MANUNTA, Ugo
Nacque a Cagliari il 13 luglio 1902, da Ernesto e da Virginia Rais. Giovanissimo si trasferì a Torino e cominciò a collaborare a Il Popolo d'Italia, dando avvio a un'articolata carriera che lo avrebbe condotto, nel corso del Ventennio, ai vertici della stampa di regime.
Oltre che per il tramite della carta stampata, il suo percorso di avvicinamento al fascismo si realizzò seguendo i canoni della militanza politica. Membro dal 1919 del gruppo giovanile nazionalista torinese E. Biamino (del quale fu nominato, tra il 1920 e il 1921, vicepresidente), si iscrisse nel 1922 al Partito nazionale fascista (PNF), prendendo energicamente parte alle azioni delle camicie nere cittadine e, con la squadra A. Campiglio, "a tutte le manifestazioni culminanti nella sfilata del 29 ottobre 1922" (Roma, Arch. centrale dello Stato, Carte Ugo Manunta (1925-1945), b. 3, f. Pratica di anzianità fascista).
La tessera del PNF e i trascorsi antemarcia gli consentirono di essere designato, poco più che ventenne, alla carica di direttore de La Stampa sportiva (1924-25), cui seguì quella di capocronista del quotidiano Il Regno (1925), di segretario dell'Associazione nazionale della stampa subalpina e dell'Associazione della stampa sportiva; nonché l'inclusione tra i collaboratori stabili de La Stampa (1926-27) e della Gazzetta del popolo (1928-30). Nel capoluogo piemontese fondò quindi, insieme con E. Rapetti e con il patrocinio del presidente del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) L. Ferretti, Olimpionica.
Olimpionica era un mensile dalla raffinata veste grafica, destinato alla "valorizzazione dello sport italiano all'estero e all'intensa propaganda olimpionica negli ambienti sportivi nazionali" (ibid., marzo 1927, n. 1).
Parallelamente alla rapida progressione nel giornalismo torinese, il M. iniziò a farsi un nome tra gli ambienti della stampa romana, specializzandosi in uno dei settori centrali del processo di fascistizzazione della società perseguito dal regime nella fase della stabilizzazione totalitaria: il sindacato. Nella capitale, dove si trasferì stabilmente nel 1930, fu redattore e direttore del servizio sindacale de Il Lavoro fascista (1928-43); collaborò, con interventi dedicati alle corporazioni, a Critica fascista; promosse e fu condirettore, con Rapetti e U. Bernasconi, de L'Ordine corporativo, il mensile dell'Ente nazionale fascista della cooperazione (a. I, n. 1, 20 luglio 1934), per attenersi ai luoghi principali di un'attività che si concretizzò anche nell'assunzione della vicedirezione, nell'aprile del 1940, de Il Lavoro - quotidiano genovese diretto da G. Granzotto ed espressione del Sindacato fascista lavoratori dell'industria - e di numerosi incarichi nelle istituzioni cooperative.
Le funzioni ufficiali non gli impedirono, tuttavia, di esprimere posizioni eterodosse e vicine al complesso universo della "sinistra fascista": nel dibattito sulla politica economica e la ristrutturazione dei rapporti di lavoro, si fece promotore di un sindacalismo alternativo non solo al liberismo e al capitalismo, ma anche alle derive stataliste del corporativismo imperante negli enti pubblici, primo tra tutti l'Istituto per la ricostruzione industriale (IRI).
Nella seconda metà degli anni Trenta, il M. cominciò ad affiancare agli impegni sindacali il lavoro propagandistico a sostegno dell'imperialismo. Volontario nella campagna d'Etiopia, fu inviato come corrispondente di guerra in Libia nel 1940 e promosso, nel novembre 1941, consulente dell'Ente stampa per la Libia e direttore del Corriere di Tripoli, giornale delle truppe operanti in Africa durante la seconda guerra mondiale.
Malgrado le difficoltà economico-amministrative dell'Oltremare, i problemi legati alla carenza di carta, inchiostro, macchinari tipografici e alla precarietà delle collaborazioni, sottoposte al farraginoso sistema dei visti militari, il foglio si caratterizzò per dinamismo e operosità: i reportages sull'andamento del conflitto e gli speciali sulla penetrazione nei territori coloniali concorsero in maniera fattiva ad "allargare, via via, in cerchi successivi, lo spazio politico dell'Italia nella sua spinta imperiale" (Isnenghi, p. 342).
Rientrato in patria nel 1943, in seguito alle sconfitte nazi-fasciste sul suolo africano, il M. partecipò attivamente al processo di fondazione della Repubblica sociale italiana (RSI), della quale condivise programma, tensioni utopiche e mito del "ritorno alle origini" fin dalle settimane immediatamente successive alla liberazione di B. Mussolini. Dal 1° ottobre al 10 dic. 1943 affiancò, come vicedirettore responsabile, il direttore del Corriere della sera E. Amicucci, venendo cooptato nella politica di controllo delle principali testate nazionali predisposta dal duce nell'attesa di poter provvedere a un'effettiva riforma della stampa. L'11 dic. 1943 fu quindi trasferito alla guida de Il Secolo. La Sera (Milano), dove sarebbe rimasto fino all'autunno 1944.
Il dichiarato intento era quello di contribuire alla "costruzione del nuovo Stato sociale repubblicano, in cui il lavoro non dovrà essere più succube del capitale, ma forza direttrice e dominante di una società rinnovata dalle fondamenta" (U. Manunta, Il nostro compito, ibid., 11 dic. 1943).
Rinnovamento e trasformazioni sociali furono i temi dominanti dei suoi interventi e della linea impressa al giornale, come della carica di sottosegretario al Lavoro che svolse alle dipendenze del ministro G. Spinelli, sostenendone lo spirito riformatore in opposizione al moderatismo del ministro dell'Economia corporativa A. Tarchi.
Il radicalismo del M. non tardò a richiamare le critiche di R. Farinacci, che ne Il Regime fascista attaccò ripetutamente la legislazione sulla socializzazione e le tendenze sindacaliste del suo principale ispiratore.
Trasformatosi in polemica aperta sulla natura politica dello Stato e del fascismo repubblichino, lo scontro ai vertici della RSI volse a sfavore del M. conducendolo, il 25 ott. 1944, a rassegnare le dimissioni. Sostituito da E. Camuncoli e nominato commissario alla casa editrice Garzanti (dicembre 1944), passò gli ultimi mesi del conflitto mondiale collaborando a L'Ora, rivista settimanale edita da Mondadori nella quale il M., dal n. 23, tenne la rubrica "Sestante sociale", e a L'Orizzonte, il settimanale della X Mas creato da V. Borghese; nel gennaio 1945 aderì quindi al Raggruppamento nazionale repubblicano socialista fondato da E. Cione.
Dopo la Liberazione, proseguì l'attività redazionale al servizio di varie testate romane, de La Stampa e del Corriere della sera; nella capitale, in cui tornò a risiedere, aprì e diresse l'agenzia di informazione per la stampa Dies. Più che all'operato giornalistico, il suo nome rimane tuttavia legato alle ipotesi di conciliazione con gli antifascisti che circolarono tra i reduci di Salò nei complessi mesi della transizione postbellica.
In virtù delle posizioni sostenute tanto durante il Ventennio che nel corso della RSI, fu tra gli interlocutori dei tentativi di avvicinamento ai sindacalisti e agli esponenti della sinistra storica fascista perseguiti da P. Togliatti a ridosso dello svolgimento del referendum istituzionale. Nonostante alcuni scambi epistolari con il segretario del Partito comunista italiano (PCI) e un incontro con L. Longo, il M. si dichiarò in ogni caso contrario all'instaurazione di un rapporto organico con il PCI e la Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), scegliendo di condurre la propria battaglia politica per una connotazione radicale e anticonservatrice del neofascismo all'interno del costituendo Movimento sociale italiano (MSI).
Ai giornali che concorsero, nel rispetto delle disposizioni di legge sulla stampa, a preparare il terreno per la nascita del MSI, il M. diede un contributo di primo piano accettando - tra la primavera del 1947 e l'estate del 1949 - la direzione de Il Pensiero italiano, rassegna culturale pubblicata dall'Azienda editoriale italiana legata al costruttore C. Patrizi, tra i fondatori e sovvenzionatori del MSI. Lasciata la guida del mensile neofascista, lavorò alla Pontificia Commissione di assistenza (settore problemi del lavoro) e, pur non abbandonando la professione giornalistica, orientò il proprio percorso verso le organizzazioni sindacali e assistenziali della stampa romana e nazionale.
Fu segretario del collegio dei probiviri dell'Associazione della stampa romana, membro del consiglio della Federazione nazionale della stampa italiana, presidente della Cooperativa edilizia stampa romana, componente del consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani e del consiglio di amministrazione della Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani, per limitarsi ad alcune fra le cariche che ricoprì negli ultimi anni della lunga e ininterrotta attività nel mondo dell'informazione.
Il M. morì a Roma il 3 luglio 1988.
Tra gli scritti del M.: Ricerca del sindacato (Tivoli 1930); La cooperazione di lavoro in Italia (Roma 1939); I tre pilastri del rinnovamento sociale: azienda, sindacato, socializzazione (Milano 1944); La caduta degli angeli. Storia intima della Repubblica sociale italiana (Roma 1947); Premesse e finalità della socializzazione (s.l. né d.).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Carte Ugo Manunta (1925-1945); Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, ff. 542.224, 500.040/11; ibid. (1943-1945), b. 338: f. 2195; Ibid., Fondazione Ugo Spirito, Sindacalisti fascisti, ad ind.; Milano, Arch. stor. del "Corriere della sera", Carteggio personaggi e Società, ad ind.; G. Licata, Storia del Corriere della sera, Milano 1976, pp. 351, 421; U. Alfassio Grimaldi, La stampa di Salò, Milano 1979, ad ind.; G. De Luna - N. Torcellan - P. Murialdi, La stampa italiana dalla Resistenza agli anni Sessanta, Roma-Bari 1980, pp. 22, 39, 58, 61, 64, 72; V. Paolucci, La stampa periodica della Repubblica sociale, Urbino 1982, pp. 14, 39, 154, 222; G. Gabrielli, La "defascistizzazione" della stampa della RSI, Roma 1986, ad ind.; P. Murialdi, La stampa del regime fascista, Roma-Bari 1986, p. 197; I quotidiani della Repubblica sociale italiana, a cura di V. Paolucci, Urbino 1987, pp. 14, 44 s., 150, 284, 286-288, 387, 390, 402; U. Indrio, Da "Roma fascista" al "Corriere della sera". Cinquant'anni di storia italiana nelle memorie di un giornalista, Roma 1987, pp. 67 s., 86, 154; G. Parlato, Il sindacalismo fascista, II, Dalla "grande crisi" alla caduta del regime (1930-1943), Roma 1989, ad ind.; M. Isnenghi, L'Italia del fascio, Firenze 1996, p. 342; L. Ganapini, La Repubblica delle camicie nere, Milano 1999, ad ind.; A. Baldoni, La Destra in Italia 1945-1969, Roma 1999, p. 135; G. Parlato, La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, Bologna 2000, ad ind.; Id., Fascisti senza Mussolini. Le origini del neofascismo in Italia 1943-48, Bologna 2006, pp. 281 s., 284; Chi è? 1948, p. 337; G. Vaccaro, Panorama biografico degli Italiani d'oggi, II, Roma-Firenze 1956, p. 360; Lui chi è?, II, Torino 1969, p. 545; Diz. biografico dei meridionali, II, Napoli 1974, p. 637.