PANICHI, Ugo
PANICHI, Ugo. – Nacque a Firenze il 22 agosto 1872, da Daniele e da Eugenia Ballerini.
Svolse gli studi universitari a Pisa, dove si laureò in fisica nel 1895. Dopo alcuni anni trascorsi come assistente presso gli istituti di fisica delle Università di Torino e Firenze, dove si distinse anche per le ricerche sugli effetti dei raggi X, la passione per la montagna e la raccolta dei minerali lo indirizzò verso le scienze della terra. A Torino si sposò con Aida Marini il 5 ottobre 1903.
Dal 1898 al 1909, ricoprì l’incarico di assistente alla cattedra di mineralogia presso il Regio Istituto di studi superiori di Firenze, di cui furono titolari rispettivamente Giuseppe Grattarola e Federico Millosevich.
Gli studi del periodo fiorentino rivelarono l’originalità sperimentale e il respiro interdisciplinare della sua attività scientifica. Convinto del fondamentale contributo che le recenti acquisizioni in ambito chimico e fisico avrebbero potuto arrecare allo studio delle strutture cristalline dei minerali, nel 1896 diede alle stampe una nota sulle cariche elettrostatiche prodotte dai raggi X (Gallitelli, 1968, p. 3). Alle considerazioni sulla radiazione scoperta dal fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen nel 1895, fecero seguito le ricerche sul comportamento ottico e fisico di alcuni minerali, con cui chiarì la correlazione tra l’ampiezza dell’angolo degli assi ottici di differenti strutture cristalline e il variare della temperatura (fenomeno di dispersione termocroica; Influenza della variazione della temperatura e più specialmente dei forti raffreddamenti sul comportamento ottico di alcuni minerali, in Memorie della Reale Accademia dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, IV [1902], pp. 388-430; Sulla variazione nei fenomeni ottici dei minerali al variare della temperatura, Ibid., VI [1906], pp. 37-74).
Dopo il conseguimento della libera docenza in mineralogia nel 1905, l’interesse verso le scienze della terra divenne predominante. Al principio, si dedicò allo studio di specie minerali proprie dell’Italia centro-meridionale, descrivendone genesi e giacitura, quindi, nel 1910, vincendo un concorso per i licei, chiese di essere destinato a Reggio Calabria, dove avrebbe potuto completare le proprie indagini mineralogiche recandosi direttamente sul terreno. Trasferitosi al liceo di Sessa Aurunca, si occupò successivamente delle specificità mineralogiche e petrografiche, prima, dell’isola di Vulcano e, poi, della conca vulcanica di Roccamonfina (Caserta). Alle due località dedicò numerosi lavori tra il 1911 e il 1922. Le rilevanti ricerche condotte su Vulcano, nel corso delle quali mise in evidenza il legame tra specifiche fasi eruttive e la distribuzione di particolari specie minerali e di alcuni elementi chimici (tra cui il selenio), ricevettero nel 1915 il prestigioso riconoscimento del premio ministeriale per le scienze naturali dell’Accademia nazionale dei Lincei. Quello stesso anno, l’Università di Siena conferì a Panichi la docenza per il corso di mineralogia e la direzione dell’Istituto. Nel 1924 si trasferì presso l’Ateneo di Cagliari, ottenendo ancora la nomina a professore di mineralogia; qui restò fino al 1928, quando fu chiamato a Pavia per succedere sulla cattedra della medesima disciplina a Luigi Brugnatelli, appena scomparso.
Nel periodo compreso tra il 1924 e il 1935, riscoprì gli interessi giovanili per la cristallografia. Concentrò le sue ricerche su questioni teoriche di frontiera e dal carattere interdisciplinare, ponendo particolare attenzione alla cristallochimica e alle analisi cristallografico-matematiche e cristallografico-fisiche. Furono rispettivamente oggetto di indagine: le alterazioni dei pesi specifici nelle reazioni tra composti chimici cristallizzati, le simmetrie reticolari e le forze di legame nei reticoli cristallini. La precisazione sperimentale della correlazione tra le proprietà del reticolo e le deformazioni dei legami ionici, insieme alle ricerche sulla rifrazione molecolare e sul calcolo della variazione delle energie reticolari in diversi minerali e composti chimici, ottennero notevole risonanza, a tal punto da essere insignite, nel 1934, del premio Reale per le scienze geologiche e mineralogiche dell’Accademia dei Lincei.
Gli studi squisitamente teorici si alternarono con la costante attività sperimentale. Del resto, Panichi, fin dai primi lavori, si era distinto per la straordinaria abilità nella progettazione e realizzazione delle apparecchiature di cui si serviva nelle sperimentazioni. Fu, ad esempio, di sua ideazione lo strumento, ricavato dalla combinazione di un microscopio polarizzatore con uno spettrografo, con cui riuscì a definire le proprietà ottiche di alcune lamine minerali.
Negli anni Trenta, furono altresì di un certo interesse le ricerche sul fenomeno della decomposizione dei silicati, ritenuti fino ad allora ‘inattaccabili’. Anche se le sue osservazioni si interruppero ancora in uno stato embrionale, a causa delle difficoltà incontrate nella sperimentazione, furono comunque in grado di dimostrare l’alterazione dei reticoli cristallini dei silicati per prolungata macinazione a secco, aprendo così allo studio dei meccanismi di concrezione minerale nella diagenesi dei sedimenti (Considerazioni e ricerche sui silicati, in Rendiconti del Regio Istituto lombardo di scienze e lettere, LXXI (1938), 2, pp. 1-9).
Nel 1940 figurò tra i fondatori della Società mineralogica italiana, di cui fu il primo presidente per sei anni e socio onorario fino alla morte. Fu, inoltre, responsabile della progettazione, sistemazione e collocazione della nuova sede dell’Istituto di mineralogia dell’Università di Pavia (L’Istituto di mineralogia di Pavia e l’indirizzo delle ricerche mineralogiche, Pavia 1939). Interruppe l’insegnamento nel 1942 per raggiunti limiti di età, tuttavia non smise di dedicarsi allo studio delle proprietà fisiche e matematiche dei cristalli; un’attività che proseguì anche negli ultimi anni di vita.
Morì a Pavia l’11 marzo del 1966, all’età di 93 anni.
Ricevette numerosi riconoscimenti accademici. Fu socio nazionale dei Lincei dal 1947, nonché membro dell’Istituto lombardo di scienze e lettere e dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Fu anche socio corrispondente dell’Accademia delle scienze di Torino. A suo ricordo, la Società mineralogica italiana istituì un premio per giovani studiosi nelle discipline mineralogiche.
Fiorenzo Mazzi così ricordava la vivacità intellettuale e il temperamento del mineralista toscano: «[…] nell’Istituto di mineralogia si parla spesso di un Panichi battagliero e dei suoi scontri, non privi di rischi, per la difesa delle installazioni dell’Istituto nei confronti delle truppe tedesche che lo occupavano durante l’ultima guerra. Per me che l’ho conosciuto un po’ più a fondo solo dal 1961 resterà nella memoria come un anziano signore di acuto ingegno, cortese, bonario, sempre fortemente interessato alla “Sua scienza” e alla “Sua Università”, un binomio al quale aveva dedicato l’intera esistenza» (In memoria di U. P., in Rendiconti della Società mineralogica italiana, XXIII (1966), p. 55).
Opere: Sullo zolfo di Vulcano (isole Eolie), Catania 1912; Contributo allo studio dei minerali dell’Isola di Vulcano, in Memorie della Reale Società italiana delle scienze (dei XL), XIX (1914), pp. 1-55; Ricerche petrografiche nel Vulcano di Roccamonfina. Nota riassuntiva, in Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, XXVIII (1919), 5, pp. 193-196; Ricerche petrografiche sulla Regione Aurunca, in Memorie della Società italiana delle scienze (dei XL), XXII (1922), pp. 1-124; Esame microscopico-spettrografico di alcuni minerali, in Periodico di mineralogia, X (1939), pp. 99-109.
Fonti e Bibl.: A. Bianchi, Il contributo italiano al progresso della petrografia negli ultimi cento anni, in Un secolo di progresso scientifico italiano: 1839-1939, VII, Roma 1940, pp. 71-91; P. Gal-litelli, U.P. Discorso commemorativo pronunciato dal linceo… nella seduta ordinaria dell’11 maggio 1968, inCelebrazioni lincee, XIV (1968), pp. 1-10; R. J. Sureda, Historia de la mineralogía, San Miguel de Tucumán 2008, pp. 32-91.