GNOLI, Umberto
Nacque a Roma il 21 maggio 1878. Figlio di Giuseppa Angelini e di Domenico, letterato, critico e storico dell'arte nonché direttore della Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele in Roma e dell'Archivio storico dell'arte (1888-97), studiò a Spello, presso il collegio Rosi, per poi laurearsi a Roma con Adolfo Venturi discutendo una tesi sull'arte romanica umbra, i cui risultati furono alla base di un contributo pubblicato nel 1906 (L'arte romanica nell'Umbria, in Augusta Perusia, I [1906], pp. 22-25, 41-43).
Interessato dunque fin dall'inizio allo studio delle manifestazioni artistiche di quella regione italiana, lo G. fu tra gli studiosi che raccolsero l'invito a seguire le indicazioni di ricerca date dalla Mostra di antica arte umbra, inauguratasi a Perugia nel 1907 sull'esempio di quella consimile organizzata a Siena tre anni prima. In quell'occasione mise in opera uno studio monografico, L'arte umbra alla Mostra di Perugia (Bergamo 1908), pubblicato nella quinta serie della collezione di monografie illustrate ("Raccolte d'arte") diretta da Corrado Ricci, dove, oltre ad aggiungere notizie di varia natura, rivide soprattutto le attribuzioni con le quali molte delle opere esposte (soprattutto i dipinti), erano state presentate al pubblico nel catalogo, curato per la sola parte delle oreficerie dallo stesso Gnoli.
A Perugia avrebbe incontrato Raimond Van Marle, al quale fu legato poi per un ventennio; e avrebbe trovato consonanza di interessi con alcuni studiosi di arte umbra, come Federico Mason Perkins o Walter Bombe, autore della Geschichte der peruginer Malerei bis zu Perugino und Pinturicchio (Berlino 1912), che pubblicò i propri contributi nella rivista Augusta Perusia di Ciro Trabalza e nella Rassegna d'arte umbra, fondata dallo G. nel 1909.
Il primo numero uscì nel gennaio, con un comitato di patronato che contava fra i nomi dei sostenitori quelli di Vincenzo Ansidei, della contessa Vittoria Aganoor Pompilj, del conte Lodovico Baldeschi, e, fra gli altri, di Bernard Berenson.
L'intento della rivista, che costituì anche il Leitmotiv dello G. pubblicista e studioso, era quello da un lato di "render conto di quanto si fa dagli enti e dai privati per la protezione del patrimonio artistico", ma soprattutto di "far conoscere le opere inedite o mal note" e "pubblicare nuovi documenti", andando così a costituire uno spazio che avesse una spiccata connotazione locale, segnata dalla necessità di dare una voce "regionale" alla storia dell'arte umbra, prestando allo stesso tempo attenzione al mercato inglese e alla critica internazionale (Rassegna d'arte umbra, I [1909-10], 1, pp. 1 s.). Queste dichiarazioni di principio trovano riscontro nella composizione dei primi numeri della rivista. Ai brevi interventi dello G. su ritrovamenti e scoperte di opere di Niccolò di Liberatore detto l'Alunno, Pietro Vannucci il Perugino e Pietro Lorenzetti, alla recensione della mostra del Burlington Club tenutasi a Londra nel 1910, in cui lo G. discuteva le attribuzioni di scuola umbra di "noti critici d'arte e gran collezionisti" (La pittura umbra alla mostra del Burlington Club, ibid., 11, p. 45), si accostavano interventi di esperti internazionali, notizie di cronaca relative a monumenti e opere d'arte della regione e una rassegna bibliografica italiana ed estera, nella quale furono puntualmente segnalati, per esempio, gli articoli di Mason Perkins apparsi su altre riviste, nonché l'uscita, nello stesso 1909, dei Central Italian painters di Berenson.
Alle questioni di natura attributiva si affiancò una sezione "Note e documenti" a firma di Antonio Briganti.
Il nuovo impulso dato anche a livello internazionale agli studi sull'arte umbra trovò un momento di verifica nell'iniziativa portata avanti dallo G., dal 1910 ispettore ai Monumenti per l'Umbria per la provincia di Perugia, di trasformare la Pinacoteca comunale del capoluogo umbro in Regia Galleria nazionale col passaggio di consegne al ministero della Pubblica Istruzione, progetto attuato l'8 ag. 1918.
Lo G., nominato soprintendente alle Gallerie, tra il 1921 e il 1922 mise a punto un nuovo ordinamento della raccolta, fondato sulla più completa attuazione di quel principio cronologico-stilistico già in parte applicato dall'allora direttore Francesco Moretti in occasione della Mostra del 1907 alle opere esposte.
Durante la sua direzione, conclusasi nel 1926 con la nomina di Achille Bertini Calosso, lo G. vide accrescere il patrimonio della Galleria grazie a una serie di importanti acquisizioni, dai marmi di Arnolfo di Cambio (1920), alla donazione Monaldi (600 opere), a quella, sempre del 1920, di Berenson dello stendardino di Francesco di Gentile con l'Adorazione del Bambino e l'Annunciazione nella cuspide. Al tempo stesso sovrintese a una campagna di restauri affidati a Giuseppe Colarieti Tosti e a Giustino Cristofani.
Durante gli anni della sua soprintendenza fu istituito nel 1923 il Museo dell'Opera del duomo, corredato di un catalogo redatto dallo stesso G. (Museo dell'Opera del duomo di Perugia. Catalogo, Perugia s.d. [ma 1923]), che nel 1927 curò quello della Galleria nazionale (La Pinacoteca di Perugia. Catalogo, Firenze).
L'attenzione al materiale documentario proveniente dagli archivi umbri, sempre viva nello G., diede indirettamente luogo a polemiche, anche aspre, tra lo stesso G. e gli studiosi locali, nelle quali dovettero maggiormente pesare ragioni d'interesse municipale rispetto ai motivi di metodo o di merito addotti.
Nel 1906 ebbe corso quella con l'allora ispettore ai Monumenti per l'Umbria per la provincia di Spoleto Giuseppe Sordini. Recensendo la guida Spoleto e dintorni (1905) di Giuseppe Angelini-Rota nella Rassegna d'arte (VI [1906], 2, p. 32), lo G. aveva contestato la tesi, sostenuta dall'estensore del testo sulla base di una più antica ipotesi di H. Grisar (1895), secondo la quale l'iscrizione "Gregorius Melioranzio" leggibile tra i girali del portale del duomo si sarebbe riferita all'autore del portale, capostipite di una famiglia di marmorari attivi in Umbria nel XII secolo. La risposta di Sordini giunse immediatamente, nel numero successivo della rivista (3, pp. 45-47), aprendo un caso circa la priorità di una tale intuizione.
Le puntualizzazioni di Sordini ricordano da vicino la successiva polemica fra lo stesso G. e il direttore del Bollettino della R. Deputazione di storia patria per l'Umbria Giustiniano Degli Azzi, il quale nel 1915 si oppose, dimostrando punto per punto le sue ragioni, alla dichiarazione di inedito di molte delle note archivistiche pubblicate dallo G. nel Bollettino d'arte di quello stesso anno col titolo Documenti inediti sui pittori perugini (IX, pp. 119-128, 305-312), estendendo le accuse agli "autorevoli specialisti" del comitato di redazione della rivista ministeriale e al direttore generale Corrado Ricci. Lo G. rispose respingendo ogni accusa in maniera decisa e documentata in uno scritto destinato nelle sue intenzioni a comparire sulle pagine del Bollettino della Deputazione di storia patria, istituzione di cui pure era socio, ma che vide la luce soltanto in un opuscolo pubblicato a parte e con diffusione poco più che privata.
L'acribia critica degli studiosi locali non avrebbe distolto però lo G. dall'esame delle fonti umbre. La documentazione d'archivio fu fondante per la redazione del volume monografico sul Perugino, uscito nel 1923 in occasione del quarto centenario della morte, per i tipi delle Edizioni d'arte di Spoleto di Claudio Argentieri: in esso lo G. passava a discutere delle opere solo dopo aver fissato tutti i dati documentari sull'artista nella sezione d'apertura, che fu alla base lo stesso anno per una pubblicazione autonoma, I documenti su Pietro Perugino (Appendice al Bollettino della R. Deputazione di storia patria per l'Umbria, n. 6).
Simili principî di metodo animarono anche l'edizione del vasto repertorio organizzato alfabeticamente dedicato ai Pittori e miniatori nell'Umbria, edito nello stesso 1923 ancora per Argentieri in 1000 copie numerate (rist. anast., Foligno 1980).
Nella prefazione lo G. dava conto delle linee generali del lavoro, che raccoglieva il frutto delle ricerche da lui condotte in quegli anni come direttore della Galleria di Perugia, ma già in parte avviate nell'articolo sui pittori perugini del 1915 (Bollettino d'arte) e nella Storia della pittura perugina (Note e documenti), un'ampia recensione al libro di Bombe pubblicata nella Rassegna d'arte antica e moderna (n.s., I [1914], pp. 246-252). L'intenzione era quella di rendere noto un vasto materiale di "spoglio di tutti gli archivi della regione" (p. 6) inedito o già noto, confrontando i dati biografici di pittori e miniatori, spesso rimasti senza opere, con quanto era a sua conoscenza della produzione umbra, tanto in Italia che all'estero, nelle raccolte pubbliche e in collezioni private. L'opera costituisce una sorta di summa prima ancora che dell'azione di tutela, dell'esperienza dello G., che intreccia itinerari regionali scanditi sia dalla serie degli inediti pubblicata nel primo ventennio del Novecento, sia da direttrici internazionali, seguendo un percorso sviluppatosi in stretto contatto con Berenson, Mason Perkins e Van Marle. Vi confluiscono la capillare conoscenza dello G. del collezionismo anglosassone, già evidente nella recensione alla mostra del Burlington Club; le spigolature dai musei francesi di provincia pubblicate qualche anno prima (L'arte italiana in alcune gallerie francesi di provincia. Note di viaggio, in Rassegna d'arte, VIII [1908], pp. 155-160, 186-193, 204-206); la revisione di alcune attribuzioni maturate in quegli anni, che nel caso delle due opere conservate all'Isabella Stewart Gardner Museum di Boston furono riportate nel catalogo del 1931 (Hendy): la cosiddetta Annunciazione Gardner, acquistata per Isabella Gardner da Berenson come opera di Fiorenzo di Lorenzo, ma ricondotta fin dal 1921 dallo G. all'ambito di Antoniazzo Romano (Annunciazione Gardner, in Art in America, III [1921], pp. 71 s.); e la predella raffigurante la Morte della Vergine, ascritta dallo G. a Bartolomeo Caporali fin da questo volume del 1923. Il copioso indice topografico a chiusura dell'opera esemplifica l'intento dello G., la cui frequentazione del mercato d'arte internazionale fornisce il secondo pilastro su cui si sviluppa il repertorio accanto all'esame delle fonti: "le biografie sono corredate di un elenco delle opere, pitture, miniature e disegni, ricordando solo quelle che ritengo di mano dei maestri di cui mi occupo o che io attribuisco loro. Quando trattasi di opere a me sconosciute, inscrivo fra parentesi il nome di chi quell'attribuzione ha autorevolmente proposta" (p. 6). La stessa scelta editoriale del precedente volume sul Perugino, le Edizioni d'arte di Claudio Argentieri specializzata in lussuose monografie rivolte a un pubblico amatoriale, la tiratura limitata e l'indice maneggevole in cui il lettore poteva ritrovare facilmente "quali pitture di maestri umbri trovinsi in ogni città, chiesa, galleria o privata collezione" (p. 7), rendono conto del pubblico cui era rivolto il repertorio, che si propone ancora oggi fra gli strumenti di studio come antecedente delle indagini di geografia artistica degli anni Settanta, mutato il contesto e la metodologia di ricerca.
L'indice dei Pittori e miniatori dell'Umbria rimanda a un contesto internazionale di conoscitori e collezionisti in cui ritroviamo lo G. come consulente italiano del Metropolitan Museum di New York e collaboratore del bimestrale edito a New York da Frederic Fairchild Sherman, Art in America, i cui interventi in forma di expertise con firma anastatica, venivano siglati da M.J. Friedlander, T. Bolton, M. Logan Berenson, F. Mason Perkins e R. Offner.
L'attenzione agli studi umbri fu occasione di accesa polemica nel 1935 con il suo successore alla soprintendenza alle Gallerie, Achille Bertini Calosso, a proposito di una Madonna con Bambino tra i ss. Antonio abate e Maddalena della parrocchiale di Castiglione del Lago.
Già esposta alla mostra di Perugia del 1907, a seguito del restauro compiuto da Pico Cellini nel 1935 e promosso da Bertini Calosso, fu da quest'ultimo pubblicata con l'attribuzione a Raffaello, provocando su Pan dello stesso anno (III, 6, pp. 187-197), la rivista diretta da Ugo Ojetti, l'aspra risposta dello G. che proponeva il nome di Sinibaldo Ibi. Oggi la tavola è, per la scoperta di un documento, saldamente attestata a Eusebio di Iacopo da S. Giorgio, con la partecipazione di aiuti (Guerrieri).
Gli ultimi anni dello G. furono dedicati a riprendere gli studi di topografia romana del padre, pubblicando una serie di scritti fra loro collegati dal comune denominatore della ricerca documentaria; dopo gli Alberghi e osterie di Roma nella Rinascenza (Spoleto 1935), seguì sulle pagine del Vasari (Facciate graffite e dipinte in Roma, VIII [1936-37], pp. 89-123; IX [1938], pp. 24-49) il repertorio dedicato alle facciate graffite e dipinte, che riprendeva le ricerche di Domenico apparse sull'Archivio storico dell'arte.
L'introduzione alle schede ricongiunge gli ultimi lavori romani al repertorio umbro del 1923, chiudendosi nel 1939 con il saggio di topografia romana, Topografia e toponomastica di Roma medioevale e moderna (Roma 1939: riedito con introduzione di L. Jannattoni, Foligno 1984) in cui confluiscono schede e appunti del padre cresciuti sulla mostra topografica da lui allestita nel 1903 alla Biblioteca nazionale.
Morì a Campello sul Clitunno, presso Spoleto, il 15 genn. 1947.
Oltre agli scritti dello G. citati nel testo, si ricordano: Su due iscrizioni umbre del secolo XII, in Augusta Perusia, II (1907), p. 19; Una predella sconosciuta di Allegretto Nucci, in L'Arte, IX (1908), pp. 229-231; Un quadro sconosciuto di Giacomo Francia, in Rassegna d'arte, VIII (1908), p. 27; Matteo da Gualdo. Opere sconosciute e opere non sue, in Vita d'arte, II (1909), 3, pp. 151-157; Un polittico di Pietro Lorenzetti scoperto a Gubbio, in Rassegna d'arte umbra, I (1909-10), pp. 22-25; Un dipinto di Antoniazzo al Louvre, ibid., pp. 63 s.; Un dipinto inedito del Perugino, ibid., pp. 77 s.; Una tavola sconosciuta dell'Alunno, ibid., pp. 123 s.; Opere sconosciute di Pietro Alemanno, in Rassegna d'arte, XI (1911), p. 206; Un dipinto sconosciuto di Simone de' Crocifissi, ibid., XII (1912), p. 47; Pietro Vannucci, in Rassegna d'arte antica e moderna, n.s., V (1918), pp. 120 s.; Madonne di Fiorenzo di Lorenzo, in Dedalo, I (1920-21), pp. 355-360; Fiorenzo di Lorenzo, in Rassegna d'arte umbra, III (1921), pp. 114-119; Ottaviano Nelli, in Art in America, IX (1921), pp. 21-23; Antonio da Viterbo, ibid., p. 24; Il tesoro di San Francesco di Assisi, in Dedalo, II (1921-22), pp. 421-441, 555-579.
Fonti e Bibl.: Catalogo della Mostra d'antica arte umbra, Perugia 1907; G. Degli Azzi Vitelleschi, Analecta Umbra, in Boll. della R. Deputazione di storia patria per l'Umbria, XXI (1915), pp. 441-448; P. Hendy, Catalogue of exhibited paintings and drawings. The Isabella Stewart Gardner Museum, Boston 1931, pp. 18, 84; L. De Gregori, U. G., in Strenna dei romanisti, VIII (1947), pp. n.n.; F. Santi, Galleria nazionale dell'Umbria. Dipinti, sculture e oggetti d'arte di età romanica e gotica, Roma 1969, pp. 9-14; O. Guerrieri, La tavola di Castiglion del Lago (a proposito di una attribuzione e di una polemica), in Boll. della Deputazione di storia patria per l'Umbria, LXXI (1974), 2, pp. 131-135; F. Zeri, Premessa, in U. Gnoli, Pittori e miniatori nell'Umbria (1923), Foligno 1980, pp. 11-17; R. Trabalza, Regionalismo nella cultura del primo Novecento. Storia di una rivista umbra: Augusta Perusia (1906-1908), Firenze 1981, pp. 26-28, 81; M. Bencivenni - R. Dalla Negra - P. Grifoni, Monumenti e istituzioni, II, Il decollo della riforma del servizio di tutela dei monumenti in Italia, 1880-1915, Firenze 1992, pp. 432 s.