MONTI, Umberto
MONTI, Umberto. – Nacque a Cervarolo, frazione di Villa Minozzo sull’Appennino reggiano, il 26 gennaio 1882, da Felice e da Annunziata Ferrari.
Orfano del padre, emigrato come manovale nel porto di Genova e vittima dell’epidemia di colera del 1886, condusse per alcuni anni con la madre una «vita randagia », passando la bella stagione al paese e il resto in vagabondaggi a piedi attraverso la Garfagnana, la Lunigiana e le riviere, dormendo nei cascinali e vivendo di carità. Verso i 14 anni perse anche la madre. Frequentò le scuole a Genova, ospite dal 1899 dell’istituto barnabita di Vincenzo Minetti. Successivamente si iscrisse alla facoltà di lettere, aderì al Gruppo democraticocristiano e svolse anche attività di propaganda. Risalgono a quegli anni le sue prime prove letterarie con una plaquette di versi firmata con lo pseudonimo Eliseo Silva (a oggi irreperibile) e la conoscenza di Giovanni Semeria, scrittore e organizzatore cattolico che, dopo la laurea in lettere del novembre 1907 (seguita, nel 1912, da quella in filosofia), procurò a Monti le prime supplenze all’istituto Vittorino da Feltre.
Alle figure carismatiche del barnabita e dell’infaticabile animatore di attività educative rimase sempre legato e, più tardi, dedicò loro due volumetti (Prè Minetti, Genova 1940 e I miei ricordi di P. Semeria, ibid. 1967). Probabilmente per influenza di Semeria (da cui derivò anche l’ammirazione per Giovanni Pascoli) si laureò con una tesi sulla poesia latina cristiana e pubblicò poi il saggio Il carme secolare del cristianesimo (ibid. 1908) e una Bibliografia di Commodiano (in Athenaeum, III [1915], pp. 200-208). A questi interessi si ricollegano l’Antologia nazarena (Roma 1920, 2a ed., ibid. 1923), che arrivò a comprendere anche testi di Gabriele D’Annunzio e Guido Gozzano, e la prima traduzione degli Inni di Prudenzio (Firenze 1925, per la collana «I libri della fede» diretta da Giovanni Papini).
Nel marzo 1911, vinto il concorso come sottobibliotecario nelle biblioteche governative, fu destinato all’Universitaria di Genova. Pubblicò in questi anni due raccolte di poesie (Il canzoniere minuto, Genova 1911, e Dalle rive d’Italia, Milano 1913) e collaborò con articoli letterari e storici alla Rivista ligure di scienze, lettere ed arti, alla Rassegna nazionale, a La Romagna, alla Gazzetta di Genova, al Caffaro e ad altri periodici. Col 1912 avviò la serie di studi pascoliani, ripresi in parte nei volumi La lampada del Pascoli (Genova 1937) e Luci cristiane nel Pascoli (Torino 1942).
Nell’agosto del 1914 sposò Maria Benassi, dalla quale ebbe quattro figli: Felice (1915), Evangelina (1916), Giuseppina (1920) e Giovanni (1924). Richiamato alle armi nell’agosto 1916, in fanteria territoriale, tornò alla Biblioteca universitaria nel 1919, come vicedirettore. Per il XIII congresso della Società per la storia del Risorgimento (1925) pubblicò un carteggio relativo al giornale Italia e popolo e dedicò vari lavori a personaggi dell’epoca (G.B. Cambiaso, Emanuele Celesia, Vincenzo e Ferdinando Podestà e una Bibliografia mameliana nella Gazzetta di Genova del 1916). Nell’aprile 1926 fu trasferito alla Biblioteca Estense di Modena; sul carteggio di Giuseppe Baraldi, lì conservato, pubblicò il saggio Alcuni giudizi inediti sulla prima edizione dei Promessi Sposi (Reggio Emilia 1934).
In quegli anni si interessò della montagna reggiana.
Già nel discorso Amiamo i nostri monti: parole dette in Cervarolo il 9 agosto 1914 aveva sollecitato i suoi compaesani a impegnarsi per lo sviluppo della zona, la protezione delle bellezze naturali e la valorizzazione turistica. Dal 1920 presiedette un comitato per la strada delle Forbici e, dal 1924, organizzò la Sagra delle Forbici nella quale ebbe modo di far includere una manifestazione in ricordo di Pascoli cui partecipò anche la sorella del poeta. Collaborò a La giovane montagna, il periodico del deputato cattolico antifascista Giuseppe Micheli, e a La provincia di Reggio, pubblicato dal socialista Manlio Bonaccioli, con scritti sulla tradizione dei «maggi» e su personaggi e vicende del territorio. Pubblicò inoltre una Guida all’Alpe di S. Pellegrino sotto gli auspici del Club alpino italiano (Modena 1928), altri scritti sul Santuario e le leggende connesse, fra i quali Il santo Pellegrino delle nostre Alpi (Genova 1927), La luce che non si spegne (Milano 1942) e Storia dell’antichissimo santuario di S. Pellegrino delle Alpi (Genova 1956, 2a ed. s.l. [ma La Spezia] 1960), e un altro volume di versi (Tra il Dolo e l’Ozola: canzoniere dell’Appennino reggiano, Reggio Emilia 1932).
Nel 1930 fu sottoposto a indagini politiche per l’intercettazione di una sua incauta lettera a Bonaccioli; in essa chiedeva il recapito parigino di Pietro Montasini, esponente repubblicano della Concentrazione antifascista conosciuto in passato, per raccomandargli un amico che «stanco dell’attuale dominazione borbonica che affligge l’Italia, si è deciso di recarsi in Francia, in più spirabili aere» (Arch. centr. dello Stato, b. 26, lettera 7 novembre 1930). La lettera gli sarebbe costata il licenziamento, se il ministro Balbino Giuliano non fosse stato dissuaso dai prefetti di Modena e Reggio, contrari a rendere nota l’attività di censura postale. Nel gennaio 1931 fu quindi trasferito alla Biblioteca Marciana di Venezia. Per la Soprintendenza bibliografica censì il materiale antico conservato nelle biblioteche di Zara. Nel gennaio 1932, a seguito della morte di Augusto Riccio di Solbrito, fu inviato a reggere la Biblioteca Isontina di Gorizia. Nel novembre 1934 rientrò a Genova e collaborò ai lavori per il trasferimento della Biblioteca universitaria nella nuova sede (1935). Promosso bibliotecario capo nel 1936, non poté avere altri avanzamenti perché non iscritto al Partito nazionale fascista.
Nel 1938 pubblicò il primo e più apprezzato dei suoi volumi di ricordi, Il nido nell’erba. Brandelli di vita vissuta (Genova 1938, rist. nel 1942 a Milano e nel 1958 a Genova), seguito da L’altra famiglia: ricordi di collegio (ibid. 1939).
Il nido rievoca con efficacia, in un’atmosfera fiabesca pur tra sofferenze e lutti, venata dalla nostalgia di un mondo rapidamente scomparso, la vita vagabonda della sua infanzia, prima con carovane di emigranti stagionali che valicavano i passi dell’Appennino a piedi, con donne bambini ed enormi fagotti, bivaccando sotto le stelle, per andare a lavorare in Liguria o in Toscana, e poi solo con la madre sulla strada «grande maestra di umanità».
Dal 1939 collaborò alla pagina letteraria dell’Osservatore romano. Nel gennaio 1942, a seguito del pensionamento di Pietro Nurra, gli venne affidata la reggenza della Biblioteca e l’unito incarico di soprintendente per la Liguria e la Lunigiana, ma nonostante l’appoggio dell’Università e un «nulla osta in linea politica» del federale, il ministero non acconsentì alla nomina di un funzionario privo della tessera del partito. Solo dopo la Liberazione ebbe la promozione a bibliotecario direttore, retrodatata a febbraio 1942, rimanendo però vicedirettore dell’Universitaria sino al collocamento a riposo (1° gennaio 1951).
Socio dell’Associazione italiana biblioteche fin dalla sua fondazione (1930), aderì già dal 1946 alla sua ricostituzione e fu eletto nel primo Comitato regionale della Sezione ligure (1949-53).
Nel dopoguerra dedicò due volumetti alla cronaca, basata su testimonianze locali, della strage tedesca avvenuta a Cervarolo il 20 marzo 1944 (Raffiche di mitra in montagna, Tortona 1946) e della lotta partigiana (Splendori e dolori nella zona del Cusna durante la guerra di Liberazione (1943-1946), Genova 1947). Quest’ultimo segnò l’esordio delle Edizioni Cusna, una sua iniziativa sotto il cui marchio poté essere pubblicata per un decennio una collana di opuscoli. Negli ultimi anni diede alle stampe un profilo di Gian Carlo di Negro (Genova 1950), una breve raccolta di versi Ultimo approdo (1957) e una monografia Castelnovomonti dalle origini ad oggi (Castelnovo 1962). Dei suoi scritti, quasi tutti di carattere aneddotico e divulgativo (circa 250, compresi molti opuscoli oggi introvabili e collaborazioni giornalistiche firmate), non esiste una bibliografia.
Morì a Genova il 24 settembre 1968.
Fonti e Bibl.: Genova, Biblioteca universitaria, Arch. storico, f. pers.; Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale accademie e biblioteche (1950-1980), b. 26; T. Rovito, Letterati e giornalisti italiani contemporanei, Napoli 1922, p. 272; Chi è?, 4a ed., Roma 1940, p. 630; 5a ed., Roma 1948, pp. 619 s.; L’Italia e gli italiani di oggi, Genova 1947, pp. 495 s.; A. Zamboni, Uno scrittore della montagna reggiana, U. M., Genova 1948; P. Alberghi, U. M. il poeta della montagna, in Nuova Gazzetta di Reggio, 26 gennaio 1953; P. Alberghi, Ricordo di U. M., pioniere della montagna reggiana, in Atti e memorie. Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 10, III (1968), pp. 147-153; F. Felcini, Bibliografia della critica pascoliana, Ravenna 1982 (che segnala solo parte dei suoi numerosi contributi); A. Petrucciani, Licenziamenti per motivi politici o razziali nelle biblioteche nel periodo fascista, in Dalla bibliografia alla storia. Studi in onore di Ugo Rozzo, Udine 2010, pp. 217-240.