UGANDA (A. T., 107-108)
Antico reame indigeno dell'Africa centrale nella regione rivierasca occidentale del Lago Vittoria da cui ha preso il nome l'attuale protettorato britannico che comprende il reame stesso e i territorî limitrofi.
L'Uganda fu visitato per la prima volta nel 1862 dagli esploratori inglesi J. H. Speke, J. A. Grant che vi pervennero nel loro viaggio di scoperta alle sorgenti del Nilo e ne diedero una descrizione che rivelava il grado di relativa civiltà della popolazione indigena e i sentimenti favorevoli agli Europei del loro re M'Tesa, figlio ed erede di Suna, il primo re dell'Uganda con cui gli Europei ebbero rapporti. Secondo la tradizione raccolta dallo Speke, il regno avrebbe avuto origine da un movimento di ribellione delle genti rivierasche del lago Vittoria contro il re dell'Unioro che li teneva come schiavi; ribellione guidata da un ardito cacciatore di nome Ganda (nome applicato poi al paese) che ne fu proclamato re e fondò la dinastia da cui discendeva M'Tesa. La fama di questo sovrano indigeno e delle sue qualità indusse il Gordon, allora governatore generale del Sudan orientale, a entrare con lui in rapporti amichevoli, onde nel 1874 inviò colà in missione il col. C. Chaillé Long e l'anno di poi E. Linant de Bellefonds, che vi s'incontrò con lo Stanley nel corso della sua memorabile traversata del continente nero. Fu per le sollecitazioni dello Stanley, favorevolmente impressionato delle buone disposizioni degli abitanti e del re M'Tesa non ancora guadagnati all'influenza islamica, che la "Church Missionary Society" s'indusse ad inviare poco dopo nell'Uganda i primi missionarî anglicani ai quali fecero seguito l'anno di poi quelli cattolici dell'ordine francese dei Padri Bianchi fondato dal cardinale Lavigerie. Il re M'Tesa ne favorì l'opera e una parte notevole della popolazione, specialmente delle classi più elevate, abbracciò il cristianesimo. La rivalità fra le due chiese, che nascondeva anche una rivalità politica, e il graduale diffondersi dell'islamismo dovevano peraltro portare a conseguenze gravi che non mancarono di manifestarsi alla morte di M'Tesa. Il figlio Muanga che gli successe al trono cambiò presto contegno verso gli Europei, iniziando una vera e propria persecuzione contro i missionarî, cui fu anche proibito di abbandonare il paese come essi avrebbero voluto per sottrarsi alla sorte che li attendeva. Emin bey, che al tempo di M'Tesa aveva anch'egli ripetutamente soggiornato nell'Uganda come agente di Gordon e così pure i suoi compagni, rimasti con lui in Equatoria dopo l'abbandono del Sudan da parte delle forze anglo-egiziane, fra i quali l'italiano Casati, trovarono preclusa la via dell'Uganda per raggiungere la costa e lo stesso Stanley, guidando la spedizione di soccorso, dovette evitare di toccarne il territorio. Le persecuzioni anticristiane si fecero sempre più gravi.
Oltre un centinaio di cattolici furono uccisi: 22 di essi, risultando dai processi canonici della Chiesa ch'erano stati martirizzati indubbiamente in odio della fede, vennero beatificati il 6 giugno 1920. Un gruppo di 13, paggi del re dai tredici ai venti anni d'età, o cortigiani tra i venticinque e i trent'anni, avendo rifiutato di apostatare furono arsi vivi il 3 giugno 1886; gli altri 9 subirono lo stesso martirio in date diverse nello spazio di poco più di un anno (dal 13 novembre 1885 al 27 gennaio 1887): erano anch'essi in fresca età, ad eccezione di due che avevano passato il 50° anno.
Di fronte a una sollevazione del popolo, Muanga fu obbligato a fuggire e si rifugiò presso i missionarî francesi stabiliti a Ukumbi dove si fece cattolico. Seguì un periodo di lotte accanite con alterne vicende tra i seguaci di Muanga e quelli del fratello suo Kiueva che ne aveva occupato il trono. Finalmente riuscì a Muanga, con l'aiuto dell'ex-missionario irlandese Stokes, di ricuperare il trono perduto (ottobre 1889). Si ebbe allora un nuovo periodo di tranquillità e di quiete. I partigiani delle due chiese cristiane, i cui dissensi avevano tanta parte nelle interne competizioni, si divisero il potere con esclusione dei musulmani e dei seguaci ancora rimasti delle antiche credenze feticiste. Per rafforzare l'opera loro i missionarî inglesi chiesero l'appoggio della Compagnia dell'Africa orientale operante in quella che è ora la Colonia del Kenya e che era stata costituita fin dal 1886 per contrapporla alla Compagnia germanica dell'Africa orientale, mentre i cattolici francesi tendevano a collegarsi con gli stabilimenti del Congo. Nel febbraio 1890 il tedesco dottor Peters, che operava per conto della Compagnia germanica, penetrato nell'Uganda riuscì agevolmente ad ottenere da Muanga il riconoscimento del protettorato germanico sul suo reame, ciò che l'avrebbe liberato dalle continue rivalità dei due partiti. Ma l'Inghilterra mirava da anni a dividere l'Africa in due parti mediante un'ampia striscia di territorio inglese dal Cairo al Capo e l'accordo anglo-germanico concluso il 10 luglio 1890, per il quale l'Uganda restava compresa nella sfera d'influenza britannica. rese nullo il trattato. La Compagnia della "British East Africa" stimolata dall'opinione pubblica inglese che reclamava un'azione più decisa a far valere l'influenza britannica, inviò sul posto il cap. Frederik J. Lugard che, non senza difficoltà, riuscì a indurre Muanga a riconoscere gli accordi conclusi; ma solo in seguito ai risultati di una missione affidata a sir Gerald Portal, il governo britannico s'indusse nel 1894 a proclamare il suo protettorato sull'Uganda. Non cessarono per questo le difficoltà derivanti dal contegno, mantenutosi ostile, di Muanga e dagli ammutinamenti delle truppe sudanesi arruolate dagl'Inglesi. Anche il movimento mahdista ebbe le sue ripercussioni nel paese e benché le truppe inglesi avessero presto ragione di Muanga costringendolo a rifugiarsi in territorio tedesco, insurrezioni e guerriglie continuarono fino al 1899. La missione di carattere politico-amministrativo, affidata a un uomo di larga esperienza e di profonda cultura coloniale come sir Harry Johnston, valse a dare un assetto normale al paese che egli perlustrò in ogni senso dandone anche un'ampia e sicura illustrazione. L'Uganda non cessò con questo di essere campo di ricognizioni e di studî che ne hanno sempre più allargato la conoscenza. Segnaliamo, tra l'altro, le relazioni stese dagl'incaricati del tracciamento dei confini con l'ex-Africa Orientale Germanica. Ricordiamo come notevole contributo italiano la grande spedizione del Duca degli Abruzzi al Ruvenzori.
I confini del protettorato dell'Uganda, quali furono fissati in seguito all'aggregazione di territorî contermini e quali oggi risultano, sono i seguenti: a O. il Lago Edoardo, di cui spetta all'Uganda la parte orientale, la dorsale del Ruvenzori, il corso del Semliki e l'asse del Lago Alberto sin presso la defluenza del Nilo; quindi la linea di displuvio tra il bacino del Nilo e quello del Congo sino alla lat. N. di 3° 40′. A N. da una linea tortuosa che dal punto anzidetto dirigendosi verso levante taglia il Nilo a Nimule, raggiunge la sommità del M. Kareko (o Didinga) ad oltre 200 km. a est di Nimule. Di qui piegando a sud e passando per la linea di alture che limitano a oriente il bacino del Nilo, tocca la sommità del M. Elgon e raggiunge la riva del Lago Vittoria poco a N. dell'Equatore. A sud il parallelo di 1° di lat. australe lascia all'Uganda tutta la parte settentrionale del Lago Vittoria (salvo una limitata fascia lungo la costa orientale) raggiungendo a ovest di questo il corso del Kagera per piegare poi verso ovest e quindi verso nord sino al Lago Edoardo. Entro questi confini il Protettorato dell'Uganda si estende per 243.973 kmq. dei quali 35.264 sono acque interne rappresentate principalmente dallo specchio settentrionale del Lago Vittoria, da quello orientale del Lago Alberto e dagli espandimenti lacustri che formano il cosiddetto Lago Kioga. Esso comprende oltre all'antico regno dell'Uganda, quello dell'adiacente Unioro, parte dell'antica provincia equatoriale del Sudan Egiziano e altri territorî minori. Confina col Sudan Anglo-Egiziano a nord, con la colonia britannica del Kenva ad est, col Territorio del Tanganica (mandato britannico) a sud, col Congo Belga e il mandato del Ruanda-Urundi a O. Dal punto di vista fisico il protettorato dell'Uganda comprende prevalentemente aree pianeggianti, costituite da un'impalcatura di rocce cristalline, in parte coperte da depositi alluvionali, dominate sui margini dai grandi colossi dell'Elgon (4321 m.) e del Ruvenzori (P.ta Margherita, 5125 m.) e da montuosità minori che ne segnano come vedemmo i confini. L'altitudine media dell'area pianeggiante si mantiene intorno ai 1000 m., mentre nel suo punto più basso, rappresentato dal livello del Nilo a Nimule, è di circa 500 m. Compresa totalmente nella zona equatoriale, l'Uganda ha il clima che compete alla sua latitudine, mitigato dagli effetti dell'altitudine. A Entebbe, posta sotto l'equatore, sulla sponda nord del Vittoria, la temperatura media del mese più freddo (luglio) è di 20°,2 e quella del mese più caldo (ottobre) di 23°,4, con estremi assoluti, osservati di 13° e 33°. Notevole la piovosità che vi ragguaglia 1500 mm. annui. Queste abbondanti precipitazioni alimentano un'estesa rete idrografica che al pari dei grandi laghi, i quali rappresentano, come fu detto, una parte estesa della sua area, appartiene tutta al bacino scolante del Nilo.
La vegetazione è lussureggiante, meno che nella regione del Lago Rodolfo dove esiste una vegetazione steppica analoga a quella della Somalia. Nelle provincie occidentali la flora presenta qualche analogia con quella dell'Africa occidentale.
Ad occidente del Lago Vittoria l'80% di alcune foreste è costituito prevalentemente dalla Maesopsis Emini, Ramnacea alta oltre 30 m., frammista a Piptadenia africana.
Qua e là nel territorio, ove il suolo non è troppo secco, sono diffuse liane da caucciù, specialmente Clitandra orientalis, Carpodinus landolphioides; la Kichxia elastica abbonda nella foresta di Budonga, dove è pure frequente la Pseudocedrela utilis e la Khaya anthothera. Nella regione del Lago Vittoria fra i grandi alberi sono notevoli: Ficus Schimperi la cui corteccia serve per confezionare vestimenti e Pachylobus edulis, Burseracea a frutti mangerecci che sul versante atlantico dell'Africa si trova dal Camerun all'Angola.
Nelle zone più elevate dell'altipiano prevalgono i pascoli, dove fra le Graminacee crescono frutici ed arbusti appartenenti alle Leguminose e alle Composte.
I corsi d'acqua sono rivestiti sulle sponde di papiri, che in alcune ampie insenature formano insieme col Cladium mariscus vaste associazioni e costituiscono specie di isole galleggianti su cui si sviluppano Myrica Kandtiana e cespugli emisferici di Ficus praeruptorum var. Ruandensis; vi s'incontra, ma raramente, l'Aeschynomene elaphroxylon.
Le grandi foreste presentano i caratteri delle foreste pluviali e sono fitte di alberi, però la maggior parte di essi portano foglie solo all'estremità degli ultimi rami mentre i rami principali ne sono sprovvisti.
Sui monti elevati, dove si arresta la foresta tropicale, le pendici sono ricoperte da steppa di alta montagna dove fra le Andropogonee dominanti crescono l'Amarillidacea Anoiganthus gracilis, Wahlenbergia arguta, Blaeria breviflora, Conyza subscaposa, Helichrysum Mildbraedii.
La fauna dell'Uganda è a carattere spiccatamente africano, ricca di specie. Numerose sono le Scimmie tra le quali citeremo varie specie di Papio, il cercopiteco e il guereza. Numerosi i Chirotteri che annoverano fra l'altro le caratteristiche rossette. Il gruppo degl'Insettivori è ricco di specie, molte delle quali interessanti come i macroscelidi dal muso lungo e dalle zampe posteriori ugualmente lunghe; i crisocloridi, ciechi e privi di padiglioni auricolari con la pelliccia a riflessi metallici. Tra i Carnivori da notare il leopardo, il leone, le manguste, i proteli, le virerre, ecc. Numerose forme di topi, ghiri, scoiattoli rappresentano l'ordine dei Rosicanti. Gli Ungulati occupano, sia come numero di individui per ciascuna specie sia come varietà di forme, un posto notevole nell'insieme della fauna. Tra le molte specie di quest'ordine citeremo l'ippopotamo, il potamochero, il facochero africano, le antilopi vacche, la giraffa, i gnu, gli oreotraghi, le gazzelle, il rinoceronte bicorne, le zebre, l'elefante africano, ecc. Tra gli Sdentati il pangolino e il formichiere. Ricca per numero di specie, varietà di forme e di colori è l'avifauna. Numerose le specie di Rettili e Anfibî e ricchissima la fauna entomologica.
La popolazione dell'Uganda è stimata ascendere (1935) a 3.661.099 abitanti, dei quali 14.860 asiatici e 1994 europei. Per quanto riguarda la religione cristiana, nel protettorato si contano 350.000 cattolici e 250.000 protestanti. Attualmente vi sono per i cattolici i quattro vicariati apostolici dell'Uganda (1915; già del Victoria Nyanza, 1894), del Ruvenzori (1934), del Nilo equatoriale (1934, già prefettura apostolica, 1923), del Nilo superiore (1894). Inoltre due vescovati anglicani.
Per le sue condizioni fisiche e climatiche l'Uganda si presta assai favorevolmente alle coltivazioni tropicali. Vi prosperano il cotone principalmente, la canna da zucchero e, nelle zone più elevate, il caffè e il tabacco. Assai largamente praticato è l'allevamento del bestiame, specialmente bovino. Di scarsa importanza sono invece le risorse del sottosuolo, limitate per ora al minerale di stagno. Dell'esportazione complessiva, che nel 1934 ragguagliò il valore di 3,8 milioni di sterline, il 78% è rappresentato dal cotone, l'8% dal caffè, il 7% dallo zucchero e il resto dal seme di cotone, dall'avorio, dal minerale di stagno. Le importazioni, che furono di 1,7 milioni, sono rappresentate specialmente dai tessuti e dai prodotti dell'industria. Importante per i suoi effetti sulla vita economica e commerciale dell'Uganda è l'unione doganale col Kenya e il Sudan effettuata nel 1922. Le comunicazioni esterne dell'Uganda sono assicurate dalla ferrovia che partendo da Mombasa raggiunge le rive del Vittoria Nyanza a Kisuma (già Port Florence) e dalla quale si diparte un tronco che fa capo a Jinia. Regolari servizî di navigazione sono stabiliti sul Vittoria Nyanza, come pure sul Lago Alberto, sul Lago Kioga, sul Nilo a Nimule. Un'estesa rete di strade automobilistiche integra questi servizî.
Il protettorato è diviso in quattro grandi circoscrizioni amministrative delle quali una è il Buganda corrispondente all'antico reame dell'Uganda, che comprende quindi la parte rivierasca del Vittoria Nyanza a ovest del Nilo Vittoria e ha per capitale Kampala; essa conserva la sua autonomia sotto il governo del re assistito da un ministero e da un consiglio legislativo indigeno. Ne è capitale Kampala, città di moderna origine e sviluppo, sorta presso Mengo, l'antica capitale del regno, e che ha per scalo sul lago Porto Bell che ne dista 10 km. Essa è il principale centro commerciale del protettorato dove risiedono anche le rappresentanze straniere. Le altre provincie prendono il nome dal loro orientamento e sono: la Western Prov. a ovest del Buganda, con capoluogo Fort Portal, ai piedi del Ruvenzori; la Northern Prov. con capoluogo Masindi; la Estern Prov. con capoluogo Jinia sul Lago Vittoria, congiunta come vedemmo alla ferrovia che proviene da Mombasa e da cui parte un tronco che termina al Lago Kyoga. La capitale del protettorato è Entebbe (7230 ab.), città sorta nel 1893 sull'aggetto peninsulare che si protende dalle rive settentrionali del Lago Vittoria, a 30 km. da Kampala, all'imbocco della Baia di Murchison, in località salubre e pittoresca.
Etnologia. - Si trovano in Uganda resti di popolazioni pigmee a cui si sono sovrapposte le popolazioni bantu che costituiscono il gruppo più numeroso. La parte settentrionale è occupata da tribù nilotiche; Bantu e Nilotici hanno subito l'influenza di tribù camite, guerriere e dominatrici.
L'agricoltura e la caccia occupano una parte preponderante nell'economia delle popolazioni dell'Uganda; nomadi pastori sono soprattutto i Kitara e i Karamojo; questi ultimi si nutrono essenzialmente di latte e di sangue.
Se si eccettuano i Banyankole e i Bakitara che formarono monarchie dispotiche, governate da re assoluti, le tribù sono divise in grandi famiglie ciascuna delle quali è governata da un capo il cui potere è moderato dai vecchi; i Bagesu anzi sono retti soltanto dai vecchi del villaggio. La mancanza di un'unità politica è la causa della debolezza di queste popolazioni. Quasi dappertutto re e capi hanno carattere religioso e magico, sono in relazione con la vegetazione e si riallacciano al tipo del re sacro, istituzione piuttosto diffusa in Africa, che raggiunse una delle più alte espressioni nell'antico Egitto: tra i Basoga il capo del distretto è responsabile della pioggia e si ritiene che abbia il potere di mandarla o di procurare il bel tempo; il re dei Bakitara può sposare anche le sue sorelle, purché di madre differente, mentre per tutti gli altri membri della tribù vige l'esogamia e i rapporti tra persone dello stesso clan sono considerati colpevoli.
Il Roscoe informa che parecchie tribù sono divise in clan con un proprio totem che regola la parentela; ciascun totem ha particolari interdizioni di cui gl'indigeni non sanno spiegare l'origine. J. H. Driberg pure tende a vedere totemismo nei Lango, mentre invece tra gli Acoli se ne è trovata soltanto traccia e non un sistema sociologico che si possa dire organizzato sul totemismo. Molte tribù praticano l'iniziazione.
La monogamia è stata la base della famiglia dei Banyankole e dei Bakitara fino a pochi decennî or sono e alcune categorie sociali l'osservano ancora; la poligamia era ammessa solo in caso di sterilità e tra i Bakitara soltanto il re prendeva normalmente più di una moglie, anche se la prima non era sterile, però la parentela tra i membri dello stesso clan, che si chiamano tra loro fratelli, è sentita così forte da non considerare adulterio se uno di essi ha rapporti con la moglie degli altri. I Wahima praticano anche la poliandria. Tra i nilotici dell'Uganda la poligamia invece è comunemente ammessa; però anche tra queste tribù il numero delle mogli una volta era forzatamente limitato, data la fortissima dote richiesta per il matrimonio: tra gli Acoli, per esempio, anticamente la donna era pagata talvolta anche con ottanta vacche. L'invasione dei Nubî del secolo scorso e le razzie che ne seguirono, facilitarono molto la poligamia e la schiavitù.
Vige la vendetta del sangue in seguito a omicidio, che può essere riparato soltanto col pagamento di una o due figlie dell'uccisore alla famiglia dell'ucciso.
Tutte le tribù esplorate con cura risultano monoteiste perché, pur tributando culto a una quantità di spiriti e a oggetti divinizzati, subordinano tutto a un essere supremo, contro la cui volontà nessuno può agire, nemmeno gli spiriti e lo stregone. All'essere supremo sono dirette preghiere - soltanto tra gli Acoli fu possibile raccoglierne alcune centinaia - e talvolta anche sacrifici. Anche in Uganda è documentato il sacrificio di primizia, ma è ancora incerto se sia diretto all'Essere Supremo o ai morti, che ricevono un grande culto presso tutte le popolazioni.
Le malattie, soprattutto interne, sono attribuite agli spiriti o alla magia ed è compito dello stregone trovarne la causa; le cerimonie per ottenere la pioggia, che appartiene all'Essere Supremo, sono fra le più importanti, chi le compie è soggetto a certi tabu e tra i Bakitara è direttamente responsabile di fronte al re. Il serpente riceve culto specialmente tra le popolazioni bantu e a lui sono sacri certi fiumi; molto venerate sono le corna degli animali uccisi a caccia e le montagne. Queste ultime sono considerate sede degli spiriti. Il sacrificio umano non era praticato frequentemente, ma è documentato tra diverse tribù; però solo i Bagesu hanno pasti rituali cannibalici.
Alcune popolazioni seppelliscono i morti, altre li abbandonano fuori del villaggio in pasto alle iene.
Bibl.: Fondamentali: J. H. Speke, Journal of the discovery of the sources of the Nile, Edimburgo 1863; Ashe, Two Kings of Uganda, Londra 1900; Lugard, The story of Uganda, Londra 1900. Cfr. inoltre: Harry Johnston, The Uganda Protectorate, Londra 1902; Deutsches Kolonial Lexikon, a cura di H. Schnee, Lipsia (v. specialmente l'articolo Deutsch-Ostafrika, Eigeborenenbevölkerung); J. Roscoe, The Northern Bantu, Cambridge 1915; id., The Bakitara, ivi 1923; id., The Banyankole, ivi 1923; id., The Bagesu, ivi 1924; J. H. Driberg, The Lango, Londra 1923; A. Negri, La tribù nilotica degli Acioli, in La Nigrizia, Verona 1932-34; E. J. Wayland, Preliminary studies of the tribes of Karamoja, nel Journal of the Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland, LXI (1931), p. 187 segg.; C. G. Seligman, Egypt and Negro Africa, Londra 1934; H. B. Thomas e R. Scott, Uganda, Londra 1935; J. Stoye, L'Angleterre dans le Monde: formation et expansion de l'Empire britannique, Parigi 1935; E. Canevarì, La conquista inglese dell'Africa, Roma 1935.