre a qualche ‘incursione’ nella ritrattistica, Francesco Sebaldo si dedicò alla realizzazione di dipinti di soggetto profano, come il fratello maggiore. Ne rimane testimonianza, ad esempio, nella Macelleria, firmata e battuta a un’asta Christie’s a Roma nel 1971, e in due tele a pendant, Macelleria e Venditore di selvaggina, individuate oltre una decina di anni fa sul mercato antiquario austriaco da Elvio Mich (2004-2005, pp. 269-275). Probabilmente queste scene di genere appartenevano in origine a un ciclo più articolato e avrebbero trovato una positiva accoglienza presso la committenza altoatesina, particolarmente incline a questa tipologia artistica, il cui protagonista in ambito tirolese era stato Ulrich Glantschnigg.
Al 1754 risale uno dei maggiori successi professionali di Francesco Sebaldo, ossia la Pala del Rosario per la cattedrale di Bressanone, che richiama il dipinto con lo stesso soggetto licenziato dal fratello Michelangelo nel 1744 per la chiesa dei Domenicani a Bolzano. Essa rappresenta forse uno degli esempi più significativi dell’influenza esercitata da Michelangelo e dalla sua produzione su Francesco, come si nota anche nel Battesimo di Cristo e nella pala con S. Elisabetta nella chiesa dell’ospedale di Brunico (1759-62). Probabilmente Francesco aveva accesso alle idee creative del fratello, riportate in numerosi bozzetti e schizzi, che poi egli rielaborava e variava. Stando a quanto riportato da Riccabona (1808, p. 112), dopo la scomparsa di Michelangelo nel 1758 fu lui a ereditarne la cospicua collezione di modelletti e disegni, e se ne sarebbe servito, dunque, come fucina di spunti, spesso apponendo sul retro di quelli la propria firma. Per questo motivo, e per la stringente somiglianza stilistica, risulta arduo apportare distinzioni nell’abbondante materiale preparatorio dei due artisti.
Negli ultimi due decenni di carriera la produzione di Francesco risentì di una certa stanchezza creativa, da leggersi nei termini di una riproposizione pedissequa del proprio repertorio iconografico, e da imputarsi, probabilmente, agli apporti della bottega o degli allievi, fra i quali si annoverava il nipote Cristoforo.
Francesco Sebaldo morì celibe il 23 gennaio 1776 a Cavalese (Rasmo, 1977, p. 22), dov’era rimpatriato da qualche tempo, rimanendo produttivo fino all’anno della sua scomparsa, quando realizzò il Martirio di s. Stefano per la parrocchiale di Villandro (Bolzano). Lasciò di sé il ricordo di una persona serena e gioiosa, di spirito e della più lieta compagnia («heiter und fröhlich, voll witziger Scherze, und der angenehmste Gesellschafter»), ma soprattutto di un artista molto laborioso («ungemein arbeitsam»; Riccabona, 1808, pp. 113 s.).
F.S. Meidinger, Historische Beschreibung der kurfürstl. Haupt- und Regierungs-Städte in Niederbaiern Landshut und Straubing, Landshut 1787, pp. 377 s.; J.A. von Riccabona, Nachrichten von einigen bildenden Künstlern, die geborne Fleimser waren, in Der Sammler für Geschichte und Statistik von Tirol, III, Innsbruck 1808, pp. 105-132; K. Zimmeter, Michael Angelo und Franz Sebald Unterberger. Ein Beitrag zur Geschichte der Tiroler Malerei des 18. Jahrhunderts, Innsbruck 1902; Unterberger (Unterpergher), in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIII, Lipsia 1939, pp. 580-582; N. Rasmo, Francesco Unterperger. Un pittore atesino del Settecento, Bolzano 1940; Ausstellung Franz Unterberger in Brixen. 1706-1776 (catal., Brixen), a cura di K. Wolfsgruber, Bressanone 1953; Francesco Unterperger pittore. 1706-1776 (catal.), a cura di N. Rasmo, Trento 1977; J. Kronbichler, Beiträge zu Franz Sebald Unterberger, in Der Schlern, LII (1978), pp. 651-663; J. Kronbichler - A. Sammer - F. Gutschi, Michael Angelo Unterberger in seiner Wiener Zeit. Der erste Rektor der Wiener Akademie, Vienna 1992; J. Kronbichler, Michael Angelo Unterberger. 1695-1758, Salisburgo 1995a; Id., Michael Angelo Unterberger und sein Einfluß auf Franz Sebald Unterberger, in Barockberichte, XI-XII (1995b), pp. 385-393; E. Mich, Francesco Unterperger sacro e profano, in Nuovi studi, IX-X (2004-2005), 11, pp. 269-275; J. Kronbichler, Michael Angelo Unterberger zum 250. Todesjahr. Neuentdeckungen, in Kunst Beziehung. Festschrift für Gert Ammann zum 65. Geburtstag, a cura di B. Braun - L. Andergassen, Innsbruck 2008, pp. 35-47; L. Longo-Endres, Uno sguardo alla scuola pittorica della Valle di Fiemme, in M. Felicetti - E. Cavada, Cavalese. La storia di un borgo antico che ha maturato nei secoli i caratteri di una moderna, dinamica, lungimirante civiltà, nel rispetto della propria tradizione identitaria, Lavis 2014, pp. 346-359; H.-P. Ties, Michael Angelo Unterbergers Hochaltarbild im Bergkirchlein von Donnserbachwald (Steiermark). Eine Stiftung Maria Theresias, in Österreichische Zeitschrift für Kunst und Denkmalpflege, LXV (2011), pp. 404-413.