TYCHE
La Sorte, tutto il bene e il male che accade a qualcuno o avviene senza la sua attiva partecipazione, per questo anche "destino", "caso", (all'opposto perciò di ϕύσις, ἀρετή, τέχνη). Mitologicamente la figura di T. è una delle forze primigenie "pre-olimpiche", una delle Oceanidi (Hesiod., Theog., 360), ovvero la più potente delle Parche (Pind., Frag., 41 Sn.). E esclusa dall'Olimpo omerico (confronta Macrob., Sat., v, 16, 8; Lyd., De mens., iv, 7). Nel V sec. a. C. compare per lo più subordinata alle divinità dell'Olimpo. Ad una maggiore e indipendente importanza giunge solo nel IV sec.; T. va acquistando sempre maggiore rilievo e diventa dea onnipossente (πάντων, τύραννος... τῶν ϑεῶν), che ha nelle mani "il principio e la fine di tutte le cose" (cfr. l'inno ellenistico conservato in Stob., Ecl., i, 6, 13 e l'altro del III sec. d. C., Anth. Lyr. Gr., ii, 62, pp. 179-8o Diehl). A partire dal IV sec. a. C. il suo culto si diffonde in tutto il mondo greco; di feste dedicate a T. sappiamo solo in casi molto isolati (agoni di fanciulli a Lampsakos, C.I.G., 3644; feste di Abila in Siria, Fasti Arch., xiii, 1960, n. 3343). Il culto di T. viene collegato con quello di numerose divinità, soprattutto Zeus, Asklepios, Artemide, Atena, Nemesi, Eros e sotto forma della Agathè-Tyche con quello di Agathòs-Daimon (v.). Compare come Pherèpolis già in Pindaro (Fragm., 39 Sn.) e come rappresentante ovvero protettrice di singole città acquista grande importanza nel mondo greco ed ellenistico, a partire dalla fine del IV sec.; spesso la originaria dea cittadina appare come T. (ad esempio Afrodite ad Afrodisiade). In Egitto e nell'Asia Anteriore viene spesso venerata come interpretatio Graeca di diverse divinità locali (ad esempio Iside, con la quale si fonde a volte in una Isityche, Cibele, Atargatis, Astarte, Gad). In Italia e nelle province occidentali dell'Impero Romano la sua figura si confonde con quella della Fortuna; nella tarda antichità si dissolve a volte in una dea panteistica. Sappiamo anche della venerazione della T. di singole persone (ad esempio Dittenberger, Syll., 3, n. 1044; S.E.G., vii, n. 188; viii, n. 530); ma tale aspetto assume importanza maggiore solo nel caso dei sovrani ellenistici e, più tardi, nelle province orientali dell'Impero Romano, della persona dell'imperatore o dei membri della sua famiglia.
Non si sono mai sviluppati dei miti epici su T., e nella sua figura domina sempre l'astratto, il concettuale.
Per caratterizzare T. nelle raffigurazioni restano, perciò, soltanto pochi attributi stabili, intesi con significato più o meno allegorico, che singolarmente (ma a volte anche nel loro insieme) erano caratteristici anche per altre divinità con essa imparentate. Così, ad esempio, la T. delle rappresentazioni antiche ha in comune con altre numerose divinità il pòlos, la patera e lo scettro; la corona turrita con Cibele e con divinità cittadine personificate; il fascio di spighe con Demetra e altri; la cornucopia, il globo, la ruota, la palma e il timone con Nemesi, Fortuna e Nike; il bambino Pluto recato in una mano, con Eirene. (Per il significato allegorico di tali attributi vedi soprattutto Dio Chrisost., Orat., lxiii, 7 e Kebes, tav. 7). Per questo motivo l'indagine iconografica sulla figura di T. può basarsi in effetti soltanto su raffigurazioni accertate dalla letteratura o da iscrizioni.
Di immagini di T. precedenti il IV sec. a. C. ne conosciamo soltanto dalle fonti letterarie. Come la più antica, viene citata l'opera di Boupalos a Smirne (Paus., iv, 30, 6); arcaica può essere ancora la statua di culto a Fere (Paus., iv, 30, 3); così come gli xòana a Sicione (Paus., ii, 7, 5), Titane (Paus., ii, 11, 8) e Elide (Paus., vi, 25, 4). La possibilità, da alcuni discussa, dell'esistenza di raffigurazioni arcaiche di T. è dimostrata anche dalla esistenza del santuario arcaico in Argo (Paus., ii, 20, 3), come del Tychaion a Siracusa (al più tardi dell'inizio del V sec. a. C.: Cic., Verr., ii, 4, 119).
Nel caso di alcune statue di T. di età romana, che imitano i tipi del V sec., non si può decidere con sicurezza se anche il modello fosse stato una raffigurazione di Tyche. La maggior parte delle statue di T. conservateci in copie o rielaborazioni romane, e anche alcuni rilievi, si riportano a modelli del IV sec. a. C. Conosciamo anche per nome alcuni scultori di età classica come Xenophon e Kallistonikos della cerchia di Kephisodotos- la loro opera, la statua acrolitica a Tebe, si tentò di riconoscere in alcune anfore panatenaiche- e soprattutto Prassitele. Delle due statue di T. citate sotto il suo nome, quella di Megara, secondo la testimonianza di monete, è probabilmente opera di mano di suo figlio; l'altra, che i Romani portarono da Atene a Roma, la si volle identificare recentemente con ponderosi argomenti con la cosiddetta Eirene di Kephisodotos (v.). Tra le raffigurazioni in rilievo del IV sec. è da rilevare un decreto di prossenia di Tegea (T. che edifica un trofeo). Nella pittura vascolare si conosce ad oggi una sola le'kythos, non pubblicata, che rappresenta T. seduta, nel cerchio di Afrodite. Da antiche descrizioni ci sono note due pitture tardoclassiche: un ritratto di Timoteo sul quale T. raccoglie per il condottiero ateniese addormentato le città in una rete (Aelian., Var. Hist., xiv, 43 ecc.) e una figura seduta di T. dipinta da Apelle (Stob., Floril., cv, 6o).
Le immagini conservatisi di T. si moltiplicano a partire dall'epoca ellenistica. Una gran parte delle sculture a tutto tondo ripete, con poche varianti e adattata allo stile del tempo, in marmo, bronzo e argilla i tipi delle statue stanti di T. del IV sec., e ciò fino alla tarda epoca imperiale. Questo vale anche nei casi in cui i sovrani o imperatori o membri delle loro famiglie compaiono sotto forma di T., come sulle cosiddette brocche dei Tolemei del primo ellenismo, o sulle monete dell'età imperiale. La già citata assimilazione a svariate figure di divinità viene sottolineata anche dagli attributi delle immagini di Tyche.
La maggior parte delle raffigurazioni rappresenta T. come divinità cittadina, e in tal caso non è sempre possibile distinguere fra la personificazione e la T. di una città. Importanza tale da fare epoca ebbe la T. in bronzo di Antiochia opera di Eutychides (v.), il cui tipo, (assisa su una rupe, con corona turrita, sotto ai piedi la personificazione del fiume Oronte) fu ripetuto fino alla tarda età imperiale nei più disparati generi artistici: nella plastica maggiore e minore, sulle monete e lucerne in terracotta, in forma di vasi di vetro, nelle pitture murali e nelle illustrazioni di libri.
Le Tychai cittadine venivano più spesso individualizzate con un attributo geografico particolare; (monte, fiume ecc.: v. le personificazioni sotto l'esponente delle città principali); oppure con un edificio celebre in mano, o con una statua di culto o con gli attributi proprî alla divinità protettrice della città stessa (così in Alessandria con quelli di Iside; con quelli di Eracle a Heraklea, ecc.); a volte anche con attributi che richiamino il nome della città (ad esempio una mela a Milo, un'ancora ad Ankara, ecc.). Esistono anche tipi di Tychai cittadine sedute, indipendenti dalla T. di Eutychides, come ad esempio la colossale T. di Commagene sul sepolcro di Antioco I sul Nemrud-Dagh (v.).
Accanto alle Tychai cittadine sedute o stanti, appaiono solo eccezionalmente altri tipi: come la T. sdraiata di Afrodisiade e Alessandria (quest'ultima anche su di un rilievo in gesso da Begram nell'Afghanistan), la T. inginocchiata di Hatra (v.) ai piedi del dio Bel e alcuni gruppi con tratti fortemente individualizzati, come anzitutto la statuetta in argento della T. di Marsiglia (?) con busti dei Dioscuri, di Apollo, Artemide, e le sette divinità dei pianeti; o come una statuetta in bronzo di T. di Alessandria, probabilmente una riproduzione libera della statua di culto descritta da Libanio (Deser., 25, 529) con trofeo, Nike e due Eroti sorreggenti fiaccole.
La T. della città compare con significati prevalentemente allegorici in svariate connessioni sulle composizioni a più figure, così sulle monete (ad esempio T. della città in questione assieme alla dea Roma, con la T. o la divinità cittadina di altre città o con la personificazione di province romane; T. e Homonoia; T. in atto di venerare una divinità; T., porgente la mano a Tiberio; T. nell'atto di regalare un ramo di palma al re dei Parthi, ecc.), su statue (ad esempio la T. di Costantinopoli sulla mano della perduta statua colossale del fondatore della città); su rilievi dell'arte ufficiale romana (arco di Severo a Leptis, vol. iv, p. 590; i rilievi della scaenae frons del teatro di Sabratha), e sui dittici in avorio del iv-vi secolo (si veda anche Vol. vi, fig. 87).
Teste di T. e (più di rado) busti di T. compaiono a guisa di ornamenti plastici su monumenti architettonici (terme di Afrodisiade; arco di Salonicco, ecc.) e sulle monete, sia come rappresentazione della T. della città, sia anche con carattere prevalentemente decorativo su coppe ellenistiche a rilievi, su gioielli ecc.; è utilizzata anche come emblema sui bolli dei mattoni. Un frammento di rilievo di età imperiale, conservatosi soltanto in un disegno rinascimentale, che mostra una precisa corrispondenza con la descrizione della tavola di Kebes (v.) è ispirato dalle speculazioni filosofiche.
Abbiamo diverse fonti circa i santuarî di T. (detti Tychàia). Gli autori antichi, e soprattutto Pausania, li citano numerosi ma ne danno soltanto di rado una descrizione dettagliata come nel caso del Tychaion di Alessandria (Libanios, Descr., 25, 529). La T. di Antiochia, secondo Malalas (Chron., XI, 276) fu posta- almeno dall'epoca di Traiano- entro un Tetrakionion, cosa che è confermata anche dalle monete antiochene. Un Tychaion analogo lo vediamo su di un rilievo e su monete di Milo. Sulle monete in genere sono rappresentati anche altri santuarî di T., ma in genere non sono caratterizzati in modo più specifico. Le iscrizioni hanno aiutato alla identificazione di numerosi Tychàia che non si trovavano citati altrove (Delo, tempio ellenistico dell'Agathè T. sul Monte Kynthos, inizialmente consacrato ad Arsinoe II; Miletopolis, con frammenti dell'epistilio; Olba in Cilicia, un piccolo tempio esastilo del I sec. d. C.; Aera -Is -Sanamen a S di Damasco, un Tychaion completamente conservato con sala absidale quadrata e ricca decorazione interiore dell'anno 192 d. C.) che ci testimoniano del fatto che durante l'età imperiale si ebbero in numero notevole casi di fondazioni private di Tychàia. Talora le iscrizioni sono la sola testimonianza di edifici andati perduti (Tychaion di Paphos, Or. Gr. Inscr. Selectae, 585), altre volte si è riusciti a identificare un Tychaion conservatosi sulla base della sua rappresentazione su monete, così per l'interessante tempio rotondo con tetto piramidale coronato da una melograna della prima età imperiale, situato sulla agorà di Side in Pamphylia. I maggiori santuarî di T. invece, citati da antichi autori, non si sono conservati affatto o soltanto per pochi e poco sicuri avanzi (Argo, Paus., II, 20, 3; Sicione, Paus., ii, 7, 5; ecc.); eccezione fa soltanto il Tychaion di Corinto (Paus., II, 2, 8) e, in certo senso, il tempio di T. vicinissimo allo stadio in Atene (Philostr., Vit. soph., ii, i, 5).
Monumenti considerati. - T. nello stile del V sec.: Olympia, Ergebnisse d. Ausgrabungen, III, Berlino 1894, tav. lix, 2-3. Tipi di T. del iv sec.: Arndt-Lippold, Photogr. Einzelaufnahmen, n. 286, 287; G. Lippold, Gr. Plastik, pp. 312, 4; 244, 24; Ch. Picard, in Gallia, V, 1947, p. 259 ss. T. di Xenophon e Kallistonikos: id., in Rev. Arch., 1938, I, p. 333 s. Decreto di prossenia da Tegea: F. Hiller v. Gaertringen, in Ath. Mitt., xxxvi, 1911, p. 349. Lèkythos attica: Roscher, III, c. 1804. Brocca dei Tolemei: R. Horn, Stehende weibl. Gewandstatuen, Monaco 1931 tav. 10-11; R. Lullies, in Arch. Anz., 1957, p. 395-6, fig. 17. T. di Antiochia e sue derivazioni: T. Dohrn, Die T. von A., Berlino 1960; K. Parlasca, in Jahrb. d. Röm.-Germ. Zentralmus. Mainz, viii, 1961, p. 84 ss.; R. Horn-P. R. Franke, in Gnomon, XXXV, 1963, p. 404 55. T. di Commagene: R. Ghirshmann, Iran, Parther u. Sasaniden, Monaco 1962, fig. 72 e 77. T. sdraiata di Alessandria: J. Hackin, Nouvelles rech. arch. à Begram, Parigi 1954, fig. 303, 422 (rilievo in gesso); fig. 423 (moneta); fig. 424 (rilievo in argento Goluchow). T. di Afrodisiade: M. Floriani Squarciapino, La scuola di A., Roma 1943, tav. 21 (capitello fregio) cfr. anche tav. R-b. T. di Marsiglia (?): H. B. Walters, British Mus Gatal of Silver Plates, Londra 1921, tav. 5. Bronzetto della T. di Alessandria: B Schweitzer, in Jahrb. d. Inst., XLVI, 1931, p. 218 ss. T. di Leptis: R. Bartoccini, in Africa Italiana, IV, 1931, p. 32 ss., fig. 44, 48, 74, 81. T. di Sabratha: G. Guidi, in Africa Italiana, III, 1930, fig. 29, 30. Arco di Salonicco Bull. Corr. Hell., LXXXII, 1958, p. 757, fig. 5. Coppe a rilievo ellenistiche Yahrbuch d. Inst., xxiii, 1908, p. 56 ss., fig. 14, 20, 21. Bolli dei mattoni: J. G. Milne, 3. G. Mune, in Journ. Hell. Stud., xxvi, 1906, p. 36, n. 59-60 Gioielli K. Parlasca, loc. cit., tav. 38, I (bottone d'oro); Auktion VI; H. H. (Kriecheldorf), Stoccarda 1958, tav. XXV, n. 72 (forcine d'osso per capelli). Pinax di Kebes: R. Hinks, op. cit. in bibl., p. 120, tav. 30 b. Rilievo di Milo: P. Wolters, in Ath. Mitt., XV, 1890, p. 246 ss. Santuario della T. di Delo: A. Plassart, in Expl. Arch. de Délos, fasc. XI, Parigi 1928, p. 222 ss. Miletopolis: F. W. Hasluck, in Jurn. Hell. Stud., XXVII, 1907, p. 61 s. Olbia: 3. Th. Bent, ibid., XII, 1891, p. 220 ss. Aera: H. C. Butier, in Rev. Arch., 1906, Il, p. 413 SS. Side: A. M. Mansel, G. E. Bean, Die Agora von S., Ankara 1956, p. 31-37. Corinto: R. L. Scranton, in Corinth: Results of Excavations, vol. I, parte III, Princeton 1951, P. 57 ss. Atene, W. Judeich, Topographie von A., Monaco 19312, p. 419. T. di Bourpalos e statue arcaistiche di T.: A. Rumpf, in Arch. Anz., 1936, n. 59 ss. T. di Prassitele: A. Rumpf, in Archäologie, Il, Berlino 1956, p. 94. T. di Marsiglia: H. Stern, Le calendrier de 354, Parigi 1954, p. 174 ss. T. di Costantinopoli: J. Strzygowski, in Analecta Graeciensia, Graz 1893, p. 143 ss.; H. Stern, op. cit., p. 130 ss. Rilievi africani: I. Scott Ryberg, Rites of the State Religion in Roman Art, Roma 1955, p. 136, 160, 161.
Bibl.: Ruhl-Waser, in Roscher, V, 1916-24, c. 1309-1380, s. v.; Deubner, ibid., III, c. 2142; G. Herzog-Hauser, in Pauly-Wissowa, VII A, 1948, c. 1643-1689, s. v.; R. Hinks, ibid., c. 76 ss., s. v. Personifikationen; W. Deonna, in Genava, XVIII, 1940, p. 127 ss.; U. v. Wilamowitz-Moellendorff, Der Glaube der Hellenen, II2, Berlino 1955, p. 294 ss.; N. P. NIlsson, Gesch. der griechischen Religion, H2, Monaco 1961, p. 200 ss. Sul concetto di T. v.: H. Strohm, T., Stoccarda 1944; G. Herzog-Hauser, in Wiener Studien, LXIII, 1948, p. 156 ss.; P. Joos, Tyche, Physis, Tekne, Winterthur 1955; H. Hester, Περι Τυχθς, Atene 1963.