BOTTONE, Umberto (Auro d'Alba)
Nacque a Schavi d'Abruzzo il 14 marzo 1888 da Giuseppe e da Maria Amici. Amico di Sergio Corazzini ed introdotto in un piccolo cenacolo di giovanissimi poeti e scrittori (tra i quali figurava anche Armando Mazza), esordì con una raccolta di poesie, Lumi d'argento (Roma 1905), alla quale seguì un'altra raccolta, Corde ai fianchi (Roma 1910).
Entrambe queste opere, pervase da un mistico, estetizzante interesse per la vita monacale, testimoniano la presenza di influssi crepuscolari e simbolisti. Il poeta che però contò maggiormente nella formazione del B. fu il D'Annunzio, da lui ammirato ed amato anche se, nella giovanile ansia di novità e nel desiderio di sottrarsi al fascino di un modello tanto superiore, egli tenterà presto esperienze diverse.
Nel 1912 il B. venne a contatto con i futuristi, inviando a Marinetti alcune liriche, che furono da questo declamate al Teatro Dal Verme di Torino nel corso di una delle tante "serate futuriste"; altre liriche vennero inserite nell'antologia Poeti futuristi (Milano 1912). Finalmente in occasione della "serata" al Teatro Costanzi di Roma (21 febbr. 1913), il B. conobbe personalmente Marinetti e, subendo il fascino della sua prorompente vitalità, entrò a far parte del movimento futurista. Ma più che una cosciente accettazione dei Principî del futurismo operò nel B. una generica - e piuttosto superficiale - ansia di rinnovamento e di rottura con la tradizione letteraria italiana, cosicché egli non fu che uno dei tanti giovani del "proletariato dei geniali" che Marinetti, in veste di organizzatore e di mecenate, raccoglieva intorno a sé in quegli anni.
Le opere del B. ispirate al futurismo sono due "sintesi teatrali" (firmate con lo pseudonimo Auro d'Alba, che il B. userà anche successivamente): I carri e Il cambio (in Teatro futurista sintetico, Milano 1916) e Baionette (Milano 1915), raccolta di poesie, alcune delle quali già apparse su Lacerba, in cui, accanto a liriche dal carattere più decadentista che futurista, sono presenti anche originali e vivaci composizioni di parole in libertà.
Tuttavia, già nel 1916, abbandonando sia il verso libero sia il linguaggio iconoclasta proprio dei futuristi (di cui era un esempio Il soggetto nella poesia futurista, in Lacerba, II [1914] pubblicava le Canzoni della guerra, breve raccolta di novelle in versi (Milano 1916), in cui l'aggressivo nazionalismo futurista si stemperava in un sentimentalismo lacrimoso ed edulcorato nella rappresentazione di tenui vicende di bimbi che attendono e pregano per i loro babbi combattenti: l'opera, in sostanza piegata a fini propagandistici, esortava all'amor di patria, alla fede, al sacrificio. Risale a questo periodo la collaborazione alla rivista napoletana La Diana (1915-1917) di Gherardo Marone, largamente ispirata all'"avanguardismo" di Lionello Fiumi, movimento a cui il B. si accostò nella ricerca di una via che rifiutasse le stravaganze del futurismo e non soggiacesse alla tradizione. In questo periodo diresse a Roma le Cronache letterarie, fino a che non partì per il fronte.
Decorato con una medaglia d'argento e una croce di guerra, nel dopoguerra, dopo aver aderito al Partito politico futurista, si unì ai seguaci di Mussolini e collaborò al Popolo d'Italia. Successivamente fu membro del primo direttorio del fascio romano di combattimento e fondò a Roma una squadra d'azione cui diede nome La Guascona. Partecipò ad azioni squadristiche ed alla marcia su Roma nello stato maggiore dello squadrismo dell'Urbe. Nel 1923, quando venne fondata la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, collaborò alla sua organizzazione e ne divenne in seguito capo dell'ufficio stampa e console generale.
Nelle opere pubblicate tra il 1920 e il 1930, in versi e in prosa, non manca un nucleo sia pure esile ma originale di poesia, uno spontaneo ed ingenuo amore per la vita espresso, nei momenti migliori, in modi vivi e fantastici, quasi fiabeschi; ma troppo spesso questi motivi vennero distorti e soffocati o da sollecitazioni esterne o dall'esigenza di adeguarsi a modelli letterari che non gli erano consentanei. Inoltre l'estrema facilità nel verseggiare, di cui il B. fu naturalmente dotato, gli impedì in pratica di elaborare un linguaggio personale.
Nel 1930 il B. pubblicò a Roma il romanzo Nostra famiglia che ebbe un certo consenso di critica tra la stampa più fedele al regime. Nel romanzo, in parte autobiografico, il B. trasfigura la propria famiglia (la moglie Marta, i figli Sergio e Ofelia) simboleggiando in essa la famiglia fascista ed esaltando i valori del lavoro, della milizia, della colonizzazione e della guerra. La produzione degli anni successivi invece fu sempre più ispirata a motivi religiosi, specialmente dopo il suicidio della figlia diciottenne Ofelia (23 marzo 1932). Ma la "conversione" al cattolicesimo fu dal B. sfruttata abilmente, negli anni che seguirono la Conciliazione, su un piano politico propagandistico: così nel libro La tortura della grazia (Roma 1932), esponeva in forma di dialogo le proprie meditazioni religiose e tentava, in forme più lirico-fantastiche che storicamente e ideologicamente pensate, di conciliare la morale cristiana con l'etica fascista e di indicare l'importante funzione della Chiesa cattolica nello Stato fascista. Dal 1932 ebbe anche inizio la sua collaborazione (protratta fino al 1936) alla rivista fiorentina Il frontespizio, ispirata anch'essa al tentativo di conciliare istanze cattoliche e fasciste.
Nel settembre del 1935, quando venne costituito il Reparto mobile stampa propaganda e storico della milizia, la direzione fu affidata al B., che con questo incarico partecipò alla guerra d'Etiopia, distinguendosi in azioni che gli valsero una medaglia d'argento al valor militare e due croci al merito di guerra.
Risale a questi anni la composizione di poesie quali: Preghiera del legionario,Duce,Cantate di legionari,L'aquila legionaria, ecc., alcune delle quali, cantate dai militi in occasione di pubbliche celebrazioni, gli valsero la denominazione di poeta ufficiale della milizia.
Alla fine della seconda guerra mondiale il B. fu internato in un campo di concentramento; dopo la liberazione collaborò a Il Popolo di Roma e dal 1947 al 1965 all'Osservatore romano della Domenica sotto lo pseudonimo di Benigno, con articoli di meditazione religiosa e considerazioni moralistiche e con la rubrica L'appuntamento della carità. Scrisse anche sulla rivista cattolica Città di vita. Pubblicò ancora due raccolte di versi: Riù (Siena 1949) e I tetti hanno freddo (Napoli 1954).
In questi versi, ispirati soprattutto a motivi religiosi, si fa manifesto un certo influsso dell'ermetismo (dal B. peraltro rifiutato come poesia degenere) attraverso una maggior essenzialità del linguaggio. Tale caratteristica però è presente solo a tratti, poiché permane e prevale la tendenza all'uso di termini volutamente arcaicizzanti, ad un linguaggio ricercato, ad uno stile enfatico, sostanzialmente fedele al modello dannunziano.
Dopo aver pubblicato un libro di memorie, Formato tessera (Milano 1956), il B. chiuse la sua attività letteraria con un'ampia raccolta di liriche: Poesie (Milano 1961).
Morì a Roma il 15 aprile del 1965.
Altre opere: A l'alpeggio (Ferrara 1917); Cosmopolite (Firenze 1920); L'ultima strada (prose, Napoli 1920); Capelli sul cuscino (novelle, Milano 1921); Tre sagre (Torino 1923); Il tempo perduto (romanzo, Milano 1924); Nostalgie d'amore (romanzo, Milano 1925); Il paradiso della mia tristezza (Roma 1927); Ofelia d'Alba (Milano 1934); Tonici (aforismi, già pubblicati sul Frontespizio, Roma 1938).
Bibl.: G. Manzella Frontini, Auro d'Alba, Palermo 1927; G. Urbani, Un poeta dell'Italia nuova, Pisa 1927; C. Pelizzi, Le lettere ital. nel nostro secolo, Milano 1929, pp. 227 s.; N. Sigillino, Auro d'Alba, Roma 1931; L. Tonelli, Profilo: A. d'Alba, in L'Italia che scrive, XVI (1933), pp. 65 s.; L. Fiumi, Poesia italiana contemporanea: A. d'Alba, in Mélanges de philologie,d'histoire et de littérature offerts a Henri Hauvette, Paris 1934, pp. 805-813; E. Savino, La nazione operante, Milano 1934, pp. 584 s.; A. Gargiulo, Poesia ital. del '900, Firenze 1940, pp. 288 s.; L. Fiumi, Parnaso amico, Milano 1942, pp. 209-230; M. S. Mazza, Not for art's sake: the story of Il Frontespizio, New York 1947, ad Indicem;A. Tosto de Caro, A. d'Alba poeta del dolore trasfigurato, in Città di vita, XIV (1959), pp. 591-599; V. Passeri Pignone, 50anni di poesia di A. d'Alba,ibid., XVII (1962), pp. 541-547; A. d'Alba o del riserbo,ibid., XX (1965), pp. 581-583; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920, Torino 1965, p. 476. Per ulteriore bibliogr. si rimanda a A. Mazzotti, Repertorio bibliografico aggiunto ai "Contemporanei", Milano 1964, pp. 65 s.