CONCHES, Ugo de
Nato nella prima metà del secolo XIII, apparteneva a una rinomata famiglia marsigliese schieratasi in favore del conte di Provenza Carlo d'Angiò e contro le rivendicazioni autonomistiche del Comune di Marsiglia.
Dopo la conquista del Regno di Sicilia si rafforzarono i legami della famiglia, e del C. in particolare, con la casa d'Angiò. Nel 1265 il C. presentò al clavaire di Marsiglia sessantatré libbre tornesi destinate all'armamento delle navi con le quali Beatrice di Provenza, moglie di Carlo d'Angiò, doveva raggiungere il marito a Roma. Nel 1267 poi troviamo il C. stabilmente, al servizio del nuovo re di Sicilia: a Marsiglia sovrintendeva alla costruzione di navi da guerra per le quali lo scrivano della città di Aix-en-Provence gli assegnò prima 600, poi 300 once di denaro. Egli stesso fu ricompensato per l'esecuzione di questi lavori con la considerevole somma di 105 libbre tornesi.
Nel 1269 si trasferì nel Regno di Sicilia, ma l'accoglienza che vi ricevette presenta aspetti abbastanza oscuri. Nel febbraio lo troviamo prigioniero - non si sa per quale motivo - nel castello di Barletta, a condizioni onorevoli però, perché non era stato messo in catene. Cinque mesi più tardi era di nuovo libero. Davanti alla roccaforte saracena di Lucera assediata dalle truppe angioine il re lo infeudò con alcune terre nel Principato di Salerno, parte delle quali in precedenza erano state in possesso di Giovanni da Procida. La rendita annua fu stabilita in venti once. E C. aveva quindi ricevuto un "feudum integrum" che lo obbligava di prestare il servizio feudale per un periodo di tre mesi, al massimo, durante il quale doveva mettere a disposizione del re un cavaliere, pienamente equipaggiato con quattro cavalli, uno scudiero e due fanti.
Già nell'agosto del 1269 Carlo d'Angiò affidò al C., uomo esperto di mare, un'importante carica nella flotta. Nel luglio di quest'anno era morto l'ammiraglio del Regno Guillaume de Beaumont e questa dignità, la seconda di rango nel Regno, doveva essere assegnata di nuovo a un nobile francese. Ma per il periodo della vacanza il comando della flotta fu affidato al Conches. Con una flottiglia di otto galere questi si diresse verso l'isola di Sicilia, per comandare, dal mare, l'assedio della città di Augusta, la quale anche dopo la sconfitta dei ghibellini a Tagliacozzo persisteva nella rivolta contro il dominio angioino. Tuttavia già il 29 sett. 1269 Guglielmo l'Etendard assunse l'ufficio di ammiraglio ed anche l'alto comando della lotta contro gli insorti, mentre il C., posto alle dirette dipendenze del nuovo ammiraglio, continuò a partecipare con le sue otto galere alle operazioni contro Augusta. Con la conquista della città, caduta per tradimento, era stato distrutto il centro dell'opposizione nella parte orientale della Sicilia e quindi l'Etendard mandò il C. con la sua flottiglia sulla costa occidentale dell'isola, dalle parti di Mazara del Vallo. Nel corso del 1270, soffocate tutte le rivolte contro il dominio angioino, Carlo d'Angiò poté pensare di nuovo ai suoi progetti orientali. L'alto comando della guerra contro Michele Paleologo doveva essere assegnato a Guglielmo di Villehardouin, principe di Acaia e fedele alleato del re, mentre il C. lo doveva affiancare con una flotta. Il 31 marzo 1270 il re gli ordinò di armare, con l'aiuto del protontino di Barletta e di Monopoli e del giustiziere di Terra di Bari, una flottiglia di dieci galere e dieci barche e di trasferirsi con esse in Grecia. Non è possibile stabilire se il C. sia effettivamente salpato per la Grecia; ma in questo caso si dovette trattenere solo per pochissimo tempo presso il Villehardouin.
La partecipazione di Carlo d'Angiò alla crociata di Tunisi organizzata da suo fratello Luigi IX di Francia spostò il centro dell'interesse altrove. Si trattava di trasferire nell'Africa settentrionale l'esercito dei crociati angioini e il C. fu uno degli ufficiali della flotta cui il re affidò questo compito. Nel luglio del 1270 il C. fece approvvigionare a Napoli le navi sottoposte al suo comando e con esse si recò a Trapani, dove furono imbarcate le truppe. Finita la crociata, il C. tornò in Provenza munito di un salvacondotto del re; ma vi si trattenne solo per poco, probabilmente per sistemare alcuni affari personali. Quando alla fine del 1272 fu dichiarata la guerra tra Genova e la Sicilia, il C. era già tornato nel Regno.
Nel febbraio del 1273 Carlo d'Angiò lo incaricò della sorveglianza sui lavori di riparazione e sugli armamenti della flotta regia nel Principato di Salerno e in Terra di Lavoro. All'inizio del 1274 le sue competenze furono ampliate ulteriormente. Gli fu affidato anche il comando operativo di questa flotta in caso di guerra. Egli aveva l'ordine di salpare immediatamente e di cercare il combattimento appena fossero state avvistate le navi genovesi. Ma quando nel giugno si presentarono venticinque galere genovesi davanti alle coste delle sue province, il C. preferì evitare lo scontro e si limitò a dare l'allarme alle singole stazioni della costa invitandole di stare all'erta. Al re scrisse che le navi non puntavano sulle coste del Regno, ma sulla Sardegna. In realtà l'atteggiamento del C. era una chiara dimostrazione della totale inferiorità della flotta angioina nei confronti di quella genovese che si evidenziò anche in altri episodi di questa guerra. Finalmente, nel luglio del 1274, tutte le forze navali angioine, quelle del Regno e quelle provenzali furono riunite sotto il comando dell'ammiraglio Philippe de Toucy; una lettera informò il C. del provvedimento.
Dopo la fine della guerra con Genova il re premiò il C. elevandolo al rango di cavaliere e nominandolo suo familiare. Il C. si ritirò quindi nelle sue terre nel Principato di Salerno, ma evidentemente gli riuscì difficile abituarsi alla vita pacifica. Fu denunciato al re perché egli e il figlio violavano continuamente la legge che proibiva severamente di portare armi. Nel 1276lo stratigoto di Salerno lo incarcerò per aver provocato, insieme con il figlio, gravi disordini nelle vie della città. Fu rimesso in libertà solo per ordine del re, che tuttavia gli impose di presentarsi davanti a lui per giustificare il suo comportamento.
Nel 1278, nel quadro dei preparativi per la guerra in Grecia, fu riorganizzata l'amministrazione della flotta. Le coste del Regno furono suddivise in tre zone (dal fiume Tronto fino a Crotone, Sicilia e Calabria, Principato e Terra di Lavoro) sottoposte a funzionari chiamati prima preposti, poi viceammiragli, affiancati a loro volta da commissari che avevano il compito di sorvegliarli e di stabilire il collegamento con la corte; al C. fu allora affidato l'ufficio di commissario nel Principato e in Terra di Lavoro.
Non poté esercitarlo a lungo. Morì nel Regno alla fine dello stesso 1278.
Suo figlio omonimo, ricordato in occasione dei disordini di Salerno, forse non gli sopravvisse, oppure si era ritirato in Provenza dopo quegli incidenti. Il fatto è che i feudi italiani del C. nel febbraio del 1279 tornarono alla Camera. Poco prima di morire il C. aveva sposato in seconde nozze Costanza, figlia di Andrea di Cicala (che al tempo di Federico II aveva ricoperto alti uffici nel Regno ed era rimasto coinvolto nella grande congiura contro l'imperatore del 1246), signora di Polizzi e di Golisano.
Lo avevano seguito nel Regno di Sicilia altri membri della sua famiglia. Jean de Conches, miles, vi giunse nel 1267. L'anno successivo Carlo d'Angiò lo incaricò di approntare un elenco dei beni mobili e immobili della Corona nel Regno. Ma in seguito Jean tornò in Provenza. Nel marzo del 1276 il re lo nominò castellano del castello di Orgou in Provenza. René de Conches ricoprì l'ufficio di ispettore delle foreste tra il 1269 e il 1272.
Fonti e Bibl.: I registri della Cancell. angioina, a cura di R. Filangieri, I-XXI, Napoli 1950-1968, ad Indices; P.Durrieu, Les archives angevines de Naples, II, Paris 1885, p. 307; R. Stemfeld, Karl von Anjou als. Graf der Provence, Berlin 1888, p. 244; C. Manfroni, Storia della marina ital., II, Dal trattato di Ninfeo alla caduta di Costantinopoli, Livorno 1902, pp. 51, 54, 56; V.L. Bourilly, Essai sur l'histoire de la Commune de Marseille des origines à la victoire de Charles d'Anjou (1264), Aix-en-Provence 1925, ad Indicem; W.Cohn, Storia della flotta sicil. sotto il governo di Carlo d'Angiò, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, XXV (1929), pp. 364, 368, 374; XXVII (1931), p. 202; G. Lesage, Marseille angevine, Paris 1950, ad Ind.; H. Schadek, Die Familiaren der sizilischen und aragonesischen Könige im 12. und 13. Jahrhundert, in Gesammelte Aufsätze zur Kulturgeschichte Spaniens, XXVI (1971), p. 326.