TUSNELDA (Thusnelda)
Sorella di Sigmundo, figlia di Segeste, sposa di Arminio (Strabo, vii, 291 f), è ricordata da Tacito (Ann., i, 55-58) che però non ne fa il nome. Fatta prigioniera da Germanico, nel 16 d. C., insieme a Sigmundo, comandante dei Cheruschi, e al figlio Tumelico di tre anni, fu condotta nel trionfo; sempre Tacito (Ann., i, 57) afferma che T. prigioniera non mostrò alcun segno di debolezza neque victa in lacrimas neque voce supplex.
Viene identificata con T. la statua ora esposta nella Loggia dei Lanzi a Firenze, rinvenuta, secondo il Goettling, nella Suburra con altre sei statue fra le quali una di Apollo: essa fu sistemata dapprima dall'architetto Lorenzo di Credi in una delle nicchie del giardino della villa costruita per il Cardinale Andrea della Valle e, più tardi - s'ignora la data esatta - trasportata a Firenze.
La statua è di marmo bianco a grana fine. Sono di restauro: l'intero avambraccio destro, le dita della mano sinistra, la parte superiore del braccio sinistro con la spalla, il capezzolo sinistro, quasi l'intero naso e alcune parti dell'abito. S'ignora se la testa riattaccata, ma apparentemente antica, sia pertinente al resto della statua.
L'interpretazione è stata molto discussa e il problema è ancora aperto. L'Amelung, per il tipo dei vestiti con il mantello pesante a tipo di clamide e per la pettinatura divisa nel mezzo e ricadente disordinatamente sulle spalle, tende a riconoscervi una donna della Gallia o della Germania. Il Lucas, basandosi su un passo di Tacito (Germ., 17), che descrive il modo di vestire delle donne germaniche, pensa in particolare ad una personificazione della Germania. Contrario a tale interpretazione è il Bienkowski, il quale osserva che alcuni elementi - come le scarpe a doppia suola e ad allacciatura intrecciata - non sono elementi probanti per riconoscervi una personificazione.
Anche la Strong sembra non condividere la tesi di una personificazione, preferendo pensare che la statua - per riavvicinamenti con i tipi dei prigionieri traianei - sia la rappresentazione generica di una donna prigioniera, e comunque non di Tusnelda. Dello stesso parere sono il Ferri e la Toynbee, anche se quest'ultima, per alcuni confronti con le monete di Domiziano, pensa che non sia impossibile una interpretazione della statua come personificazione della Germania.
Bibl.: W. Amelung, Führer durch die Antiken in Florenz, Monaco 1897, p. 10, n. 6; H. Lucas, Die Reliefs in Neptunsbasilica in Rom, in Jahrbuch, 1900, p. 35, n. 54; P. Bienkowski, De Simulacris Barbararum Gentium apud Romanos, Cracovia 1900, p. 36, f. 17 a; E. Strong, La Scultura Romana da Augusto a Costantino, II, Firenze 1926, p. 203; J. M. C. Toynbee, The Hadrianic School-A Chapter in Greek Art, Cambridge 1934, pp. 9; 91; S. Ferri, in Boll. d'Arte, XXXX, gennaio 1937, p. 296; Stein, in Pauly-Wissowa, VI A i, Stoccarda 1936, cc. 655-656, s. v.; C. W. Goettling, Gesammelte Abhandlungen aus dem klassischen Alterthümer, Halle 1951, p. 380.