TURINO VANNI
Pittore nativo di Rigoli, nei pressi di Pisa, attivo verso la fine del 14° e i primi decenni del 15° secolo.
La personalità di T. si sovrappose fino a pochi decenni fa a quella di un presupposto omonimo, ma più anziano artista, del quale resta solo menzione, da parte di Da Morrona (1787-1793, II), di due opere da tempo scomparse, l'una del 1340 e l'altra del 1343. Da Morrona conosceva anche un'altra pala firmata da un "Turino Vanni de Riguli", già nella parrocchiale di S. Cassiano e ora in S. Paolo a Ripa d'Arno, datata al 1397. Lo studioso credeva che si trattasse di due individui distinti e ne ipotizzava una parentela.Tale ipotesi risulta però difficilmente accettabile, essendo esclusa dalla coincidenza stessa del patronimico.Il secondo T., in un documento di portata al catasto del 1427, dichiarava di avere settantotto anni; egli era inoltre originario di Rigoli, località vicinissima a Pisa, mentre il primo pittore si firmava de Pisis.Le indicazioni di Da Morrona furono in seguito avallate, seppure con riserve e legittimi dubbi, da altri studiosi (Van Marle, 1925; Vigni, 1950). Carli (1961) pose fine alla indebita sovrapposizione delle due personalità riconoscendo l'esistenza di un unico T., quello più tardo e più ampiamente documentato; egli infatti identificò una delle due opere citate da Da Morrona come scomparse, proveniente dal convento di S. Silvestro e firmata da "Turino Vanni de Pisis" ma non datata, con una delle opere spedite al Louvre di Parigi nel 1812 e là rimaste, raffigurante la Madonna in trono con il Bambino e angeli. Le caratteristiche stilistiche dell'opera la collocano in un torno d'anni - la fine del Trecento - difficilmente accordabile con la data proposta da Da Morrona, il 1340, che comunque la riportava basandosi sulla memoria e non su di una conferma diretta.
Del secondo e unico T. sono rimaste cinque opere firmate, oltre a una serie di ricordi documentari che coprono gli anni dal 1348 al 1438. Di lui si può inferire, come accennato sopra, la data di nascita grazie al documento del 1427 nel quale egli si dichiarava settantottenne, troppo vecchio e malato per poter continuare a lavorare; in realtà l'ultimo documento a lui relativo, del 1438, prova che in tale anno coloriva una statua lignea della Madonna per il Duomo di Pisa. Nel 1393 T. doveva eseguire una tavola, ora perduta, per la chiesa di S. Cristina a Pisa. Nel 1415 un documento genovese lo ricorda tra i pittori oriundi di quella città, che vi soggiornavano da almeno dieci anni: quindi già nel 1405 egli doveva avere lasciato Pisa, dove faceva parte del corpo delle Guardie: l'ultimo documento pisano è infatti del 1406 nello stile pisano - nello stile comune 1405 - e il successivo è del 1419. Si sa inoltre che nel 1416 T. operava ad affreschi, oggi scomparsi, nel Palazzo Pubblico di Savona, mentre un trittico nella chiesa genovese di S. Bartolomeo degli Armeni portava, oltre alla firma, la data 1415. Il suo ritorno a Pisa è provato da documenti successivi che riguardano l'esecuzione di opere di minore entità.
Le cinque opere firmate da T. in base alle quali si può ricostruire l'attività e il percorso stilistico di T. sono: la già citata pala eseguita per S. Cassiano ma oggi in S. Paolo a Ripa d'Arno, riportante l'iscrizione "Turinus Vannis de Riguli A.D. MCCCLXXXXVII madii"; una tavola trilobata raffigurante la Madonna con il Bambino tra angeli e santi oggi a Palermo (Gall. Regionale della Sicilia), originariamente nell'abbazia benedettina di S. Martino alle Scale; la pala della Madonna con il Bambino e angeli (Parigi, Louvre) proveniente dalla chiesa di S. Silvestro a Pisa; la Madonna con il Bambino e angeli nella pieve di Rigoli, paese natale dell'artista, e il trittico con la Madonna con Bambino e santi nella chiesa di S. Bartolomeo degli Armeni a Genova.La tavola custodita nel museo palermitano appare permeata di uno stile mutuato da artisti senesi precedenti l'arrivo di Taddeo di Bartolo a Pisa, pittore al quale in seguito T. ebbe modo di ispirarsi. Le tangenze ivi riconoscibili sono piuttosto da riferirsi a pittori della cerchia di Naddo Ceccarelli o del c.d. Maestro degli Ordini, con un riferimento iconografico diretto alla Madonna dei Mercanti (Pisa, Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo), opera di Barnaba da Modena databile intorno al 1380 (Carli, 1961). Questa citazione da parte di T. consente quindi di collocare la tavoletta palermitana in un periodo precedente l'unica tavola giunta sicuramente datata, quella del 1397 in S. Paolo a Ripa d'Arno.La formazione di tipo seneseggiante di T. sembra innestarsi su di una ispirazione alla scuola fiorentina degli Orcagna nella tavola del Battesimo di Cristo (Pisa, Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo), proveniente da S. Paolo a Ripa d'Arno, non firmata, ma a lui attribuita e riferibile agli anni tra il 1387 - data della tavola di soggetto analogo di Niccolò di Pietro Gerini (Londra, Nat. Gall.), a cui T. si ispira nell'iconografia - e il 1395.La tavola del Louvre pare invece più direttamente influenzata dai modi di Taddeo di Bartolo, che T. dovette aver modo di conoscere negli anni del soggiorno pisano dell'artista senese e va quindi collocata intorno al 1395, insieme a due tavolette - una con l'Angelo annunziante, l'altra con la Vergine Annunziata - sempre nel museo pisano, non firmate da T., ma a lui attribuite. Sia la tavola del Louvre sia la di poco successiva pala datata di S. Paolo a Ripa d'Arno rivelano ulteriori tangenze con altri artisti di ambito senese, specie con Bartolo di Fredi.La tavola nella chiesa di Rigoli sembra invece collocabile all'ultimo periodo pisano dell'artista, e cioè intorno al 1405, data della sua partenza per Genova. A quest'opera e a quella in S. Bartolomeo degli Armeni si riferisce una tavola raffigurante la Madonna con il Bambino tra due angeli (Parigi, Mus. Nat. du Moyen Age, Thermes de Cluny), ascritta a T. sulla base di coincidenze stilistiche e iconografiche. Un'analisi dei punzoni (Frinta, 1975) rivelerebbe la possibilità che T. abbia tenuto bottega insieme al Maestro della Universitas Aurificum. A questo proposito, Caleca (1986) gli assegna gran parte delle opere comprese nei gruppi denominati del Supposto Bernardo Falconi e del Maestro dell'Universitas Aurificum.La personalità artistica di T., seppur limitata da modeste possibilità espressive e rigidità di segno e stile, rimane importante per una ricostruzione dell'ambiente della pittura pisana sul chiudersi del Trecento, nel quale forti appaiono le tangenze con le scuole fiorentina e senese e con la personalità di Barnaba da Modena (v.).
Bibl.:
Fonti. - A. Da Morrona, Pisa illustrata nelle arti del disegno, 3 voll., Pisa 1787-1793; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte da documenti pisani, Pisa 1897.
Letteratura critica. - O. Sirén, Maestri primitivi. Antichi dipinti nel Museo Civico di Pisa, RassA, n.s., 1, 1914, pp. 225-234; E. Lavagnino, Pittori pisani del XIV secolo, L'Arte 26, 1923, pp. 33-43; Van Marle, Development, V, 1925, pp. 240-253; G. Vigni, Pittura del Due e Trecento nel Museo di Pisa, Palermo 1950; E. Carli, Pittura pisana del Trecento, II, Milano 1961; F.R. Shapley, Paintings from the Samuel H. Kress Collection, I, Italian Schools. XIII-XV Century, London 1966; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, III, Central and North Italian Schools, London 1968, p. 434; P. Torriti, Interventi e suggestioni toscane tra Due e Trecento, in La pittura a Genova e in Liguria, I, Genova 1970, pp. 27-47; M. Frinta, A Seemingly Florentine Yet Not Really Florentine Altarpiece, BurlM 117, 1975, pp. 527-535; M.G. Paolini, Pittori genovesi in Sicilia: rapporti tra le culture pittoriche genovese e siciliana, in Genova e i genovesi a Palermo, "Atti delle manifestazioni culturali, Genova 1978-1979", Genova 1980, pp. 39-57; A. Caleca, Vanni Turino da Pisa, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, II, pp. 669.G. Neri