Ulisse
L’eroe dell’astuzia
Nella mitologia greca, in cui è protagonista di numerosissime avventure, Ulisse incarna il simbolo dell’uomo che riesce a superare le prove della vita con la forza dell’ingegno versatile e curioso. Il suo mito ha avuto enorme fortuna nella civiltà occidentale
Nelle civiltà antiche le comunità presentano spesso ‘tipi fissi’, personaggi con ruoli ben definiti all’interno della società. Uno di questi è il trickster: briccone, pirata, furfante e menzognero, sempre in cerca di nuove avventure e amante del pericolo, è una sorta di eroe dell’astuzia, dai mille volti e dalle mille risorse. Anche Odisseo (l’Ulisse latino), probabilmente, nasce nel folclore antichissimo dei Greci come un personaggio di questo tipo. Il suo nome, forse non greco, è stato accostato a un verbo odùssomai «sono irato», in quanto i suoi continui inganni provocano l’ira degli dei e degli uomini.
La letteratura occidentale si apre con i due poemi di Omero: in essi Odisseo ha un ruolo di spicco e rappresenta, nel nostro immaginario, l’eroe dell’astuzia accanto ad Achille, eroe della virtù militare. Già nell’Iliade, Odisseo, re dell’Isola di Itaca, dove ha lasciato la fedele moglie Penelope e il figlio Telemaco, si distingue dagli altri eroi: non ama combattere in duello e preferisce l’imboscata. Insieme a Diomede si rende protagonista di una sortita in campo troiano, dove uccide nel sonno numerosi guerrieri. L’impresa più famosa è senz’altro l’inganno del cavallo, azione risolutiva della lunga guerra. L’ira degli dei favorevoli ai Troiani, tuttavia, punisce duramente Odisseo, costretto a peregrinare per tutti i mari e a superare terribili prove prima di poter tornare in patria. Le sue avventure sono narrate, appunto, nell’Odissea.
Sfuggito alla crudeltà del popolo dei Ciconi, Odisseo giunge tra i Lotofagi e riesce a evitare che i compagni dimentichino la loro patria mangiando il magico loto. Sbarcato su un’isola, s’introduce nella caverna del Ciclope Polifemo per sottrargli il cibo; il mostruoso gigante, una volta tornato, rinchiude nell’antro Ulisse e i compagni, divorando alcuni di questi. L’eroe riesce con un inganno a farlo ubriacare e quindi, resolo cieco, a fuggire. Il dio del mare Posidone (Nettuno per i Latini), padre del Ciclope, scatena, però, contro di lui furibonde tempeste. Peregrinando nelle lontane regioni occidentali l’eroe incontra Circe, che trasforma i suoi compagni in porci, ed è costretto a evocare le ombre dei morti per conoscere il suo futuro.
Dopo aver superato il pericolo delle Sirene – che stregano i marinai con la loro voce ammaliante – e di Scilla e Cariddi – mostruose creature che stritolano le navi al loro passaggio – approda ormai solo nell’isola di Calipso, una ninfa che si innamora di lui e non lo lascia partire per lungo tempo. Ancora un’ultima sosta nell’isola dei Feaci e Odisseo potrà, su decisione degli dei, tornare a Itaca, dove dovrà affrontare i pretendenti della moglie che cospirano contro di lui. Ancora una volta, con l’astuzia e con l’inganno, riuscirà a ristabilire il suo potere e compirà sui nemici una vendetta senza pietà.
Odisseo è l’eroe dai molti volti: se nei poemi omerici sono sottolineate le sue qualità positive, nella letteratura e nell’immaginario successivi si preferisce evidenziare quelle negative: l’inganno e la violenza, il cinismo e la perfidia. Così, nel teatro dell’Atene classica, Odisseo è spesso protagonista di episodi negativi. Inizia in questo modo la rappresentazione di una figura che simboleggia l’ardire dell’uomo che non rispetta i valori tradizionali. Nel Medioevo cristiano, proprio sulla tradizione dei suoi inganni e delle avventure spregiudicate, Ulisse accentua il suo profilo negativo: così l’Ulisse dantesco, dannato nell’Inferno, rappresenta il simbolo di ciò che l’uomo osa contro i limiti fissati da Dio, ma al tempo stesso anche il fascino irresistibile della sete di conoscenza. Il romanticismo rivaluterà Ulisse, vedendo in lui uno dei tanti eroi che si scontrano con il loro destino.
Nel Novecento, infine, sarà lo scrittore irlandese James Joyce, nel romanzo appunto intitolato Ulysses, a indicare nella figura del mito greco il lontano archetipo delle peregrinazioni e delle angosce quotidiane dell’uomo contemporaneo.