ALDOBRANDESCHI, Umberto
Figlio di Guglielmo conte di Sovana e Pitigliano, tra il 20 e il 29 marzo 1251 fu col padre e col fratello Ildebrandino ad Orvieto per confermare i precedenti patti di alleanza e fedeltà al Comune. Nel 1254 fu a capo della cavalleria perugina ed orvietana contro alcuni castelli ghibellini, mentre l'anno seguente, capitano dell'esercito orvietano, sconfisse le truppe di Todi e Foligno.
Al ritorno, essendo Siena riuscita ad impossessarsi del castello di Montorsaio, e mirando a quelli di Sassoforte e brniella - che cadde poi nel 1255 (o 1256)-mentre stabiliva un indiretto controllo su quello di Campagnatico, Umberto piombò in Scansano per catturare i signori di Sassoforte, ribelli agli A., senza riuscire a prenderli; quindi si recò a Firenze, forse per averne aiuti contro le mene senesi tendenti ad accerchiarlo. Il 4 luglio, insieme col fratello, fu invitato ad un trattato di pace, firmato il 31 successivo e promosso da Siena stessa fra le città toscane.
Certamente Siena dovette creare molte difficoltà all'A., che forse cercò di difendersi in ogni modo, riuscendo anche, nella seconda metà del 1255, ad ottenere l'alleanza del cugino Ildebrandino di Santafiora, irritato dall'eccessivo interesse della città soprattutto per Grosseto e per il castello di Sassoforte. Prova del perdurare delle ostilità può essere la cattura di ambasciatori senesi da parte dell'A., che, nel gennaio 1257, promise al cugino Ildebrandino di liberarli, senza poi mantenere la promessa; e può esserlo, inoltre, il fatto che nell'aprile successivo Grosseto chiedeva cinquanta soldati a Siena, contro il pericolo che per essa rappresentavano gli Aldobrandeschi.
Sulla sua morte si ha più di una versione, opinando alcuni, come il Malavolti, che sia stato fatto uccidere dai Senesi in Campagnatico, altri, come il Montauri e il Tommasi, che sia stato strozzato nel suo letto per opera di mercenari pagati da Siena stessa, altri ancora che sia caduto combattendo nella piazza di Campagna-fico, circondato da molta gente, allorché il suo cavallo, colpito alla testa, cadde a terra morto.
Di certo sembra si possa dire soltanto che in quel periodo, e fin dalla metà del 1258,si combatté intorno a Campagnatico, ove Siena teneva una scorta, per quanto fosse un castello infeudato ai Visconti di Campiglia e sottoposto alla signorià degli Aldobrandeschi. Non si sa se il castello cadesse nelle mani del conte; se ciò accadde, egli dovette essere ucciso dai sicari in seguito (ma non oltre la metà del febbraio 1259); altrimenti avrebbe potuto esserlo nel tentativo di impadronirsi del castello. In favore della tesi Montauri-Tommasi, potrebbe essere una prova il fatto che alle stesse persone ricordate come sicari, il 19 genti. 1259 Siena assegnò una somma per i servizi che le avevano reso.
Dante lo annoverò - ricordando anche il padre Guglielmo - tra le anime dei superbi penitenti nella prima cornice del Purgatorio (XI, vv. 58-72).
Fonti e Bibl.: Ephemerides Urbevetanae,in Rer. Italic. Scriptores,2 ediz., XV, 5, a cura di L. Fumi, Annales Urbevetani, ibid., passim; Cronica di Luca di Domenico Manenti, ibid., passim; Cronaca senese di Autore anonimo, ibid.,2 ediz., XV, 6, passim; Cronaca senese di Paolo di Tommaso Montauri, ibid., passim;G.Tommasi, Dell'Historia di Siena,Venezia 1625, V, pp. 287-288, 298; O. Malavolti, Dell'Historia di Siena,Siena 1906, pp. 147, 181; O. Ciacci, Gli Aldobrandeschi nella storia e nella Divina Commedia,I e II, Roma 1935, passim (riferisce e discute anche le varie ipotesi sulla morte dell'A.).