Turno
Re dei Rutuli, rivale di Enea. La testimonianza più antica sulla leggenda di T. è di Catone (Orig. framm. 9-11; cfr. Servio ad Aen. I 267, IV 620, IX 742): Enea avrebbe sposato Lavinia subito dopo il suo arrivo in Italia e T., adirato di questo, avrebbe fatto guerra a Latino e a Enea, chiedendo aiuto all'etrusco Mezenzio.
Morto Latino in un primo scontro, anche Enea e T. cadevano in combattimento e le sorti della guerra erano decise in favore dei Troiani da un duello tra Ascanio e Mezenzio, in cui periva quest'ultimo. Altre varianti, dovute in ispecie agli annalisti, sono note attraverso la tradizione posteriore indipendente da Virgilio (cfr. Livio I II 1-3; Ovidio Fast. IV 879 ss.; Giustino Epit. XLIII I 10 ss.).
Nella libera rielaborazione virgiliana, T. è il massimo competitore di Enea. Egli ritiene di aver diritto alla mano di Lavinia, promessagli dalla madre Amata. Causa occasionale della guerra con i Troiani è la caccia di Ascanio (Aen. VII 475 ss.). I Latini stanno dalla parte di T. e gli Etruschi, contrariamente a ogni altra tradizione, si alleano con Enea. Mezenzio fa parte a sé, viene cacciato da Cere ed è lui che ricorre a T., non viceversa; la sua morte precede quella del re rutulo perché l'attenzione si concentri sul duello finale tra lui ed Enea. La capitale del regno di T. è Ardea; egli è di nobile origine (VII 56 e 474, XII 649), figlio di Dauno (X 616) e della dea Venilia (X 76); una delle sue due sorelle, la ninfa Giuturna, lo consiglia e protegge (X 439, XII 138 ss.). La figura di T. è accuratamente descritta da Virgilio nell'aspetto fisico eccezionale (VII 55 e 783-784, IX 29), ma soprattutto nella passionalità del carattere (IX 731, XII 102 e 670), per contrapposizione alla compostezza e alla pietas di Enea.
Il personaggio è ricordato tre volte da Dante. La prima citazione è in Mn II III 16, dov'è riportata nel testo virgiliano una frase della preghiera di T. morente, entro il contesto in cui si parla della nobiltà di Lavinia, terza moglie di Enea, in quanto tale nobiltà risulterà nobilitante nei confronti dello sposo troiano: Tertia Lavinia fuit... regis Latini filia pariter et heres, si verum est testimonium nostri Poetae in ultimo, ubi Turnum victum introducit orantem suppliciter ad Aeneam sic: " Vicisti, et victum tendere palmas / Ausonii videre: tua est Lavinia coniunx " (Aen. XII 936-937). La seconda citazione si trova in Mn II IX 13-14, dove il tema fondamentale è invece proprio lo scontro definitivo di T. con Enea ed è enunciato a chiare note il principio che il duello come mezzo conclusivo delle sorti di una guerra equivale a un giudizio di Dio (v. DUELLO); inoltre è posto l'accento sul contrasto tra la crudeltà di T. e la mitezza di Enea che avrebbe risparmiato la vita al rivale se non gli avesse visto addosso il balteo da lui strappato a Pallante indegnamente ucciso (la fonte virgiliana - Aen. XII 936 ss. - è ancora una volta esplicitamente indicata: ut ultima carmina nostri Poetae testantur). La terza citazione è in If I 108 Eurialo e Turno e Niso, dove il nome di T. è posto in mezzo tra quelli dei due inseparabili amici troiani che come T. morirono nella guerra combattuta per la conquista del Lazio; tale collocazione è un simbolo-limite di come D. non distinguesse in questo elenco di figure eroiche i caduti dell'una o dell'altra parte.