CAPUTO, Ulisse
Nacque a Salerno il 4 nov. 1872 da Ermenegildo e da Francesca San Martino. Dopo un primo avvio alla pittura ricevuto a Cava dei Tirreni da Riccardo Alfieri, un artista modesto ma rigoroso cultore del disegno accademico, cui lo aveva affidato il padre, scenografo e decoratore teatrale che seppe bene assecondare le tendenze del figlio, entrò nell'Istituto di Belle Arti di Napoli, dove fu allievo di Stanislao Lista nella scuola di disegno e quindi di Domenico Morelli in quella di pittura. Costretto da un rovescio finanziario della fiLmiglia a interrompere gli studi, poté riprenderli poco dopo per la ferma volontà del padre, che a costo di gravi sacrifici riuscì a farlo tornare a Napoli. Qui però il C., che era rimasto piuttosto deluso dell'insegnamento impartito nell'Istituto di Belle Arti, chiuso alle tendenze nuove che invece lo interessavano, preferì frequentare lo studio del salernitano Gaetano Esposito, un artista ardente e inquieto che con il vigore plastico e la forza chiaroscurale della sua pittura, sia pure attraverso l'influenza del Fortuny, aveva superato la visione morelliana. Di qui, dunque, ma cogliendo del maestro l'aspetto esteriore, l'apertura del C. verso un naturalismo temperato. Tuttavia l'esordio non fu fortunato: Dopo lasonata e Andante appassionato, i quadri presentati nel 1897 alla terza Esposizione triennale di Milano e alla mostra della Promotrice "Salvator Rosa" di Napoli passarono inosservati. Il pittore ne rimase provato e per il disappunto, ma ancor più per l'esigenza profonda di conoscere direttamente le espressioni più vive della arte contemporanea, si trasferì a Parigi.
Nella capitale francese il C. si affermò presto e il successo ottenuto con La vedova nel Salon del 1901 si ripeté e via via crebbe in quelli degli anni successivi con opere delle quali giova ricordare almeno Piazzadell'Osservatorio (1903), Nello studio (1905), La straniera e Quartiere latino (1907), Nel caffè (1909), Sera d'està (1911), tele finite in collezioni private, nelle quali il pittore appare disinvolto evocatore di scene e di figure della vita della metropoli, anche, se soltanto di quando in quando egli riesce ad andare oltre una certa piacevolezza. In questa linea è una produzione molto vasta che figurò in tutte le più importanti mostre, non solo d'Europa: da quella italiana di Londra del 1904 all'Esposizione di Belle Arti del Cairo dell'anno seguente, alla altra di Buenos Aires del 1910, nelle quali il C. presentò rispettivamente Acquazzone,Impressioni parigine e Una prova; dalla Mostra nazionale di Belle Arti di Milano del 1906, dove l'artista fu presente con La Senna dal Louvre e Ai primi albori, alle Esposizioni internazionali d'arte di Venezia anteriori alla prima guerra mondiale. A Venezia si distinse soprattutto nella settima mostra del 1907 con Alle prove, nell'ottava del 1909 con Effetto di notte, che venne acquistato da Vittorio Emanuele III, nella nona del 1910 con Un concerto all'aria aperta e Le due sorelle (illustrazioni in Vita d'arte, V [1910], p. 221).
Nel 1909, intanto, all'Esposizione internazionale di Roma e in quella del palazzo di vetro di Monaco si era imposto anche come incisore con La lampada giapponese e Alquartiere latino, acqueforti colorate con cui confermò il suo gusto per il colore, che si svolse sempre più delicato e ricco di effetti, per gli abili giochi di luci e di ombre, nella rappresentazione delle sale splendenti dei teatri o dei caffe concerto, delle dame eleganti della Parigi contemporanea, degli ambienti domestici, o anche nei ritratti, come tra tante tele attestano Violoncellista, presentata nel 1910 all'Esposizione internazionale di Belle Arti di Santiago del Cile, oggi nel Museo nazionale della città, o La sinfonia, del 1914, entrata in quell'anno nel Museo nazionale di arte moderna di Parigi.
Ma questo suo fare disinvolto, fondato su una pennellata rapida e vivace, forse a causa del facile successo, cui si accompagnarono anche riconoscimenti e incarichi ufficiali, come la missione in Marocco affidatagli nel 1914 dal governo francese, divenne, in breve, maniera. Così egli continuò a lungo a ripetere i temi abituali, insistendo soprattutto sui particolari, e di quest'ampia produzione, oggi sparsa per lo più in collezioni private, basti ricordare L'inglesina,Cuffietta bianca,La tazza di tè,La piccola bretone,Pomeriggio,Nel giardino di Cézanne ad Aix (cfr. Catal. Bolaffi). Tuttavia anche in questo secondo lungo periodo della vita, conclusasi a Parigi nel 1948, il meglio della sua opera è rappresentato da piccole vedute, in cui con un vivo linguaggio impressionistico il C. ritrae sotto cieli grigi o violacci angoli della metropoli francese o scorci del Lungosenna.
Fonti e Bibl.: V. Pica, Artisti contemporanei: U. C., in Emporium, XLII (1915), pp. 25-42; N. G. Fiumi, Cronache di Milano, in The Studio, XCIII (1927), pp. 438-441; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 560; H. Vollmer, Künstlerlexikon des XX Jahrh., s, I, p. 387; Catal. Bolaffi della pittura italiana dell'800, 2, Torino 1969, pp. 86 s.