unitade (unitate)
È la qualità di ciò che è uno, compiuto in sé stesso e indivisibile: Cv II V 12 lo decimo [cielo] annunzia essa unitade e stabilitade di Dio.
Nel passo del Convivio in cui s'illustra la diversa perfettibilità delle creature, D. osserva che la nobilitade umana, quanto è da la parte di molti suoi frutti, quella de l'angelo soperchia, tutto che l'angelica in sua unitade sia più divina (IV XIX 6): l'anima umana supera in nobiltà la natura angelica per il fatto di possedere un numero di potenze intellettuali e morali maggiore di quelle presenti negli angeli, che ne hanno solo due, intelletto e volontà; d'altra parte, la natura angelica è più divina, più prossima a Dio, per la sua " semplicità ", perché non è composta di spirito e di corpo organico.
Allorquando fornisce a D. la sua spiegazione sul fenomeno delle macchie lunari, Beatrice è condotta dalla logica del suo ragionamento a osservare che i movimenti e gl'influssi dei cieli procedono di necessità dalle intelligenze angeliche; così, anche nel cielo delle Stelle fisse, l'intelligenza sua bontate / multiplicata per le stelle spiega, / girando sé sovra sua unitate (Pd II 139). Di tutto il passo, e in particolare dell'ultimo verso, sono state date varie interpretazioni (v. GIRARE); se per intelligenza s'intende l'intelligenza motrice, sua unitate rileva come la bontate, cioè la virtù, di quella intelligenza, pur moltiplicandosi negli astri, resta in sé stessa unica e identica; per il Mattalia, invece, l'intelligenza è Dio, il quale gira sé, " non attinge aliunde le ragioni e l'impulso del proprio moto e del proprio operare ", ed è allora ovvio che " l'universo, avente la sua scaturigine in Dio, sia processo differenziante dall'uno al molteplice, dove l'unità originaria si moltiplica attraverso le stelle e le Intelligenze motrici ".
Per il concetto di unità e trinità divine, v. DIO; e soprattutto TRINITÀ.