IGLIORI, Ulisse
Nacque a Firenze il 18 dic. 1895, da genitori ignoti. In giovane età, privo di mezzi, abbandonò lo studio e si arruolò nella marina mercantile, girando il mondo per alcuni anni. Tornato nella città natale, conseguì la licenza liceale.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, si arruolò come soldato e fu assegnato al 69° reggimento fanteria. Durante il conflitto l'I. compì una brillante carriera, divenendo tenente nel 70° reggimento fanteria.
Il 12 nov. 1915 fu ferito a Oslavia e decorato sul campo con la medaglia d'argento. Il 16 maggio 1916, durante uno scontro con gli Austriaci sul monte Maronia, in Trentino, fu ferito ripetutamente, guadagnandosi la medaglia d'oro al valor militare. Caduto prigioniero, fu internato a Mauthausen, dove rimase dieci mesi. In seguito alle ferite riportate in combattimento subì l'amputazione del braccio sinistro.
All'epoca dell'impresa fiumana, l'I., che si trovava nella città come impiegato della Banca italiana di sconto, divenne uno fra i più accesi sostenitori di G. D'Annunzio, che lo nominò proprio ufficiale d'ordinanza e successivamente comandante della compagnia della guardia, la cosiddetta "Disperata". Dopo il "Natale di sangue" (1920), l'I., su invito di D'Annunzio, si recò a Roma, dove si iscrisse al Fascio romano, diretto all'epoca da un triumvirato - composto da G. Bottai, G. Calza Bini e G. Polverelli - da cui ebbe, nel marzo 1921, l'importante incarico di organizzare le squadre d'azione di Roma e del Lazio. Da quel momento le vicende dell'I. furono strettamente legate allo sviluppo dello squadrismo fascista. Alla fine dell'anno contribuì alla definizione delle norme per l'organizzazione delle squadre, che, diramate agli inizi del 1922, stabilirono la suddivisione dell'Italia in quattro zone. L'I. fu nominato ispettore generale della III zona, che comprendeva l'Abruzzo, l'Umbria, il Lazio, la Campania e la Sardegna. Nel frattempo, dopo aver rifiutato la candidatura alle elezioni politiche del maggio 1921, l'I. era entrato a far parte del direttorio del Fascio romano. In novembre aveva partecipato al congresso fascista all'Augusteo di Roma e presieduto la seduta di chiusura.
Nelle settimane che precedettero la marcia su Roma, l'I. prese parte attiva ai preparativi.
Il 16 ottobre fu chiamato da B. Mussolini a Milano per partecipare alla riunione in cui fu deciso il moto insurrezionale, ma giunse in ritardo e poté assistervi solo parzialmente. Quando, pochi giorni dopo, in seguito alla riorganizzazione delle squadre, con la costituzione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN), e alla suddivisione del territorio nazionale in dodici zone, furono scelti i nuovi ispettori, all'I. fu affidata la VI zona, che copriva le province di Roma e Perugia. L'I. partecipò infine alla riunione che si tenne a Napoli il 23 ottobre, durante la quale furono impartite le ultime disposizioni per la marcia su Roma. In quell'occasione l'I. si disse contrario alla scelta di Perugia come sede del quartier generale perché non ben collegata con le colonne operanti, proponendo in cambio la città di Orte, importante nodo ferroviario e a contatto con le tre sedi delle colonne destinate alla marcia: Monterotondo, Tivoli e Santa Marinella. La sua proposta, pur se giudicata corretta, non fu accolta per l'impossibilità di sottoporla all'approvazione di Mussolini.
All'I., coadiuvato dal generale G. Fara, fu affidato il comando della colonna di Monterotondo-Mentana. Cinque anni dopo l'I. rievocò nel periodico Gerarchia (ottobre 1927, pp. 997-1011) le vicende occorse alla sua colonna nei giorni tra il 27 e il 30 ottobre.
Al di là dei toni trionfalistici, dal suo racconto emergono i problemi incontrati nell'assicurare il vettovagliamento e l'alloggio dei fascisti affluiti a Monterotondo e a Mentana, provenienti dal Lazio, dall'Umbria, dalla Toscana e da Bologna; la mancanza di coordinamento e di comunicazione con il comando di Perugia; le difficoltà dei trasporti. Lo stesso I., non ricevendo istruzioni da Perugia, la sera del 29 dovette decidere autonomamente - dopo uno scambio di lettere con Bottai, comandante della colonna di Tivoli - di far marciare verso Roma la sua colonna, perché non gli era più possibile trattenere gli uomini. Tra la notte del 29 e la mattina del 30 gli squadristi della colonna Igliori iniziarono ad avvicinarsi alla città, in parte in treno, in parte sfilando lungo la via Salaria, per arrestarsi alle porte di Roma. A quel punto l'I., non appena ebbe saputo che il re aveva dato l'incarico a Mussolini, lo raggiunse presso l'albergo Savoia, per annunciargli l'entrata in città della sua colonna.
Tornato per qualche tempo al lavoro di procuratore della Banca nazionale di credito, l'I., dopo essere stato nominato luogotenente generale della MVSN alla fine del 1923, rientrò nella vita politica con la nomina a segretario della federazione dei fasci del Lazio e della Sabina, nel gennaio 1924, incarico che tenne fino al maggio successivo. In agosto assunse poi la carica di presidente del direttorio della federazione degli enti autarchici fascisti del Lazio e della Sabina ed entrò a far parte del direttorio nazionale del Partito nazionale fascista (PNF) e del gran consiglio, ove rimase fino al giugno del 1925. Dal febbraio di quell'anno, inoltre, quando R. Farinacci divenne segretario generale del PNF, fu uno degli otto segretari aggiunti, addetto alla Confederazione nazionale degli enti autarchici.
Candidato nella lista nazionale alle elezioni politiche dell'aprile 1924, l'I. fu eletto nella circoscrizione Umbria e Lazio con oltre 10.000 voti, secondo solo a Bottai. Da allora l'I. fu continuativamente deputato fino al 1939, divenendo poi, fino al luglio 1943, consigliere nazionale nella Camera dei fasci e delle corporazioni. Ma nonostante l'impegno parlamentare, dopo gli ultimi incarichi ricoperti nel 1925 l'I. si allontanò dalla politica attiva, per dedicarsi interamente all'attività di costruttore edile, attraverso l'omonima impresa, la Ditta Igliori, che aveva avviato nel periodo del governatorato di F. Cremonesi, ottenendo la commessa dei lavori di sistemazione del Museo Mussolini, presso palazzo Caffarelli a Roma. In virtù della nuova occupazione, dal 1934 l'I. fu membro della corporazione costruttori edili, in rappresentanza degli industriali, e vicepresidente della Federazione nazionale fascista dei costruttori edili, dall'anno successivo.
Nel corso degli anni l'I. continuò ad avere per la sua ditta importanti appalti e commesse, lavorando tra l'altro per il governatorato e l'Istituto case popolari di Roma, per l'Istituto nazionale delle assicurazioni (INA) e il ministero dei Lavori pubblici. In particolare, alla fine degli anni Venti gli fu affidata la costruzione della Casa madre dei mutilati di Roma, edificio progettato da M. Piacentini. Nel corso degli anni Trenta partecipò ai lavori di bonifica dell'Agro pontino e costruì alcuni edifici, tra cui il palazzo del governo, a Littoria. Agli inizi degli anni Quaranta, infine, ebbe alcune commesse per l'Esposizione universale, dopo essersi associato con un altro importante costruttore romano, E. Federici, nell'Impresa Igliori e Federici.
Dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943), l'I. fu arrestato, alla fine di agosto, ma subito rilasciato. Quello stesso mese fu sporta una denuncia a suo carico alla Commissione reale per gli accertamenti degli indebiti arricchimenti, istituita nell'agosto 1943, che iniziò a effettuare indagini. Nell'ottobre dello stesso anno la questura di Roma non poté procedere a un nuovo fermo dell'I., poiché si scoprì che aveva lasciato la capitale per recarsi a Trieste. L'I., comunque, non aderì alla Repubblica sociale italiana.
Gli accertamenti su di lui ripresero a opera dell'Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo nel 1944. Imputato di gesta squadristiche e atti rilevanti, il mandato di cattura gli fu revocato con l'amnistia del giugno 1946. Anche l'Alto Commissariato aggiunto per l'avocazione dei profitti di regime indagò sull'I.; nel luglio 1944 la sua ditta fu sottoposta per un anno a gestione straordinaria, prolungata di un mese alla scadenza, in attesa che si definissero le norme per procedere all'avocazione dei profitti di regime. Anche la sua pratica finì poi per arenarsi a causa delle difficoltà incontrate dal decreto per l'avocazione dei beni.
Nel dopoguerra l'I. continuò la sua attività di costruttore edile. Morì a Roma il 19 sett. 1966.
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