TUSCANIA
(lat. Tuscana; dal sec. 14° fino al 1911 Toscanella)
Cittadina del Lazio settentrionale, in prov. di Viterbo, situata su uno sperone tufaceo sopra il fiume Marta.
T. fu un importante centro etrusco fino al sec. 3° a.C., quando passò sotto il dominio dei Romani, che dopo il 90 a.C. la eressero a municipium. Nell'Alto Medioevo venne occupata dai Longobardi (574), che la mantennero fino al 774, quando entrò a far parte del Patrimonio della Chiesa; fu poi contesa tra le potenti signorie degli Anguillara, dal 967 al 1066, e degli Aldobrandeschi, fino al 1377: ciò comportò la costituzione precoce di T. in libero Comune (sec. 13°), dilaniato però da lotte interne tra le diverse fazioni e conteso tra la Chiesa e i prefetti di Vico. Il declino della città, che era ormai avviato da lungo tempo, portò quindi Bonifacio VIII (1294-1303) a cambiarle il nome in Toscanella, denominazione che mantenne fino al 1911.T. risulta essere stata sede vescovile già dal sec. 6°, in quanto al concilio del 595 figura presente il vescovo della città Omobono: la diocesi divenne poi, attraverso il tempo, la più vasta dell'Alto Lazio, comprendendo anche i territori di Tarquinia e di Viterbo e, dal 1086 ca., di Centumcellae (Civitavecchia) e Bieda (Blera). Dal 1192, con Celestino III (1191-1198), la sede episcopale passò a Viterbo, che incluse nel suo territorio anche T. (Silvestrelli, 1940).L'abitato altomedievale si sviluppò su quello romano, sui colli cioè della Civita - l'antica rocca -, del Rivellino e di Poggio, e poi sui rilievi vicini di Montascide, di San Pellegrino, del Cavaglione, potenziando la sua difesa con numerosi castelli limitrofi ancora in parte rintracciabili sul territorio (Ancarano, Pian Fasciano, Rocca Respampini); nell'Alto Medioevo quindi T. era costituita ancora da insediamenti sparsi, la cui collocazione era dettata da esigenze difensive e dai flussi di traffico lungo i tracciati stradali, tra i quali un ruolo preminente era ricoperto dalla via Clodia, soppiantata poi in un secondo tempo dalla Cassia. Solo nei secc. 12° e 13° si ebbe la formazione di un centro urbano difeso da una cinta muraria, fortificata da innumerevoli torri, e diviso in quattro quartieri: Poggio (la zona intorno all'attuale duomo), Castelli o Monti (che comprendeva Montascide, San Pellegrino e Cavaglione), La Civita o San Pietro, con le chiese di S. Pietro e di S. Maria Maggiore, e il Rivellino (l'area nei pressi del moderno teatro comunale), dove viene localizzato il centro civico medievale con la prima sede comunale, documentata dal 1263. A quel momento quindi la città includeva anche il colle di San Pietro e il Rivellino, poi rimasti fuori dalla nuova cerchia di mura, resasi necessaria dopo le devastazioni del 1495 delle truppe francesi di Carlo VIII. Infatti le ricognizioni territoriali (Andrews, Osborne, Whitehouse, 1982) hanno rivelato l'esistenza del circuito murario databile tra il 1150 e il 1250 anche intorno al colle di San Pietro, che dal sec. 14° subì poi un graduale abbandono con il conseguente spostamento dell'abitato verso la collina di fronte, quella del Rivellino, dove si andava sviluppando la città attuale e dove si colloca appunto la prima sede comunale. I resti di quest'ultima sono stati individuati nelle fondazioni di due torri collegate da un muro, inglobate alla base del recinto fortificato del palazzo del Podestà o dei Priori, ormai ridotto a rudere, e all'origine inserito all'interno dell'antica cerchia di mura, di cui è ancora visibile una piccola parte del muro di fortificazione, il vero e proprio Rivellino (Biffani, 1994).
Attualmente la chiesa di S. Pietro sorge dunque isolata sul pianoro dell'antica rocca, fiancheggiata dal palazzo episcopale, e - stando alla tradizione (Turriozzi, 1778, p. 105, nr. 1) - è identificabile con la seconda cattedrale di T., in quanto subentrata in questa funzione a S. Maria Maggiore già dal tempo di Leone IV (847-855).È una costruzione in tufi, a tre navate con un'unica abside riccamente decorata all'esterno con un doppio ordine sovrapposto di lesene e archetti pensili, scandito orizzontalmente da più fasce decorative. Anche i fianchi sono caratterizzati da una partizione ad archetti su lesene che sull'alzato della navata mediana diventa una sorta di loggia cieca, sormontata da un'alta cornice a zig-zag. La facciata - fortemente restaurata -, di sicura matrice umbra, è articolata in un corpo centrale leggermente aggettante, di fatto organizzato in due registri, raccordati da una galleria nana che separa la parte alta, in travertino e marmo, riccamente decorata con sculture e mosaici, da quella inferiore, con il portale anch'esso in marmo mosaicato, ma inserito in una muratura uniforme. Le parti laterali della fronte, arretrate, sono modulate da una serie di archeggiature, mentre una cornice ad archetti ne sottolinea gli spioventi e la cornice. L'interno, scandito da colonne che sorreggono archi 'dentati', si conclude in un presbiterio rialzato su una cripta ad oratorium, decorata con affreschi raffiguranti la Vergine con il Bambino e santi, mentre sono stati fortemente danneggiati nel terremoto del 1971 quelli della chiesa superiore. La perdita maggiore è stata quella conseguente al crollo dell'abside, che ha comportato la totale scomparsa dell'Ascensione di Cristo in essa raffigurata; sono infatti ancora visibili solo i resti di un angelo, la fascia superiore con figurazioni apocalittiche e quella inferiore con gli apostoli e i clipei, mentre è completamente scomparsa la grande scena centrale. Anche le Storie di s. Giovanni Battista nella navatella sinistra, con il Battesimo di Cristo nell'absidiola, sono ormai illeggibili, mentre l'unico ciclo in condizioni discrete è quello delle Storie apostoliche, sul lato destro del presbiterio. Per tutta la serie di pitture, di chiara impronta romana, è ormai accreditata una datazione che oscilla tra il 1093 e la metà del sec. 12° e il suo inserimento nella corrente culturale di S. Clemente a Roma e di S. Maria Immacolata a Ceri.La cronologia della chiesa di S. Pietro è infatti ancorata a un unico elemento certo, quel 1093 apposto sul ciborio dell'altare maggiore e accettato anche da Raspi Serra (1971), che, pur considerando l'arredo un rifacimento ottocentesco, reputa comunque attendibile questa cronologia perché coincidente con quella trascritta dagli storici settecenteschi direttamente dall'originale. Intorno al 1093 ruotano quindi tutte le fasi costruttive del S. Pietro, essendo ormai decisamente superata la tesi di Rivoira (1901-1907), che proponeva di riferire la chiesa al sec. 8°, associandola a un documento del 739 dove figurava un maestro comacino Rodperto, dallo studioso reputato l'architetto della fabbrica. Alla datazione del ciborio viene agganciata tutta la parte presbiteriale dell'edificio, compresa la cripta, e a un momento immediatamente successivo il corpo delle navate, a esclusione delle prime campate, eseguite nell'ultimo decennio del sec. 12° in contemporanea con le ali della facciata, poi terminata nella parte centrale nella prima decade del sec. 13°, in concomitanza cioè con la consacrazione di uno degli altari della chiesa, avvenuta nel 1206 (Thümmler, 1938; Noehles, 1961-1962).Nei pressi di S. Pietro, ma in posizione meno dominante, è situata la chiesa di S. Maria Maggiore, "quae olim caput Episcopi extitit, et nunc plebs facta" (Turriozzi, 1778), ricordata cioè come antica cattedrale e quindi come plebs già nella bolla dell'852 di Leone IV al vescovo di T. Omobono (o Virobono) II, poi confermata da Alessandro III (1159-1181), che mantenne all'edificio il privilegio del fonte battesimale, pur avendo S. Maria Maggiore perduto ormai da lungo tempo il titolo di cattedrale in favore della chiesa di S. Pietro (Raspi Serra, 1971).
Più o meno in relazione con quell'evento storico, o anche con la traslazione di reliquie avvenuta, secondo un'epigrafe, nel 1182, la critica ha situato l'ampliamento dell'edificio, consistito nell'innesto di un nuovo corpo basilicale sull'antico transetto triabsidato, che nella primitiva costruzione era servito da un'unica navata, più corta delle attuali e quindi meglio posizionata rispetto al campanile, ancora originario. Un ruolo preminente rivestono in questa seconda fase architettonica gli elementi scultorei, in particolare le elaborate lunette dei portali, che vedrebbero in questo cantiere (Parlato, Romano 1992) l'esordio di quelle 'maestranze di cultura umbra', già individuate come attive nella zona da Noehles (1961-1962). La costruzione della seconda chiesa, consacrata nel 1206, proseguì poi fino alla metà del sec. 13° con il completamento della parte superiore della facciata.
Per il primitivo edificio di S. Maria Maggiore è stata proposta dalla critica una datazione al sec. 11°, supportata dalle soluzioni icnografiche (pianta a T), architettoniche (uso nel campanile della volta a crociera non costolonata) e decorative, che rimandano alla vicina abbazia benedettina di S. Giusto, legata, secondo de Francovich (1937) e Raspi Serra (1971), alla Toscana.Edificata lungo la direttrice T.-Tarquinia, sul luogo di un antico insediamento (Quilici Gigli, 1970), S. Giusto è menzionata già nel 962 in un documento farfense, nel 1146 passò ai Cistercensi di Fontevivo, nel 1217 fu aggregata a Casamari e nel 1236 alle Tre Fontane. Del complesso, oggi ridotto a rudere soprattutto nelle strutture monastiche, rimangono ancora leggibili la chiesa e il campanile, con gli alzati però parzialmente perduti. La chiesa, con cripta a tre cellae trichorae, è a una navata - un tempo probabilmente a capriate - sulla quale si innesta un transetto, originariamente coperto a volte e concluso da tre absidi con impianto che ricalca l'andamento dei tre ambienti trilobi della cripta sottostante. Per questa tipologia planimetrica sono stati proposti raffronti con l'abbazia di Farneta presso Cortona e con San Salvatore al monte Amiata, che inseriscono S. Giusto nel circuito degli importanti percorsi artistici dell'11° secolo. All'occupazione cistercense è invece riconducibile il portale, databile agli anni 1146-1148 (Battisti, 1951).
La presenza dei Francescani a T. - pur essendo stata messa in relazione dagli storici locali con un miracolo di s. Francesco avvenuto in città nel 1221 - è documentata dal 1281, da quando cioè il vescovo Filippo concesse privilegi all'Ordine, già stabilitosi nella chiesa di S. Giacomo (Raspi Serra, 1971, p. 180); questo primitivo edificio venne però successivamente abbandonato dai Francescani e ricostruito nei secoli successivi, per diventare dal 1572 il nuovo duomo ed essere nuovamente riedificato nel 17° secolo. L'abbandono del sito da parte dei monaci coincise probabilmente con il loro trasferimento nella nuova chiesa di S. Francesco, ma le fonti non riportano una cronologia precisa di questo avvenimento, che quindi è possibile collocare solo dopo il 1281.
Il complesso del S. Francesco si presenta parzialmente inglobato nel macello comunale e quindi con un impianto fortemente alterato nei secoli per il chiostro perduto e il convento distrutto; dell'antica costruzione rimane solo la chiesa - ora in buona parte ridotta a rudere - con impianto a croce, transetto coperto a volta, forse presente anche sulla navata, e coro completamente perduto; per S. Francesco sono stati proposti raffronti con la basilica di S. Chiara ad Assisi (Raspi Serra, 1971).
Bibl.: F.A. Turriozzi, Memorie Istoriche della città Tuscania che ora volgarmente dicesi Toscanella, Roma 1778; G.T. Rivoira, Le origini dell'architettura lombarda e delle sue principali derivazioni nei paesi dell'oltr'alpe, 2 voll., Roma 1901-1907 (Milano 19082); G. Mariotti, L'abbazia di Fontevivo nel parmigiano e l'unica sua figlia, l'abbazia di S. Giusto presso Tuscania, AStParma, n.s., 27, 1927, pp. 75-188; A. Serafini, Torri campanarie di Roma e del Lazio nel Medioevo, Roma 1927, II, pp. 85-87; G. de Francovich, La corrente comasca nella scultura romanica europea. II. La diffusione, RINASA 6, 1937, pp. 47-129, fig. 67; H. Thümmler, Die Kirche S. Pietro in Tuscania, RömJKg 2, 1938, pp. 265-288; C.A. Isermeyer, Die mittelalterlichen Malereien der Kirche S. Pietro in Tuscania, ivi, pp. 290-310; G. Silvestrelli, Città, castelli e terre della regione romana, Roma 1940, II, pp. 839-863; E. Battisti, L'abbazia di S. Giusto presso Tuscania, SM, n.s., 17, 1951, pp. 337-347; E.B. Garrison, Studies in the History of Medieval Italian Painting, 4 voll., Firenze 1953-1962: III, pp. 195-198; R. Wagner-Rieger, Die italienische Baukunst zu Beginn der Gotik (Publikationen des Österreichischen Kulturinstituts in Rom, 1-2), 2 voll., Graz-Köln 1956-1957: I, p. 36; II, pp. 214, 222-223; H. Hahn, Die frühe Kirchenbaukunst der Zisterzienser. Untersuchungen zur Baugeschichte von Kloster Eberbach im Rheingau und ihren europäischen Analogien im 12. Jahrhundert (Frankfurter Forschungen zur Architekturgeschichte, 1), Berlin 1957, p. 170; B.M. Apollonj Ghetti, Antica architettura nella Tuscia, Fede e arte 7, 1959, pp. 306-309; K. Noehles, Die Fassade von S. Pietro in Tuscania. Ein Beitrag zur Frage der Antikenrezeption im 12. und 13. Jahrhundert in Mittelitalien, RömJKg 9-10, 1961-1962, pp. 13-73; G. Matthiae, Pittura romana del Medioevo, II, Roma 1966, pp. 30-35; I. Hueck, Der Maler der Apostolszenen im Atrium von Alt-St. Peter, MKIF 14, 1969-1970, pp. 115-144; S. Quilici Gigli, Regio VII, Tuscana (Forma Italiae), II, Roma 1970; J. Raspi Serra, Tuscania. Cultura ed espressione artistica di un centro medievale, Roma-Torino 1971; D. Glass, Studies on Cosmatesque Pavements, (BAR. International Series, 82), Oxford 1980, pp. 137-138; D. Andrews, J. Osborne, D. Whitehouse, Medieval Lazio, Oxford 1982, pp. 137-235; M. Moretti, Chiese di Tuscania, Novara 1983; J.D.A. Kraft, Die Krypta in Latium, München 1987, pp. 70-78; Aggiornamento scientifico all'opera di G. Matthiae. Pittura romana del Medioevo, II, a cura di F. Gandolfo, Roma 1988, pp. 252-258, 262, 307, 360; R. Scartoni, La chiesa abbaziale di Farneta: un contributo all'interpretazione di alcuni aspetti dell'architettura dell'XI secolo in Italia centrale, AM, s. II, 5, 1991, 2, pp. 49-65; E. Parlato, S. Romano, Roma e il Lazio (Italia romanica, 13), Milano 1992, pp. 240-264, 414-418; L. Biffani, Tuscania, in Il Lazio di Thomas Ashby 1891-1930, I, Roma 1994, pp. 70-71, nr. 19.P. Rossi