AVVOCATI, Uberto (Avvocatis, degli Avvocati)
Nato, probabilmente intorno alla metà del sec. XIII, da nobile casato piacentino, fu canonico di Lodi e camerario di Gerardo Bianchi, cardinale vescovo di Sabina. Nel 1301 venne eletto vescovo di Piacenza dal capitolo di quella città (l'assenso pontificio reca la data del 3 luglio 1301); ma già prima del 5 maggio 1302 egli rinunciò, non sappiamo per quale motivo, alla cattedra piacentina. Il 19 settembre di quello stesso anno fu trasferito alla sede vescovile di Bologna da Bonifacio VIII, che il 21 dicembre prorogò ancora la sua consacrazione: il 23 ag. 1303 l'A. doveva essere stato già consacrato dal momento che il pontefice in tale data gli ingiungeva di prendere possesso della sede.
Già fin dal primo anno del suo vescovato l'A. dimostrò grandissimo attaccamento alla sua diocesi adottando provvedimenti per migliorare lo stato dei luoghi sacri e delle comunità religiose.
Diede asilo ai monaci armeni dell'Ordine di S. Basilio mediante la concessione di un terreno fuori della porta di S. Mammolo perché essi potessero erigervi un convento e una chiesa; fece ricostruire la croce di Strada Castiglione, che era stata consacrata da s. Petronio; concesse un privilegio, pochi mesi dopo (ottobre 1304), ai monaci di S. Maria della Volta dell'Ordine di S. Agostino, al fine di sovvenire alla loro povertà. Intervenne con estrema energia e decisione contro Bonifacio abate di S. Bartolomeo di Mussigliano, il quale, dopo aver malamente amministrato il monastero e maltrattato i monaci, si era ribellato all'amministratore inviatogli dall'A. ed era fuggito portando con sé tutto ciò che apparteneva al convento (richiesto l'aiuto del Senato bolognese, sotto pena di scomunica in caso di rifiuto, l'A. riuscì a far catturare Bonifacio, che si era rifugiato nel castello di Sirolo presso Ancona, e quindi a punirlo). Il 22 ott. 1310 pubblicò le costituzioni sinodali per l'erezione di S. Maria Maggiore.
Sempre nel 1310, dopo che dal pontefice era stata restituita a Bologna la dignità di sede vescovile, che la città aveva perduto quando Napoleone Orsini, recatovisi nel 1306 per porre pace tra le fazioni, ebbe a subire un attentato da parte di alcuni facinorosi guelfi, l'A. partecipò al concilio presieduto da Rinaldo arcivescovo ravennate per esaminare le accuse contro i templari; l'anno successivo partecipò al concilio, tenutosi pure in Bologna, per la riforma della disciplina e dei costumi del clero, e ospitò Enrico VII quando questi, venuto in Italia per l'incoronazione, sostò nel capoluogo emiliano.
Dopo alcuni anni (probabilmente nella primavera del 1317) l'A. si recò ad Avignone presso Giovanni XXII con lo scopo di ottenere benefici per il suo popolo; venuto qui a conoscenza dei preparativi che i Veneziani andavano facendo per impadronirsi di Ferrara, si preoccupò subito di renderne edotti i Bolognesi, che ebbero così modo di sventare i disegni dei nemici. Tornato nella sua sede, l'A. trovò la lettera di Rinaldo che ordinava la convocazione del sinodo provinciale, che si tenne a Bologna il 3 ott. 1317. Nel 1318 ottenne da Giovanni XXII l'amministrazione temporale di Ferrara e del suo territorio, insieme con altri due vescovi.
Morì prima del 5 giugno (probabilmente nella seconda metà di maggio) del 1322, compilando un testamento in cui lasciava alla cattedrale di Piacenza un piviale bianco e un calice d'argento.
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