UGONE II d'Arborea
UGONE II d’Arborea. – Nacque entro il 1297 dal giudice Mariano II d’Arborea e da una concubina di nome Padulesa de Serra. Nulla è noto di lui sino al 1321 quando, scomparso verso la metà di aprile il nipote ex fratre Mariano III senza eredi, salì al trono giudicale.
La tradizione storiografica che lo dice figlio di Mariano III è smentita da recenti acquisizioni documentarie. Nel 1321 infatti il vescovo di Santa Giusta, Guillaume de Montgranat, nel caldeggiare l’alleanza di Giacomo II re di Aragona con Ugone, affermò che il nuovo giudice era al potere «propter mortem nepotis sui Mariani» (Conde, 2005, doc. 1). La paternità di Mariano II è confermata dallo stesso Ugone nella lettera del 10 dicembre 1324 in cui rivendica i propri diritti sui castelli di Goceano e Monteacuto, infeudati da Giacomo II ai Doria, in quanto acquisiti dal padre Mariano con l’appoggio di Pisa circa un sessantennio prima, ossia nel 1264 (ibid., doc. 124).
Mariano III, il predecessore, era figlio illegittimo di Giovanni Chiano, fratellastro di Ugone; non a caso contro Ugone avanzò rivendicazioni (circa i beni feudali del defunto marito, ma non sul giudicato) la vedova di Giovanni Chiano, Giacomina di Ugolino della Gherardesca, che si era ovviamente opposta alla successione di Mariano III (e dell’altro figlio naturale di Giovanni Chiano, Andreotto, morto nel 1309), candidando la figlia Giovanna (poi scomparsa in tenera età nel 1307). Ai sopra citati beni feudali si riferisce una concessione di Ludovico il Bavaro (12 febbraio 1329).
Consapevole dei rapporti di forze, determinato a salvaguardare i propri interessi, inizialmente Ugone trattò con Pisa per ottenere il riconoscimento dei diritti sul giudicato, confermando i pesanti accordi di dipendenza sottoscritti dal padre Mariano II nel 1265, e si piegò all’esborso di una consistente somma di danaro. Allo stesso tempo, la valutazione dell’impossibilità di liberarsi dell’ingombrante presenza di Pisa con una soluzione militare autonoma, lo spinse ad avvicinarsi a Giacomo II, re d’Aragona, investito nel 1297 del regnum Sardiniae et Corsicae creato da Bonifacio VIII per risolvere la contesa tra aragonesi e angioini innescata dai Vespri siciliani.
La convergenza di interessi era evidente. Per la corona d’Aragona, l’alleanza con l’influente giudice Ugone era necessaria per raccordare la composita realtà del nuovo regno e sostenerne l’architettura politicamente e istituzionalmente complessa, impostata su occupazioni militari, infeudazioni e acquisizioni. Ugone profuse grande impegno per preparare la conquista catalana e divenne il perno dei delicati equilibri sardi; ciò gli guadagnò il favore e l’amicizia sia di Giacomo II sia in particolare dell’infante Alfonso, futuro Alfonso IV.
Un peso decisivo nel consolidamento iniziale dell’intesa politica ebbero gli esponenti ecclesiastici oristanesi, Guillaume de Montgranat, vescovo di Santa Giusta e soprattutto Guido Cattaneo, arcivescovo di Oristano. Entrambi ad Avignone per la disputa teologica che divideva francescani e domenicani, di concerto con il cardinale Napoleone Orsini, artefice delle trattative tra Arborea e Corona, i due presuli dal 1321 negoziarono con i rappresentanti regi i termini dell’accordo, prospettando a Giacomo II una conquista «sine magna pugna» se avesse avuto dalla sua il giudice.
Nel maggio 1321 pertanto Ugone prese contatti diretti con la Corona, ricorrendo in più occasioni a missive cifrate e firmate sotto pseudonimo per mantenere i piani segreti, in virtù di quella prudenza e cautela colta nel sintetico profilo tracciato da Montgranat («prudentissimus, cautus et inimicus pisanorum occultus»; ibid., doc. 1).
A inaugurare la serie delle numerose ambasciate, da Oristano tra la primavera e l’estate di quell’anno il giudice inviò a corte il nipote Mariano de Amirato, affinché spingesse Giacomo ad avviare i preparativi della spedizione. Sul versante interno, Ugone lavorò al consolidamento del fronte antipisano nel quale confluirono Sassari e i vari esponenti delle casate dei Doria e Malaspina detentori di signorie nell’isola. Non trascurò peraltro di monitorare le manovre diplomatiche pisane, con lo stesso Giacomo II e con il papa (per ottenere la revoca dell’investitura al re), tenendosi accortamente aperta ogni via, come mostrano ad esempio le sue istruzioni a Guido Cattaneo, suo emissario ad Avignone (22 dicembre 1322). Gli intenti di Pisa, se tali furono, non sortirono esito e pochi mesi dopo (febbraio 1323), limati i dettagli, Cattaneo siglò l’intesa per conto di Ugone con Vidal de Vilanova procuratore di Giacomo II. Il re d’Aragona riconobbe come giudice d’Arborea Ugone II e i suoi discendenti, garantì di mantenerlo «integre et complete» nel suo stato e, a conquista avvenuta, di elargirgli ulteriori grazie e onori (ibid., doc. 11); dal canto suo, Ugone, impegnando anche i suoi successori, prestò omaggio feudale a Giacomo II per il giudicato e il resto dei beni personali, vincolandosi al versamento di un censo annuale di 3000 fiorini e di 80.000 fiorini d’oro quale contributo per le spese militari.
Sul piano militare Ugone si mosse per conto proprio e nell’aprile del 1323, senza attendere l’arrivo dell’armata catalano-aragonese, diede il via alle ostilità.
Con l’Arborea si sollevò Sassari e la rivolta si propagò nell’isola, dove si consumarono eccidi e violenze contro i pisani. A maggio giunsero i primi rinforzi, seguiti a giugno dall’esercito (al comando dell’infante Alfonso, 13 giugno). Il giudice convinse le truppe catalane ad assediare Iglesias (a ridosso delle montagne argentifere di Fluminimaggiore, teatro di frequenti scontri fra arborensi e sardo-pisani per il controllo delle risorse minerarie), che fu conquistata dopo sette mesi. Successivamente fu attaccata Cagliari, e Ugone sottoscrisse il trattato con il quale Pisa manteneva in feudo la città cedendo a Giacomo II i possessi del Cagliaritano e della Gallura.
Nei mesi successivi, la delicata fase di costruzione dell’impalcatura istituzionale del regno elaborata da Alfonso mise in luce il ruolo cruciale di Ugone, che si adoperò per reprimere una insurrezione a Sassari e gestire le tensioni tra le componenti locali (oltre che i Doria e i Malaspina) e i nuovi feudatari catalani (le cui giurisdizioni avevano frazionato gli antichi distretti giudicali). In questo contesto il 7 dicembre 1325 Ugone fu nominato dall’infante governatore dei sardi, introducendo lo sdoppiamento in chiave etnica del governatorato generale retto da Francesc Carròs, la cui giurisdizione fu limitata ai sudditi catalano-aragonesi. Peraltro emersero prestissimo interferenze e difficoltà, per le intricate controversie fra sardi e catalani; Ugone pertanto chiese di essere sollevato dall’incarico, cosa che avvenne il 12 agosto 1326 quando fu sostituito da un nuovo governatore generale, Bernat de Boixadors. Ugone riprese così la precedente veste di interlocutore privilegiato.
Un ruolo di importante mediazione fu da lui svolto negli anni successivi, in sintonia con il governatore Ramon de Cardona e con gli alti ufficiali del regno, ad esempio nei colloqui di Sardara (febbraio 1329) e Macomer (novembre 1330); Ugone vi intervenne con i suoi consiglieri, Guido Cattaneo e il giurisperito Filippo Mameli, e perseguì la definitiva cacciata dei pisani e un drastico cambio di linea nei confronti dei Doria, accusati di fomentare ribellioni in Logudoro, compresa la recente rivolta di Sassari.
Il prestigio di cui godette nell’isola e il suo accreditamento a corte ne fecero il canale di intercessioni e raccomandazioni che tutelavano, oltre ai suoi propri, gli interessi e le ambizioni dei sudditi arborensi, dei sassaresi filoaragonesi e degli stessi catalano-aragonesi.
Per saldare gli interessi della sua casata alla Corona, il giudice aveva avviato una strategica politica matrimoniale, incontrando il favore dei sovrani iberici. Nel 1325 incaricò frate Ramon d’Empúries, priore dell’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, suo congiunto, e il notaio arborense Pietro Penna di trattare le nozze del primogenito Pietro in Catalogna, premurandosi di comunicarlo al cardinale Napoleone Orsini, sui buoni auspici del quale aveva sempre fatto affidamento.
A caldeggiare l’iniziativa e suggerire i possibili partiti furono l’infante Alfonso e la moglie Teresa d’Entensa. Lo stesso Giacomo II se ne interessò e fece pressioni su Ugone affinché acconsentisse all’unione di Pietro con Costanza di Saluzzo, nonostante la giovane non avesse una buona dote, ritenendo comunque vantaggioso per la Casa d’Arborea imparentarsi con la famiglia reale e l’alta aristocrazia catalana; vantaggi sui quali contò la stessa Corona per saldare la futura discendenza dei Bas-Serra alla monarchia.
Nell’aprile del 1328, a Saragozza, in occasione della solenne incoronazione di Alfonso IV, alla presenza di una cospicua delegazione sarda, il figlio di Ugone fu armato cavaliere dal nuovo sovrano, e da lui ospitato a Barcellona, in attesa del perfezionamento dei capitoli matrimoniali e delle nozze, celebrate nei mesi successivi. Contestualmente Ugone ricevette la conferma dell’infeudazione e nuove concessioni, tra cui la facoltà di concedere titoli nobiliari ai figli, estesa anche ai successori, e di donare feudi ai figli purché «in feudum honoratum», ossia senza censo (ibid., docc. 187-196).
I rapporti tra Ugone e la corte proseguirono negli anni successivi; nei primi anni Trenta quattro figli (Pietro, Mariano, Giovanni, Bonaventura) e una figlia di Ugone (Maria) sposarono esponenti di primo piano della nobiltà catalana (Exèrica, Moncada, Rocabertì). Su consiglio di Alfonso, qualche tempo dopo, Ugone acquistò la baronia di Molins de Rey, vicino a Barcellona e i castelli di Gelida e Mataró, possedimenti che avrebbero dato prestigio alla casata e favorito l’inserimento dei figli in Catalogna.
Malato di gotta, Ugone testò il 5 aprile 1335 e morì il 12. Scelse di essere sepolto nella cappella di S. Bartolomeo, in costruzione nel duomo di Oristano o, in subordine, accanto ai suoi predecessori, nella stessa cattedrale.
Aveva sposato una certa Benedetta di casato ignoto, dalla quale aveva avuto sette figli; oltre a quelli già menzionati, Nicola e Francesco furono avviati alla carriera ecclesiastica. Generò anche tre illegittimi (Lorenzo, Angiolesa e Preziosa).
Figura di grande levatura politica e abilità diplomatica, Ugone svolse dunque un ruolo decisivo nella realizzazione del Regno di Sardegna da parte della Corona catalano-aragonese di cui fu fedele alleato.
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