Ufa (Universum-Film Aktien Gesellschaft)
Casa di produzione e di distribuzione tedesca, fondata a Berlino il 18 dicembre 1917. È stata la più grande azienda cinematografica tedesca; con le sue 'superproduzioni' degli anni Venti, spesso fallimentari sul piano economico ma innovative dal punto di vista cinematografico, cercò invano di strappare all'industria hollywoodiana l'egemonia sul mercato internazionale. La sua storia, compiutasi tra i due conflitti mondiali, sembra quasi riassumere la tragica parabola della Repubblica di Weimar.
La società nacque durante la Prima guerra mondiale, su iniziativa di E. Ludendorff, capo di stato maggiore dell'esercito, che voleva dotare il Reich di un efficace strumento propagandistico. All'impresa parteciparono i maggiori istituti finanziari tedeschi, a partire dalla Deutsche Bank. Nell'immediato dopoguerra, con l'acquisizione di altre società di produzione e distribuzione, tra cui le filiali tedesche della Nordisk, la Messter Film di Oskar Messter, la Projektion AG Union di Paul Davidson e la May-Film di Joe May, l'U. già disponeva di una struttura produttiva efficiente (i teatri di posa di Berlin-Tempelhof) e di un'estesa rete distributiva.
La fisionomia del gruppo si precisò nella prima metà degli anni Venti, sia dal punto di vista proprietario sia sotto il profilo produttivo: nel 1921 il governo della neonata Repubblica di Weimar si ritirò dall'impresa, che passò sotto il controllo della Deutsche Bank; complice anche l'aumento dei costi di produzione dell'industria cinematografica, l'U. poté inoltre proseguire nella sua politica di acquisizioni, con la fusione della Decla-Bioskop, che portò in dote, oltre ai teatri di posa di Babelsberg, un produttore importante come Erich Pommer, registi di primo piano, come Carl Froelich, Fritz Lang, Friedrich Wilhelm Murnau, Robert Wiene, oltre a scenografi, operatori e attori già affermati. A ciò si aggiungevano le sale (su tutte, l'UFA-Palast di Berlino) che rendevano il gruppo un trust verticalmente integrato, capace di coprire tutte le fasi ‒ dalla produzione al consumo ‒ della merce-film.
Ricorrendo anche a continui aumenti di capitale, la società riuscì a prosperare durante la prima, grave crisi inflazionistica della Germania, negli anni 1921-1923, agevolata proprio dalla svalutazione del marco, che favoriva l'esportazione sui mercati esteri dei film tedeschi. Negli anni seguenti tentò quindi la conquista del mercato mondiale, entrando in competizione con Hollywood. Sotto la guida di Pommer, la società puntò soprattutto sui Grossfilme, le grandiose produzioni realizzate nei suoi studi, perfettamente attrezzati, dai registi più creativi (su tutti Lang e Murnau). A queste produzioni, destinate alle élites culturali più che alle grandi platee, si affiancavano i film di genere, destinati in particolare al mercato interno, i quali spaziavano dal film storico-nazionale ‒ inaugurato da Fridericus Rex (1922-23; Federico re) diretto da Arzén von Cserépy ‒ alle commedie, ai film di avventura.
In virtù della linea editoriale di Pommer, verso la metà degli anni Venti l'U. disponeva quindi di un listino assai variegato, che ben rappresentava il clima culturale dei goldenen Zwanziger, gli anni ruggenti della Repubblica di Weimar. Ma nello stesso periodo iniziarono a manifestarsi le debolezze del gruppo, per lo più a seguito della stabilizzazione della moneta tedesca. Oltre ad annullare il vantaggio competitivo di cui l'U. aveva goduto fino ad allora, la nuova fase dell'economia tedesca contribuì a evidenziare le diseconomie di un processo produttivo che, concedendo ampia autonomia ai registi, non consentiva di determinare tempi di lavorazione e costi di produzione dei film.Anche a causa dei costi delle superproduzioni (in particolare quelle di Lang) nel 1925 l'U. fu costretta a siglare un accordo con la Paramount e la Metro Gold-wyn Mayer in cui si impegnava a distribuire annualmente ‒ attraverso la società di distribuzione Par-Ufa-Met ‒ venti film di ciascuna delle due società statunitensi e a riservare loro i tre quarti della programmazione delle proprie sale, in cambio di un prestito di 4 milioni di dollari e dell'accesso al mercato statunitense garantito per venti film tedeschi a stagione.L'accordo conteneva le premesse della svolta che sarebbe maturata di lì a poco. Infatti, dopo i tagli al bilancio e i licenziamenti del 1926, sulla spinta di un sentimento nazionalista già largamente diffuso nel Paese e alimentato dallo stesso 'accordo Par-UFA-Met', nel 1927 Alfred Hugenberg, magnate dell'editoria votato alla politica (già deputato della Deutsche Nationale Volkspartei, nel 1928 ne sarebbe divenuto presidente) con un'abile operazione finanziaria, che prevedeva anche l'appoggio dell'azienda chimica I.G. Farben, si assicurò il controllo della società, delegandone la direzione a Ludwig Klitzsch. Quest'ultimo attuò una profonda ristrutturazione aziendale, volta principalmente ad accentrare il controllo sulla produzione e sui costi, togliendo ai registi l'autonomia di cui avevano goduto fino ad allora. Richiamato dagli Stati Uniti, fu lo stesso Pommer, assieme ad altri tre direttori della produzione, ad attuare la nuova linea editoriale, incentrata sui film di genere rivolti al grande pubblico, diretti da registi mediocri ma affidabili ‒ tra gli altri, Hanns Schwarz, Wilhelm Thiele e Ludwig Berger ‒ e interpretati da grandi star ‒ come Lil Dagover, Brigitte Helm, Lilian Harvey, Willy Fritzsch e Hans Albers. Dopo aver ricontrattato con gli americani l'accordo del 1925, l'U. fu quindi in grado di affrontare la sfida del sonoro, che superò con successo nel 1929, presentando a Berlino Melodie des Herzens di Schwarz, il suo primo film parlato, e soprattutto cantato, che anche la nascita di un filone di successo, quello del film operetta. La società poté così superare indenne il nuovo, grave periodo di crisi che si abbatté sull'economia e la società tedesca dopo il crollo di Wall Street (1929).
Pur ispirata a principi di razionalità economica, la riorganizzazione aziendale di Klitzsch rispondeva anche a precisi criteri politici, come dimostra la 'chiusura' delle sale controllate dall'U. ai film sovietici, che in Germania godevano di un largo pubblico, o alla pubblicità dei giornali di sinistra. Già all'inizio degli anni Trenta la produzione di opere dal contenuto non conforme all'ideologia nazionalistica di Hugenberg era diventata un'eccezione ‒ fu il caso di Der blaue Engel (1930; L'angelo azzurro) di Josef von Sternberg, tratto dal racconto dello scrittore di sinistra H. Mann. Così, "il crollo della prima democrazia tedesca venne accompagnato nel cinema dai film operetta e dai musical della direzione di Erich Pommer" (Kreimeier 1993, p. 24), affiancati dai film storico-nazionalisti che, con il passare degli anni, diventarono sempre più aggressivi, adeguandosi progressivamente al messaggio hitleriano.
L'U. divenne così il perno del processo di concentrazione di tutte le risorse cinematografiche attuato dal regime nazista dal 1937 al 1942. Nella strategia del ministro della propaganda J. Goebbels, in cui il cinema doveva servire a unificare ideologicamente il popolo tedesco, il film storico-nazionale ‒ che trovò i suoi massimi interpreti nei registi Gustav Ucicky e Hans Steinhoff ‒ divenne il genere di punta. Oltre che dai filmati di attualità e dai documentari di Leni Riefenstahl, un ruolo determinate fu svolto in questo senso anche dai generi tradizionali del cinema tedesco, come il Bergfilm (il film di montagna) e i numerosi filoni d'intrattenimento.
Celebrati i 25 anni con il primo film a colori, Münchhausen (1943; Il barone di Münchhausen) di Josef von Báky, il gruppo industriale seguì la sorte del regime hitleriano: nel 1945 i sovietici occuparono gli studi di Babelsberg, dove l'anno seguente fu istituita la DEFA.
K. Kreimeier, Die Ufa-Story, München 1992; Das Ufa-Buch, hrsg. H.M. Bock, M. Töteberg, Frankfurt a. Main 1992; K. Kreimeier, Storia economica dell'UFA dalla sua fondazione alla presa del potere di Hitler, in Schermi germanici. Ufa 1917-1933, a cura di G. Spagnoletti, Venezia 1993.