Boccioni, Umberto
Dipingere il movimento e scolpire lo spazio
Chi di noi ha mai pensato che camminando o correndo modifica lo spazio che lo circonda? O che il nostro stato d'animo si riflette anche nell'aria e nelle cose vicine? Al principio del Novecento, il pittore e scultore italiano Umberto Boccioni ha cercato di rappresentare visivamente queste idee. Con altri artisti ha inventato il futurismo: un movimento che vuole rappresentare la vita moderna in tutto il suo dinamismo.
Nato a Reggio Calabria nel 1882, dopo un'infanzia trascorsa in varie città italiane, nel 1901 Boccioni giunge a Roma e si iscrive all'Accademia di belle arti. Qui conosce il pittore Gino Severini e insieme frequentano lo studio di Giacomo Balla, artista già affermato. Boccioni vi apprende la cosiddetta tecnica divisionista: un tipo di pittura basata sull'uso di colori puri, non mescolati tra loro e disposti sulla tela in piccole pennellate affiancate densamente. Nel 1910 incontra il poeta e scrittore Filippo Tommaso Marinetti: un carattere rivoluzionario che l'anno prima aveva pubblicato a Parigi il Manifesto del futurismo, un vero e proprio programma per rinnovare l'arte, la letteratura e la vita. Dalle discussioni con questi amici, prende avvio il futurismo in pittura e in scultura e Boccioni ne diventa uno dei maggiori interpreti.
Nel 1910 Boccioni firma il Manifesto dei pittori futuristi e La pittura futurista: manifesto tecnico, nei quali si legge: "Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido"; e ancora: "le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono". Il pittore del nuovo secolo si trova di fronte a una realtà diversa: la città è una metropoli affollata, con tensioni politiche, automobili e biciclette che corrono. E poi ci sono i treni, i primi aerei e insieme il rumore, la concitazione. Come rappresentare tutto ciò? Nelle opere futuriste di Boccioni troviamo proprio questi temi: la velocità delle macchine, degli uomini e anche dei cavalli ("un cavallo in corsa non ha quattro gambe: ne ha venti"); la simultaneità, ossia la presenza di situazioni fisiche o temporali diverse nella stessa scena; lo stato d'animo.
In una delle sue opere più famose, La città che sale del 1910-11, l'artista rappresenta la frenetica crescita di una città moderna: sullo sfondo un cantiere di un edificio in costruzione e, in primo piano, le forze del progresso che arrivano a cavallo di bestie inferocite, travolgendo i corpi e agitando gli animi. In Visioni simultanee, del 1911, Boccioni dipinge, nella stessa scena, una veduta d'interno, una donna nella sua casa, e una d'esterno, la strada con i palazzi e i passanti. In questa immagine si mescolano i dati reali della vita urbana e i pensieri della donna. Nella serie degli Stati d'animo, del 1911, il pittore vuole raffigurare lo stato d'animo umano che si riflette anche nell'aria e nelle cose vicine: il flusso di energia prodotto dalle emozioni si diffonde attraverso le linee e il colore.
Boccioni cerca di rappresentare il movimento e la fusione fra i corpi e lo spazio anche in scultura. Utilizza in una stessa opera materiali diversi, come il legno, la carta, il vetro e il metallo. La sua scultura più straordinaria è Forme uniche della continuità nello spazio, del 1913, che riproduce un uomo nell'atto di correre insieme con gli elementi esterni, come il vento e lo spostamento d'aria.
Intorno al 1914 Boccioni attraversa un periodo di profonda crisi, provocata dal suo coinvolgimento attivo nella vita politica. Come molti altri futuristi, affascinati dagli aspetti eroici e dinamici della guerra, si schiera a favore della partecipazione italiana alla Prima guerra mondiale. Inizia una nuova fase artistica. L'artista torna a rappresentare figure piene, modellate secondo un tradizionale stile continuo. Di questo periodo è il Ritratto del maestro Ferruccio Busoni: un celebre musicista dell'epoca, teorizzatore di nuove frontiere musicali, precursore per certi aspetti anche della musica elettronica. Nel luglio del 1915 Boccioni si arruola volontario e parte per il fronte. L'anno successivo muore, presso Verona, per una caduta da cavallo.