UNIVERSO (XXXIV, 735; App. I, p. 1096)
Nuove ricerche sopra la Metagalassia. - Le osservazioni moderne hanno dimostrato che le stelle non sono sparse uniformemente nello spazio, ma riunite in colossali ammassi, o famiglie stellari, alle quali si dà oggi il nome di nebulose extragalattiche (v. nebulose), o meglio di Galassie, appunto perché una delle più importanti tra esse è la nostra Via Lattea, o Galassia (gr. Γαλαξίας). L'insieme di tutte le Galassie viene spesso chiamato Metagalassia, e costituisce un immenso campo di ricerche, ancora quasi inesplorato.
Volendo procedere con metodo alle ricerche metagalattiche, gli astronomi hanno rivolto per ora i loro sforzi alla costruzione di una statistica metagalattica, che dovrà servire di base ai lavori futuri, sia nel campo dell'alta astronomia siderale sia in quello della cosmogonia generale. In proposito, tra le ricerche statistiche più recenti, meritano speciale attenzione quelle eseguite alla stazione astronomica di Bloemfontein (Orange, Sudafrica) dipendente dall'Osservatorio americano di Harvard (Cambridge, Mass. S.U.) che l'ha costruita a sue spese, per le osservazioni del cielo australe. In questi ultimi anni, sono state ivi eseguite migliaia di fotografie celesti (ciascuna con tre ore di esposizione, servendosi del rifrattore di 60 cm., donato da Mrs. Bianca Bruce), le quali hanno condotto alla scoperta di oltre mezzo milione di nuove galassie fino alla 18a grandezza apparente, che costituisce il limite di potenzialità di quello strumento. E da un primo esame delle lastre di Bloemfontein, insieme con quelle del cielo boreale ottenute nelle specole europee e americane, si sono avuti i seguenti risultati preliminari che hanno grande importanza per la statistica metagalattica:
1) Come le stelle, anche le galassie possono classificarsi in normali (che formano la grande maggioranza e sono poco diverse tra loro per massa e luminosità), in giganti e nane. La Via Lattea è una galassia gigante.
2) Le galassie normali hanno una massa circa dieci miliardi di volte superiore a quella del Sole e una luminosità corrispondente alla grandezza assoluta M = −15,2. In conseguenza, una volta determinata con la fotografia la grandezza apparente m di una galassia normale, la sua distanza d in parsec e la sua parallasse p in secondi tenuto conto dell'equazione [3] di XXXII, p. 680, sarà data da:
Ne segue che le galassie normali di 18a grandezza, cioè le più deboli, che siano fotografabili col rifrattore di Bloemfontein' hanno una distanza di circa 40 milioni di parsec, pari a circa 130 milioni di anni di luce.
3) Il diametro medio di una galassia normale può valutarsi di circa 12.000 anni di luce, mentre la distanza tra una galassia e le galassie più vicine è dell'ordine di due o tre milioni di anni di luce e forse anche minore; vale a dire appena qualche centinaio di volte superiore al diametro delle galassie stesse. Quando si consideri che le distanze reciproche tra le stelle sono invece decine di milioni di volte superiori ai loro diametri, si nota subito una profonda differenza tra la distribuzione delle galassie nello spazio e quella delle stelle in una galassia.
Tenendo conto delle masse delle galassie e delle rispettive distanze, un facile calcolo mostra che la densità media ρ dello spazio sidereo (e cioè la densiià che si avrebbe se tutta la materia delle galassie venisse uniformemente diffusa nello spazio) è dell'ordine di 10-30 o forse 10-28 grammi per centimetro cubo. In conseguenza, il raggio R dell'Universo (che, secondo la teoria della relatività è legato a ρ dalla formula
dove c indica la velocità della luce ed f il coefficiente attrattivo) risulterebbe di circa trenta miliardi di anni di luce. Poiché il volume di uno spazio sferico è π2R3, la massa totale della Metagalassia sarebbe dell'ordine di 1057 grammi e cioè centinaia di sestilioni di volte quella del Sole.
In proposito, notiamo che rimane ancora insoluta la grave questione dell'espansione dell'Universo. Le osservazioni confermano che le righe spettrali delle galassie sono spostate verso il rosso pressappoco proporzionalmente alla distanza; e, se questo spostamento venisse interpretato col principio di Doppler, ne seguirebbe senz'altro una velocità di fuga all'incirca proporzionale alla distanza e quindi l'espansione dell'Universo. Ma esistono tuttora le gravi difficoltà esposte in App. I, p. 1096.
Evoluzione delle galassie. - L'esame delle nuove lastre fotografiche, eseguito col microdensimetro, ha mostrato che assai spesso le galassie - pur avendo una configurazione molto schiacciata - sono immerse in un ammasso estremamente rarefatto di materia di forma sferoidica; ciò che costituirebbe un nuovo argomento in favore della ipotesi di Armellini (v. nebulose, in questa App.) sopra l'origine delle galassie stesse. Inoltre, secondo H. Shapley, direttore dell'Osservatorio di Harvard, le braccia che si osservano in alcune galassie (nebulose spirali) dovrebbero interpretarsi come linee di condensazione delle stelle che compongono queste galassie, piuttosto che come traiettorie di eiezione delle stelle. Ultimamente, lo stesso astronomo ha avanzato l'ipotesi che l'evoluzione delle nebulose extra-galattiche o galassie, avvenga esattamente in senso contrario a quanto si riteneva fino a pochi anni fa. E cioè dalle spirali molto aperte (ad es. la nebulosa spirale dell'Idra, M. 83) si passerebbe lentamente a spirali chiuse e infine alla forma globulare (ad es. la nebulosa della Vergine M. 87, o l'ammasso globulare gigante 47 Tucanae) che costituirebbe la fase finale. In tal caso però, come fa notare il medesimo astronomo, occorrerebbe supporre per l'età dell'Universo una cifra molto maggiore dei dieci miliardi di anni che oggi generalmente si ammettono, e si ritornerebbe - almeno parzialmente - alle idee di Jeans che giungeva a un'età di molti trilioni di anni.
Bibl.: Harvard Reprint, 306, 1948; Proc. Ac. Amer. Sc., XXXIV, 1948; G. Armellini, L'immensità dell'Universo, Acc. naz. dei Lincei, 1948.