PANZIERA, Ugo
(Ugo da Prato). – Nacque a Pomarance in Val di Cecina, nella Toscana occidentale, in data imprecisata ma verosimilmente tra 1260 e 1270.
Frate francescano laico, il suo luogo di nascita si desume dalla matricola presente nei Capitoli della Compagnia della S. Croce in Prato del 17 aprile 1295 (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl. II.IX.49, c. 12v), che ne attesta la presenza nell’ordine, sebbene per lungo tempo si sia sostenuto che fosse originario di Prato.
Incerta è l’appartenenza familiare. Sulla base di un atto notarile rogato a Volterra l’8 luglio 1281, lo studioso volterrano Mario Bocci la ricollega ai Buomparenti, possidenti terrieri nelle zone di Pomarance, Miemo e Montegemoli e proprietari di immobili in città. Figlio di Pigio di Buonaguida e di Mita di Ugo Buomparenti di Volterra, Panziera – rimasto orfano di padre in giovane età insieme con il fratello gemello Pancia e ai fratelli Biagio, Margarito, Pannocchino e Buonaguida – sarebbe stato affidato alla madre e allo zio paterno, un terziario francescano di nome Parisio di Ugo Bomparenti (Bocci, 1957, p. 3). Sulla base di una mera assonanza linguistica, Bocci ammette anche una seconda possibilità, cioè che Panziera appartenesse alla schiatta dei Panzerini, nativi di Pomarance e discendenti di Pancio di Nuccio da Santa Maria di Montecerboli, un piccolo proprietario e commerciante che ricoprì alcuni incarichi comunali a Pomarance. Secondo altri (Pacetti, 1960, pp. 241-243), Panziera non sarebbe affatto una denominazione cognominale, bensì un semplice nomignolo attribuitogli forse in giovanissima età.
Altrimenti, Panziera è stato spiegato con l’abitudine di portare uno strumento di mortificazione sulla carne, ovvero una panciera di ferro. Tale tradizione dipende dalle notizie biografiche trasmesse dai tardi cronisti minoritici, in particolare il Tractatus de origine, nobilitate et de excellentia Tusciae di Mariano da Firenze (1516-17), dal quale dipendono Pietro Ridolfi da Tossignano, Marco da Lisbona e Luca Wadding. Egli stesso usa tale appellativo, scrivendo ai «dilectissimi spirituali fratelli» del Ceppo, laddove si definisce «Frate Ugo Pantiera […] infra li minimi poveri frati minori della Tartaria d’Oriente», dove era già stato inviato in missione.
Vestì il saio francescano probabilmente a Volterra, nel convento di S. Francesco (detto S. Francesco vecchio) qualche anno prima del 1295. La destinazione al convento di Prato, presso il quale era attiva una fiorente compagnia di laudesi, ha fatto supporre (Pacetti, 1960, p. 245) che egli avesse già dato prova di capacità di scrittura poetica. Nei cinque o sei anni successivi al 1295 va comunque probabilmente collocata la composizione delle laudi e dei trattati spirituali.
Agli inizi del Trecento, forse nel 1302, partì missionario per l’Oriente, insieme con il manipolo di frati missionari cooptato da Corrado da Offida e guidato dal vicario generale frate Giacomo dal Monte che è menzionato nell’Historia septem tribulationum Ordinis minorum di Angelo da Chiarino (o Clareno). Panziera sarebbe stato infatti vicino alla corrente dei cosiddetti spirituali francescani (Pacetti, 1960, p. 247; G. Petrocchi, L’esperienza ascetica di Ugo da Prato, in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di Bruno Nardi, Firenze, 1955, pp. 525-540).
Nel 1312 era sicuramente a Costantinopoli nel quartiere di Pera (oggi Beyoǧlu); da là scrisse una Epistola agli spirituali fratelli della compagnia del Ceppo da Prato. Il convento di Pera-Galata era il più importante della Custodia costantinopolitana, a sua volta inserita nella missione o Vicaria orientale (Vicaria Tartariae orientalis, la più estesa delle vicarie orientali francescane, che comprendeva le regioni dall’Asia fino alle terre del Pacifico). La composizione di alcuni dei Trattati spirituali di Panziera sembra debba collocarsi durante il soggiorno in quel convento, luogo di formazione per i frati provenienti dall’Occidente e destinati alle missioni. In particolare, consta che nel 1319 egli abbia licenziato un Tractato secondo alcune oppinioni della dottrina del non pensare di Dio chi vuole pervenire alla contemplazione composto per correggere gli asceti cristiani (forse addirittura alcuni missionari) influenzati dal sufismo.
Panziera morì «in Tartaria» (Wadding, 1701), forse proprio a Pera, intorno al 1330.
L’Epistola ai fratelli del Ceppo di Prato, attirò l’interesse degli stampatori quattrocenteschi: fu pubblicata a Firenze da Lorenzo Morgiani e Giovanni da Maganza il 15 dicembre 1492 (Incominciano alchuni singulari tractati di Vgho Pantiera da Prato dell’ordine de Frati minori; Divota epistola la quale fu mandata alli Spirituali fratelli della compagnia del Ceppo di Prato) e contribuì a consolidare l’opinione della sua origine pratese e la denominazione Ugo da Prato (secondo altri l’opera sarebbe stata edita da Antonio Miscomini il 9 giugno 1492, cfr. Gamba 1829, pp. 249 s.)
Ma fu soprattutto nel XIX secolo che Panziera attrasse l’attenzione degli specialisti in ragione della sua produzione letteraria: come si è accennato, fu autore di numerose laudi, epistole e trattati spirituali (fatti di spoglio per la compilazione del Vocabolario degli Accademici della Crusca del 1863, cfr. vol. I, p. LXXVI). Tra gli studi moderni e contemporanei su Panziera, a oggi i più utili sotto il profilo della ricostruzione biografica risultano ancora quelli di Cesare Guasti e di Dionisio Pacetti, terziario francescano e cruscante il primo, frate minore e studioso di letteratura il secondo.In edizioni moderne si leggono I cantici spirituali del beato Ugo Panziera da Prato de’ frati minori, a cura di C. Guasti, Prato 1861, (ora in C. Guasti, Miscellanea pratese di cose inedite o rare, antiche o moderne, ed. anast. Prato 1982, pp. 6-20) e Le laudi, a cura di V. Di Benedetto, Milano 1962.
Fonti e Bibl.: P.R. Tossignano, Historiarum Seraphicae Religionis libri tres, Venetiis 1589, c. 21r; L. Wadding, Scriptores Ordinis minorum, I, Romae 1650, p. 121; Marco da Lisbona, Croniche degli Ordini instituiti dal p.s. Francesco, Napoli 1680, pp. 401-408; L. Wadding, Annales minorum, VI, ad annum 1313, n. 8, Florentia-Romae 1701, p. 242; G.G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium Ordinum S. Francisci a Waddingo, aliisve descriptos, Romae 1806, pp. 361-363; B. Gamba, Serie dei testi di lingua italiana e di altri esemplari del bene scrivere, Venezia 1829, pp. 249 s.; A.F. Ozanam, I poeti francescani in Italia nel secolo decimoterzo, Prato 1844, pp. 273-288; Mariano da Firenze, Compendium Chronicarum fratrum minorum, in Archivum Franciscanum historicum, II (1909), p. 634; T. Fracassini, I Cantici e i trattati spirituali di frate U. P. da Prato, in Archivio storico pratese, IV (1926), pp. 26-110; R. Zessos, Il beato U. P. e la poesia dei ‘giullari di Dio’, in Frate Francesco, III (1930), pp. 129-134; Carteggi di Cesare Guasti, a cura di F. De Feo, III, Firenze 1931, pp. 10, 33, 167, 377; M. Sticco, P., U., in Enciclopedia cattolica, IX, Firenze-Città del Vaticano 1952, col. 6950; G. Petrocchi, L’esperienza ascetica di Ugo da Prato, in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di Bruno Nardi, Firenze 1955, pp. 525-540; V. Di Benedetto, Per un’edizione delle Laudi del b. U. P. O. Min. (m. ca. 1330), in Miscellanea francescana, LVI (1956), pp. 262-281; M. Bocci, Pomarance e fra U. P. detto il beato Ugo da Prato, in L’Araldo. Settimanale cattolico della diocesi di Volterra, 31 marzo 1957; A. Levasti, I Mistici del Duecento e del Trecento, Milano 1960, p. 273; D. Pacetti, Studi e ricerche intorno a frate U. P. (c. 1260-1330), in Studi francescani, LII (1960), pp. 215-253; V. Di Benedetto, Nota filologica alla nuova edizione (1962) delle laudi del b. U. P. O. Min (d.c. 1330), in Miscellanea francescana, LXII (1962), pp. 414-444; F. Brambilla Ageno, L’edizione critica dei testi volgari, Padova 1975, p. 255; S. Floro di Zenzo, U. P. e l’autenticità delle sue Laudi, Napoli 1975; R. Becheri, U. P. e la lauda musicale del secolo XIV, in Prato. Storia e arte, LXV (1984), pp. 26-36; M. Oldoni, Il pubblico di Gesù. Le “Meditaciones de Passione Christi”, in Santi e santità nel secolo XIV, Atti del XV convegno internazionale, Assisi, 15-16-17 ottobre 1987, Assisi-Perugia-Napoli 1989, pp. 197-217; C. Frugoni, Female mystics, visions, and iconography, in Women and religion in Medieval and Renaissance Italy, a cura di D. Bornstein - R. Rusconi, Chicago 1996, p. 130; Storia della spiritualità italiana, a cura di P. Zovatto, Roma 2002, pp. 90-92; P.G. Longo, Una lauda di U. P. tra Francesco d’Assisi e Jacopone da Todi in un manoscritto un tempo a Rimella, in Valsesia sacra: studi per Franca Tonella Regis, a cura di G. Garavaglia, Milano 2009, pp. 109-122.