GONZAGA, Ugolino
Primogenito di Guido di Luigi (I) e di Agnese di Francesco Pico della Mirandola, nacque a Mantova verosimilmente intorno agli anni Venti del Trecento: Guido e Agnese si erano infatti sposati nel 1318 e lui stesso contrasse il primo matrimonio nel 1340.
Non abbiamo notizie del G. durante le campagne che seguirono la fine della spedizione italiana di Giovanni di Boemia, come neanche nel corso del successivo conflitto che per la prima volta, seppure con molta cautela, vide i Gonzaga allinearsi ai Visconti, a Firenze e a Venezia in una lega antiscaligera. Dopo la pace generale stipulata fra i belligeranti il 24 genn. 1339, i Gonzaga ripresero a tessere alleanze con i vicini signori di Verona: in questo contesto va interpretato il matrimonio fra il G. e Verde di Alboino Della Scala, stipulato l'8 febbr. 1340, nel corso di una fastosa magna curia durante la quale la dinastia mantovana, alla presenza del fior fiore dei signori dell'Italia settentrionale, festeggiò la propria recente supremazia con quattro matrimoni e la creazione di numerosi cavalieri per lo più appartenenti al casato gonzaghesco, tra cui lo stesso G. e il fratello Ludovico. Il riavvicinamento con gli Scaligeri durò a grandi linee quanto il matrimonio del G. con Verde Della Scala, vale a dire pochi mesi: la ribellione di Parma a Mastino (II) nel maggio dell'anno successivo riaccese il conflitto, che si estese rapidamente al fronte toscano poiché lo Scaligero, privo di Parma, si liberò di Lucca vendendola a Firenze e provocando l'immediata reazione di Pisa. I Gonzaga aderirono dunque a una nuova lega antiscaligera con i Visconti di Milano e la città di Pisa, e mentre gli zii del G., Filippino e Feltrino, guidavano le truppe mantovane nella pianura Padana e in Toscana, il G. contrasse un secondo matrimonio con Emilia di Bonifazio (Fazio) Novello Della Gherardesca, signore di Pisa, da cui ebbe una figlia, Teodora (Thora).
Solo alla fine degli anni Quaranta si iniziano a cogliere - nel quadro collettivo della politica gonzaghesca dominata ancora in certa misura dalla figura patriarcale di Luigi (I) e dai figli Guido e Filippino - tracce, anche se non sempre attendibili, delle iniziative personali del G. e si ha notizia di episodi che in qualche modo contribuirono a tramandarne un'immagine di intraprendenza e di determinazione destinata a offuscare tanto il ritratto un poco sbiadito del padre, quanto quello cupo del fratello minore, Ludovico.
Inviato a Milano nell'autunno del 1346 a rappresentare i Gonzaga al battesimo dei figli gemelli di Luchino Visconti, il G. conobbe Isabella Fieschi, moglie del Visconti, alla cui passione per il giovane G. i contemporanei attribuirono la guerra che Luchino, sino ad allora alleato dei Gonzaga, scatenò contro Mantova negli anni 1347-48: la donna, nel corso di un memorabile viaggio nel maggio 1347 lungo il Po a Venezia per compiere un voto, avrebbe trovato modo di soddisfare l'attrazione per il G., senza particolari precauzioni di segretezza. Così le cronache: non mancarono ragioni più profonde per l'attacco visconteo ai Gonzaga, come il desiderio di controllare le terre cremonesi e bresciane passate in mano gonzaghesca.
Fu però con gli anni Cinquanta che il G. prese una posizione sempre più rilevante nella gestione politica della signoria: combatté tra il 1350 e il 1351 nella campagna bolognese con Filippino e Feltrino e, emancipato da Luigi (I) nel gennaio 1354, fu direttamente coinvolto il mese successivo, con il fratello Francesco, gli zii Feltrino e Federico e il cugino Guglielmo, nella congiura di Fregnano Della Scala, figlio naturale di Mastino (II), contro il fratello e nuovo signore di Verona Cangrande (II). Fregnano, che pare avesse avvicinato in primo luogo proprio il G. a Mantova (a lui Aliprandi attribuisce l'intera responsabilità del coinvolgimento gonzaghesco nella vicenda), in occasione del matrimonio di Filippino Gonzaga con Varena d'Asburgo, approfittò del viaggio compiuto da Cangrande a Bolzano probabilmente per incontrare Ludovico V marchese di Brandeburgo, per dichiararne la morte e insignorirsi della città di Verona. Cangrande rientrò tempestivamente e sbaragliò gli antagonisti, anche grazie alla condotta ambigua dei Visconti. Bernabò, inviato dall'arcivescovo a sostegno di Cangrande, catturò il G. che gli si era fatto incontro, mentre gli altri Gonzaga, rimasti a Verona, vennero imprigionati dallo stesso Cangrande, e riscattati grazie alla mediazione veneziana per la somma totale di 30.000 ducati.
Il prezzo pagato dai Gonzaga per l'aiuto veneziano (la Signoria aveva anticipato 20.000 dei 30.000 ducati necessari) fu di entrare nella coalizione antiviscontea che coinvolse anche i da Carrara e gli Estensi e che si collegò a Carlo IV, chiamato a scendere in Italia. Nel corso dell'estate il G. partecipò con Feltrino alle operazioni tra Modena e Bologna: la morte dell'arcivescovo Giovanni Visconti il 5 ott. 1354 sospese le ostilità che la discesa di Carlo IV avrebbe sopito in una complessa mediazione in cui Mantova e i Gonzaga ebbero una parte di rilievo. Carlo IV infatti giunse a Mantova il 7 novembre e di qui emanò numerosi diplomi per i signori padani, e negoziò tra la lega e i Visconti. I Gonzaga, in particolare, ottennero la conferma del vicariato su Mantova, Reggio e una cospicua serie di terre cremonesi e bresciane: il G. dal canto suo ottenne a titolo personale l'investitura in feudo nobile della curia di Bigarello (28 nov. 1354).
Il G. raggiunse Carlo IV a Pisa nella primavera (probabilmente a causa dei suoi rapporti con l'élite pisana) e qui sventò, con Giovanni II Paleologo, marchese di Monferrato, una sommossa contro Carlo IV sobillata dai Gambacorti. Nell'aprile accompagnò Carlo fino a Siena tentando di convincerlo a prendere seriamente partito contro i Visconti (indeboliti dalla contemporanea ribellione a Bologna di Giovanni Visconti di Oleggio) e probabilmente ritornò a Mantova all'inizio dell'estate. Nonostante gli sforzi dei Gonzaga, che gli scrissero nell'inverno per spingerlo a tenere fede alle promesse antiviscontee fatte in primavera, Carlo IV non intervenne contro i signori di Milano.
Nella primavera del 1356 i Gonzaga, l'Oleggio, Aldobrandino d'Este e Giovanni Paleologo si coalizzavano comunque in una lega antiviscontea, che portò nell'estate a combattere accanitamente attorno a Mantova: i Gonzaga ricorsero alla Grande compagnia capitanata dal conte Lando, e il G. comandò le truppe gonzaghesche durante le alterne operazioni che durarono sino alla primavera successiva, nella crescente stanchezza dei contendenti. Nel frattempo, il governo collettivo su Mantova e Reggio Emilia dei figli di Luigi (I) - ancora vivo ma ormai quasi del tutto emarginato dalla gestione quotidiana del potere - veniva compiendo il suo tempo, in buona misura proprio a causa dell'intraprendenza del G.; la tensione crescente fra i consanguinei Gonzaga è testimoniata da un episodio narrato dal solo Aliprandi: sempre nel 1356 i figli di Feltrino congiurarono contro Guido, ma soprattutto contro il G., e poi, scoperti, si rifugiarono a Verona mentre il padre, apparentemente estraneo alla vicenda, si riconciliava con il fratello.
Nell'aprile 1356 inoltre era morto Filippino, lasciando erede la figlia Gigliola, vedova dall'anno precedente di Matteo Visconti e madre della sola Caterina. La questione dei beni e delle prerogative di Filippino divenne immediatamente scottante: Guido e Feltrino nel luglio 1357 ottennero con la forza da Gigliola una donazione completa, ma nel 1358 la vicenda si complicò per gli esiti della guerra contro Galeazzo e Bernabò Visconti. L'8 giugno infatti i Gonzaga stipularono con i signori di Milano una pace pesante, che, se restituiva loro parte dei beni reggiani perduti duranti il conflitto, imponeva a Luigi (I), Guido e Feltrino di consegnare a Bernabò tutti i propri beni allodiali nelle città e nei distretti di Mantova e Cremona, di cui furono reinvestiti in feudo retto e nobile.
Nell'ottobre 1358 il G. sposava a Milano Caterina, figlia di Matteo Visconti e Gigliola Gonzaga, divenendo perciò, come potenziale tutore di eventuali eredi (ebbe in effetti un figlio da lei, Bernabò), il destinatario reale dell'eredità di Filippino che Gigliola obtorto collo aveva concesso a Guido e a Feltrino l'anno prima. La solidarietà consortile fra Guido e Feltrino entrò dunque gravemente in crisi: Feltrino ebbe motivo di temere che il fratello, sobillato dal G., che si riconosce con chiarezza dietro le manovre del padre, volesse vendere Reggio a Bernabò in cambio della soluzione dalla cessione e reinvestitura del proprio patrimonio allodiale cui era stato costretto in giugno, e occupò con la forza Reggio, impossessandosene a titolo personale. L'anno successivo Gigliola, emancipata da Luigi (I) e con l'appoggio del G., suo genero, ricorse all'imperatore Carlo IV per ottenere l'annullamento della donazione del 1357, che coinvolgeva anche Feltrino, e ottenne così di nuovo il controllo dei propri beni: nei primi mesi del 1360 ne faceva donazione al G., in qualità di tutore del neonato nipote Bernabò.
A partire dal 1357, dunque, grazie alla età avanzata di Luigi (I), ancora formalmente capitano di Mantova, alla morte di Filippino, alla rottura con Feltrino, alla acquiescenza evidente del padre Guido, il G. rimase sostanzialmente arbitro della politica gonzaghesca: questa situazione di fatto - testimoniata per quanto riguarda i rapporti internazionali dal registro di copialettere che copre gli anni 1359-61 e per quanto riguarda il consolidamento interno dal cospicuo aumento delle transazioni e degli atti patrimoniali stipulati in città e nel territorio dal G. in questi anni - venne ratificata dal diploma imperiale che associava il G. al padre Guido e a Feltrino nella carica vicariale su Mantova, Reggio e i Comuni cremonesi e bresciani (10 febbr. 1359). La morte di Luigi (I) e la successione di Guido al padre come capitano del Popolo di Mantova nel 1360 non incisero sugli equilibri mantovani, dal momento che Guido non sembrava in grado di contendere al primogenito l'iniziativa politica. I contrasti fra il G. e Feltrino, che dominava Reggio "quamquam male et pauperrime", come scrive l'Azario (p. 92) e che aveva usurpato alcuni importanti castelli mantovani ai confini con il distretto reggiano, come Reggiolo, Suzzara e Gonzaga, portarono il G. a intensificare notevolmente la consonanza politica con Bernabò Visconti. La questione di Reggio era divenuta in quegli anni un problema scottante per tutte le potenze padane, perché ricompattava attorno al conflitto tra Feltrino e il G. i sempre inquieti schieramenti visconteo, scaligero ed estense. Nel corso del 1361 divenne chiaro che il G. e i Gonzaga di Mantova avrebbero preferito vedere Reggio nelle mani di Bernabò Visconti piuttosto che in quelle di Feltrino.
Un evento inaspettato venne tuttavia a mutare le coordinate del quadro: il 14 ott. 1362 il G. venne ucciso a Mantova dai fratelli Ludovico e Francesco, dopo una cena consumata insieme. Venne seppellito nel coro del duomo di Mantova, accanto a Luigi (I) e alle due mogli che gli erano premorte. Il G. lasciava - oltre alla figlia Thora, che sposò nel 1365 Paolo Montefeltro - la vedova Caterina e il figlio Bernabò, che morì a sua volta nel 1368.
I fratelli cadetti del G. emergono a questo punto del processo di consolidamento della forza del G. in modo dirompente e improvviso, giacché mancano le tracce di una loro presenza nella vita politica mantovana prima del 1362. Dell'episodio si sono date sia una lettura interna alle dinamiche del potere consortile - considerando come la condotta del G. poco spazio lasciasse alle speranze dei cadetti di essere eventualmente a loro volta associati al governo alla morte del padre Guido ("Guido di signoria non s'impazava / ché Ugolino il tuto si rezìa, / e li frateli molto se turbava": Aliprandi, p. 137) -, sia una interpretazione di più ampio respiro che vede coinvolta nella trama la Serenissima, preoccupata dell'eccessiva virata filoviscontea impressa alla politica mantovana dal Gonzaga. Secondo l'Aliprandi (p. 138), Guido fu costretto ad accettare, suo malgrado, l'accaduto: altri contemporanei videro una sua pesante corresponsabilità nell'assassinio (Corpus chronicarum Bononiensium, t. III, p. 145). I fratricidi vennero comunque assolti dal vescovo Ruffino l'anno successivo, e associati al padre nel vicariato imperiale su Mantova nel 1366.
Fonti e Bibl.: Si indicano qui soltanto gli atti di particolare rilievo per la ricostruzione della biografia del G.; per gli atti di governo e le fonti relative allo studio del periodo cfr. P. Torelli, L'Archivio Gonzaga di Mantova, I, Mantova 1920; II, A. Luzio, La corrispondenza familiare, amministrativa e diplomatica dei Gonzaga, ibid. 1922. Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 1-3, 19, 84, 196, 229-232, 245-248 (ff. 19-30), 262, 335, 337, 385, 393 (f. 23), 409A, 416.I: G. Daino, De origine et genealogia ill. domus dominorum de Gonzaga, 1301, 1605, 1619, 1848, 2882.1-3, 3136; Fondo D'Arco, 57: G. Daino, Series chronologica capitaneorum, marchionum ac ducum Mantuae usque ad annum 1550; Parisius de Cereta, Chronicon Veronense…, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., VIII, Mediolani 1726, coll. 657 s.; Iohannes de Cornazanis, Historiae Parmensis fragmenta…, ibid., XII, ibid. 1728, coll. 748, 750; Chronicon Estense…, ibid., XV, ibid. 1729, coll. 412, 459, 479 s., 484 s., 487; Iohannes de Bazano, Chronicon Mutinense…, ibid., coll. 619, 621, 624 s.; Iohannes de Mussis, Chronicon Placentinum, ibid., XVI, ibid. 1730, coll. 503 s.; Annales Mediolanenses, ibid., coll. 727-729; P. Gazata, Chronicon Regiense…, ibid., XVIII, ibid. 1731, coll. 57 s., 60, 62, 64, 69, 73 s.; B. Sacchi (Platina), Historia urbis Mantuae…, ibid., XX, ibid. 1735, coll. 731-748; P. Azario, Liber gestorum in Lombardia, a cura di F. Cognasso, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVI, 4, ad ind.; Corpus chronicarum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, ibid., XVIII, 1, t. II, pp. 601 s., 604 s., 609; t. III, pp. 33, 61 s., 67, 69-71, 78 s., 85, 95, 140, 145, 147, 150 s.; B. Aliprandi, Aliprandina o cronica de Mantua, a cura di O. Begani, ibid., XXIV, 13, ad ind.; J.F. Böhmer, RegestaImperii, VIII, Die Regesten des Kaiserreichs unter Kaiser Karl IV. 1348-1378, Innsbruck 1877, ad ind.; Repertorio diplomatico visconteo, a cura di A. Lattes, I, Milano 1911, ad ind.; D. Velluti, La cronica domestica…, a cura di I. Del Lungo - G. Volpi, Firenze 1914, p. 217; Arch. di Stato di Mantova, Copialettere e corrispondenza gonzaghesca da Mantova e paesi (28 nov. 1340 - 24 dic. 1401), Roma 1969, ad ind.; M. Villani, Cronica, a cura di G. Porta, I, Parma 1995, pp. 448-450, 456; M. Equicola, Dell'istoria di Mantova libri cinque, Mantova 1610, pp. 60, 98 s.; I. Donesmondi, Dell'istoria ecclesiastica di Mantova, I, Mantova 1613, pp. 320, 327; A. Possevino iunior, Gonzaga. Calci operis addita genealogia totius familiae, Mantuae 1617, pp. 278-282, 285, 295, 299, 302, 304 s., 307, 309-311, 316, 327, 341, 344 s., 347-349, 352 s.; S.A. Maffei, Gli annali di Mantova, Tortona 1675, pp. 679, 684, 691 s., 694, 696 s., 700-702, 705-707; L.C. Volta, Compendio cronologico-critico della storia di Mantova dalla sua fondazione sino ai nostri tempi, II, Mantova 1827, pp. 11 s., 17, 19, 25, 27-36, 39, 41; G. Panciroli, Storia della città di Reggio, I, Reggio Emilia 1846, ad ind.; A. Portioli, La Zecca di Mantova, II, Mantova 1880, pp. 14-16; G.B. Intra, L'antica cattedrale di Mantova e le tombe dei primi Gonzaga, in Arch. stor. lombardo, XI (1884), pp. 486-498; A. Sorbelli, La signoria di Giovanni Visconti a Bologna e le sue relazioni con la Toscana, Bologna 1902, pp. 64, 321; C. Cipolla, Documenti per la storia delle relazioni diplomatiche tra Verona e Mantova nel secolo XIV, Venezia 1907, ad ind.; A. Luzio, I Corradi di Gonzaga signori di Mantova. Nuovi documenti, in Arch. stor. lombardo, s. 4, XIX (1913) pp. 249-282; XX (1913), pp. 131-183; N. Grimaldi, La signoria di Bernabò Visconti e Regina Della Scala in Reggio (1371-1385). Contributo alla storia delle signorie, Reggio Emilia 1921, pp. 3-14; F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, a cura di G. Amadei - E. Marani - G. Praticò, I, Mantova 1954, pp. 524, 529 s., 548, 550 s., 554, 561 s., 564, 572, 577; F. Cognasso, L'unificazione della Lombardia sotto Milano, in Storia di Milano, V, La signoria dei Visconti (1310-1392), Milano 1955, ad ind.; Mantova. La storia, I, G. Coniglio, Dalle origini al 1440, Mantova 1958, ad ind.; Mantova. Le arti, I, G. Paccagnini, Il Medioevo, Mantova 1958, pp. 118 s.; M. Vaini, Ricerche gonzaghesche (1189 - inizi sec. XV), Firenze 1994, ad indicem; R. Pauler, La signoria dell'imperatore. Pisa e l'Impero al tempo di Carlo IV (1354-1369), Pisa 1995, p. 64; I. Lazzarini, Fra un principe e altri Stati.Relazioni di potere e forme di servizio a Mantova nell'età di Ludovico Gonzaga, Roma 1996, ad ind.; Id., Prime osservazioni su finanze e fiscalità …, in Politiche finanziarie e fiscali nell'Italia settentrionale, a cura di G. Chittolini - P. Mainoni, Milano (in corso di stampa), pp. 41-61; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Gonzaga, tav. II.