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Un di si venne a me Malinconia

di Marco Pecoraro - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Un dì si venne a me Malinconia

Marco Pecoraro

Sonetto (Rime LXXII), che sull'esempio del Barbi i critici - a eccezione del Gardner - hanno accolto fra le rime dantesche, senza più dubbi sulla sua autenticità; fu trasmesso nel passato, a differenza di altri componimenti dello stesso autore, soltanto in poche edizioni: col nome di D. solo nel codice Vaticano Barberiniano lat. 3953 (già XLV 47), di Niccolò De' Rossi, e di là, appunto, lo trasse il Barbi per la sua stampa del '21, apportando appena qualche lieve variante al testo consueto della tradizione (adottò, ad es., le forme ch'ella [v. 3], di novo [v. 9], di vero [v. 11], eo li [v. 12], el ed eo [v. 13], mor [v. 14], invece delle corrispondenti che la, di novel, davvero, io gli, ei ed io, muor, di solito usate nelle altre edizioni).

Lo Zingarelli lo reputò " più un centone dantesco, che un componimento genuino ", dove spesso " il tono è grave, con perfetta fusione d'insieme, accenti semplici e profondi ", e asserì, senza ambagi, di provare ritegno a dichiararlo " proprio di Dante ", considerando che in tal caso esso " dovrebbe appartenere all'alto periodo del suo più alto lirismo ", a quello, cioè, che precede " il pianto per la morte di Beatrice ", e al quale si riferisce, fra l'altro, la singolare canzone del lugubre sogno Donna pietosa e di novella etate (Vn XXIII 17-29).

In realtà, però, il contenuto del sonetto, in cui si accenna all'imminente morte della donna amata, non esclude che esso sia stato composto intorno a quel medesimo tempo. La stessa immagine di Amore che, in atteggiamento confidenziale, vestito a lutto e piangente dà al poeta l'annunzio fatale, richiama, sotto certi aspetti, quella figura misteriosa, quasi un fantasma, che nella canzone del tragico vaneggiamento annuncia la grave sciagura: ed omo apparve scolorito e fioco, / dicendomi: - Che fai? Non sai novella? / Morta è la donna tua, ch'era sì bella (vv. 54-56). Nel sonetto, è vero, non c'è nulla di quel drammatico delirio concitato e pauroso, perché la scena è molto più semplice e composta, e la dolorosa notizia è consegnata da Amore a poco a poco: ma la conformità dell'argomento e il tono psicologico quasi consimile - almeno in talune parti - fanno ritenere probabilmente dello stesso periodo, o quasi, le due composizioni.

I sentimenti, nel sonetto, sono personificati - specie all'inizio, in cui la Malinconia, a somiglianza di certe rime dell'Angiolieri, è accompagnata da Dolore e Ira -, come spesso accade nella poesia medievale e in tante liriche dello Stil nuovo (e nel medesimo D. della giovinezza); ma la descrizione dei vari episodi è così viva e sottile (si pensi, soprattutto, al modo con cui il contenuto tragico è comunicato, gradualmente, da Amore al poeta) da far opinare, invece, che essa sia fattura - come dice il Contini - " di un lirico perfettamente maturo ", anche se per esser " troppo alla mano " non può " essere assunta nel rarefatto clima della Vita Nuova ". Per " ragioni linguistiche e tonali " lo stesso Contini ha avvicinato questo componimento al sonetto giovanile Deh, ragioniamo insieme un poco, Amore (Rime LX).

Bibl. - Zingarelli, Dante 239; E.G. Gardner, in " The Times Literary Supplement " 24 nov. 1921; Contini, Rime 73, 48; Barbi-Maggini, Rime 272-274.

Vocabolario
transeat a me calix iste
transeat a me calix iste (lat. «sia rimosso da me questo calice»). – Parole con cui Gesù Cristo (Matteo 26, 39), nella notte di preghiera sul monte degli Ulivi poco prima di essere arrestato, si rivolge al Padre perché allontani da lui...
homo sum, humani nihil a me alienum puto
homo sum, humani nihil a me alienum puto 〈òmo sum umàni nìil a mè ali̯ènum puto〉 (lat. «sono uomo, niente di ciò ch’è umano ritengo estraneo a me»). – Parole pronunciate nell’Heautontimorumenos di Terenzio (I, 1, 25) dal vecchio Cremete,...
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