TUTANCHAMON
. Re della XVIII dinastia egiziana (Nebḫepre-rîe "Possessore di forma è Rîe"). Identità somatiche lo fanno supporre nato da una ignota moglie di Amenḥótpe IV (v. amenothes) e di questi sposò la terza delle figlie da Nefrtête. La morte del faraone segnò la fine della bufera religiosa da lui scatenata. Semneḫkerîe, marito della primogenita, ebbe dapprima il trono e cercò di difendere il culto di Aton; ma scomparve dopo un anno o due al più. I nuovi sovrani, T. e sua moglie, erano due fanciulli e quindi del tutti impotenti a frenare la vasta reazione. Rimasero qualche tempo ad el-‛Amārnah, forse sotto la vigilanza di Ej, marito della balia del loro padre; poi si trasferirono a Tebe. I loro nomi, che in origine erano Tūt-‛anḫ-aton "Bello di vita è Aton" e ‛Anḫoś-en-p-aton "Vive per Aton" divennero allora Tūt-‛anḫ-amôn e ‛Anḫoś-en-amôn e l'adesione alla vecchia fede fu così perfetta. Da Menfi, la capitale sacra, T. emanò un decreto per rappacificare l'Egitto nel quale ricorda la triste condizione del paese prima di lui. I templi erano divenuti rovine su cui si passeggiava; gli dei adirati volgevano il dorso al paese e non prestavano più ascolto alle preghiere. Quindi anche le spedizioni nella Siria, condotte per ampliare i confini, non avevano buon successo. Il re ha tolto dunque l'iniquità (naturalmente causata dal suo predecessore Amenḥótpe IV) e messo al posto di quella la rettitudine. Per riconciliarsi le divinità restaura le loro dimore; foggia le loro statue con oro puro e le barche sacre fluviali con cedro del Libano; accresce le dotazioni; riempie gli ergastoli loro di prodotti e di schiavi, esentati questi dalle servitù statali; eleva a sacerdoti e a ieroduli i figli dei grandi o di personaggi o di uomini di buona fama. Il paese è tornato al felice stato anteriore ed esulta; anche gli dei gioiscono, fanno omaggio al re, gli accordano infiniti giubilei trentennali. E grazie agli dei, Amenḥótpe governatore della Nubia e Harmhábe, generale in Palestina, sostennero vittoriose battaglie come le due ritratte con somma perfezione in due dipinti del tempo. La promessa dei giubilei fu un'ironia, perché appena 9 anni rimase sul trono. Grande fu l'ambascia della vedova fanciulla per questa perdita e piena di spavento, forse giustificato, verso i suoi sudditi, si rivolse in segreto al re di Ḫatta, Shuppiluliuma, per avere un suo figlio come marito e re. Dopo qualche trattativa il principe ḫattita partì per l'Egitto; ma presto un nuovo faraone annunziò al padre la morte naturale del giovane. Per questa uccisione i Hittiti fecero un'incursione nel territorio dell'impero egizio. La cronaca ḫattita non ha trasmesso il nome del faraone.
Non si può pensare ad Ej, perché egli piamente seppellì T. Forse fu Harmhábe, salito al trono 4 anni dopo, il quale sfogò contro il morto un incomprensibile odio, dannandone la memoria e usurpandone i monumenti. Anche le liste dei sovrani egiziani omettono i quattro ultimi della XVIII; l'epitome greca li dà, molto corrotti nella trascrizione.
Frattanto T. veniva sepolto in una tomba (n. 58) nella Valle dei Re, dove tanti secoli dopo lo ritrovavano, ai primi di novembre del 1922, Howard Carter e il conte di Carnarvon. È di modeste proporzioni, sempre però sullo schema di quelle regali. Vi si accede per una scala di 16 gradini (m. 4 × 1,60). Nel fondo una porta con sigilli mette nel corridoio (7,60 × 1,70). Una seconda porta sigillata si apre sull'anticamera (8 × 3,60). Nella parete settentrionale una terza porta chiude la sala del sarcofago (6,40 × 4,03), l'unica che sia dipinta, senza troppo sfarzo. Vi si vedono le scene della sepoltura del re; il rito funerario dell'apertura della bocca da parte di Ej; T. offerente alle divinità della necropoli. C'è un deposito (4 × 3,50) a oriente della camera del sarcofago; un altro (4 × 2,90) ad occidente dell'anticamera con porta suggellata. Il cadavere era stato imbalsamato, adorno di preziosi monili e di amuleti. Il viso venne coperto di un'artistica maschera d'oro massiccio con le insegne reali. La mummia venne racchiusa poi in tre casse; la più interna con placche d'oro; le altre due, di legno rivestito d'oro e incrostato di pietre e ceramica policrome. Il re ha esteriormente l'aspetto e gli attributi di Osiri; divinità protettrici sono incise sul corpo. Così, sopra una bara e coperto di un lino, era stato deposto in un sarcofago monolitico di quarzite gialla (2,75 × 1,50 × 1,50), dai quattro angoli del quale le dee Ese, Nebthô, Nêit, Sélqe, proteggono con le ali il morto. Intorno furono elevate, una dentro l'altra, quattro cappelle (5 × 3,50 × 3,62) composte di pannelli di legno coperti di foglie d'oro e le rispettive porte. Tutta questa suppellettile funeraria, al modo egizio, è ricoperta d'iscrizioni religiose.
E come di consueto nella tomba vennero recati gli oggetti che avevano servito al vivo e quegli altri che l'affetto dei suoi sacrificava perché potesse abitare nella nuova casa dell'al di là. Non manca quanto servì per i funerali e forse ancora è utile per la ripetizione magica di quei riti. Alcuni di questi oggetti sono minuscoli modelli che per questa loro piccolezza non perdono la loro efficacia. Moltissimi oggetti sono d'oro, o massiccio o in foglia spessa, e dimostrano l'enorme ricchezza, durante quella dinastia, dell'Egitto, la cui polvere, dicevano i vicini, era oro. Quasi tutti, con la purezza delle linee anche nelle minori cose, attestano come fosse raffinato il gusto egizio. Anche l'abilità tecnica ha raggiunto un grado così alto che lascia stupiti.
H. Carter e A. Mace, The Tomb of Tut-ankh-amen, Londra 1923.