universita
università Istituzione di istruzione superiore (detta anche terziaria), che comprende almeno due diversi indirizzi o tipi di corsi accademici, peraltro diversamente organizzati nei singoli Paesi e non facilmente comparabili fra loro.
Il primo consiste in corsi di formazione di durata compresa fra 3 e 6 anni, caratterizzati da studi largamente teorici, destinati alle professioni di medio-alto profilo e all’accesso alla ricerca, e in corsi postuniversitari, di formazione scientifica e di specializzazione di alto livello, di durata di norma compresa fra 2 e 4 anni.
La seconda tipologia (dottorati, master e specializzazioni) si è molto ampliata negli ultimi decenni, sia con l’istituzione di centri di ricerca scientifica e tecnologica avanzata (privati o più spesso dipendenti da enti governativi o internazionali), sia con la creazione di u. aziendali o d’impresa (corporate university), dirette a sviluppare, selezionare e specializzare competenze interne nei campi dell’organizzazione e della gestione.
L’istruzione universitaria è tale se impartita in istituzioni che fanno della ricerca scientifica la propria attività prevalente. I docenti universitari partecipano a gruppi di ricerca e ottengono finanziamenti pubblici (ministeriali, comunitari e internazionali) e privati per portare avanti progetti, di base e applicati, i cui risultati vengono generalmente riassunti in pubblicazioni scientifiche. Con questi fondi sono spesso finanziati, oltre alle attrezzature e ai servizi e ai materiali necessari, assegni e borse di studio per gli allievi e i ricercatori più meritevoli che, in questo modo, partecipano, una volta terminato il dottorato, a gruppi di ricerca.
Al centro di questo complesso sistema restano certamente l’u. pubblica e quella privata, come luoghi di studio, rispettivamente, aperti a tutti o destinati ai più meritevoli, entrambe con una lunga tradizione alle spalle e strutture e network di ricerca consolidati.
Per quanto riguarda l’Europa, l’obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del 2000 prevedeva che i Paesi aderenti dovessero arrivare a spendere in ricerca il 3% del PIL.