TURINETTI DI PRIERO, Ercole
(II) Ludovico
– Nacque a Torino il 27 novembre 1658, secondo figlio maschio di Giorgio (v. la voce Turinetti, Giovanni Antonio e Giorgio in questo Dizionario) e di Maria Violante Valperga di Rivara (1630-1690). La sua educazione si compì al collegio dei nobili di Parma, dove fu inviato insieme al fratello maggiore Giovan Antonio (1656-1698).
Morto il padre nel 1673, adottò il titolo di conte di Pertengo, come secondogenito della casa. Rientrato a Torino, si laureò in legge e, il 3 dicembre 1677, fu nominato cavaliere del Senato di Piemonte. Il suo nome compariva allora fra i membri dell’accademia letteraria che lo storico Girolamo Brusoni teneva nella sua abitazione torinese. Era anche ascritto, almeno dal 1675, alla Compagnia di S. Paolo, nei cui ranghi non occupò però cariche di rilievo. Nel 1678 il fratello maggiore decise di prendere i voti e così egli divenne capo del casato.
Nel 1680 Maria Giovanna Battista lo scelse come ambasciatore sabaudo a Londra. La nomina sollevò l’opposizione di diverse famiglie della corte, ma l’appoggio del potente segretario di Stato Carlo Giuseppe Vittorio Carron marchese di San Tommaso (già legato al padre di Turinetti) fu determinante nel far cessare le polemiche. Per Turinetti fu una fortuna, perché la nuova missione (svoltasi in due soggiorni diversi, fra il 1680 e il 1682) fu un successo, rivelandosi determinante per la sua carriera. Egli infatti (pur con una certa spregiudicatezza, che gli valse le critiche di Gregorio Leti), ottenne da Carlo II il riconoscimento del titolo regio dei Savoia. Di passaggio in Francia, il 26 agosto 1681 a Fontainebleau fu presentato a Luigi XIV e alla sua famiglia.
Rientrato a Torino, nel 1683 riunì nelle sue mani il patrimonio dei Turinetti in seguito alla morte dello zio Giovan Antonio. In accordo con il fratello minore Anton Maurizio, Turinetti assunse il titolo di marchese di Priero, mentre questi adottò quello di conte di Pertengo. Il 6 febbraio 1684 sposò Diana Francesca Saluzzo di Cardè e Garessio (morta nel 1733), già dama d’onore di Maria Giovanna Battista, da cui ebbe nove figli. Nel novembre di quello stesso anno, Vittorio Amedeo II lo inviò in Francia per placare le ire di Luigi XIV sia per il matrimonio del principe Emanuele Filiberto di Carignano con Caterina d’Este (avvenuto l’11 novembre a Racconigi) sia per l’aiuto dato dal duca al principe Eugenio, che aveva lasciato la Francia per passare al servizio dell’Impero. Ricevuto dal sovrano francese il 24 dicembre, gestì bene la complessa situazione e rientrò a Torino nel febbraio del 1685. In ricompensa del suo servizio, il 12 maggio 1685 fu creato da Vittorio Amedeo II suo gentiluomo di camera. Nel 1687 il sovrano lo nominò prima cavaliere della Camera dei conti e poi, il 31 dicembre, decurione di prima classe del Consiglio di Torino. Turinetti, tuttavia, non era interessato al governo della capitale e fu presto dispensato dalla partecipazione a esso.
Deciso a riprendere la carriera diplomatica, nel 1691 fu nominato da Vittorio Amedeo II ambasciatore a Vienna. Qui si guadagnò la fiducia di Leopoldo I, sia per le doti diplomatiche sia per gli ingenti prestiti che egli gli garantì per sostenere le spese del conflitto. I suoi interessi economici nell’Impero portarono il 27 ottobre 1695 alla nomina di Turinetti e discendenti a magnati d’Ungheria. Negli anni successivi, acquistò oltre una decina di feudi nell’Impero (fra cui Pisino e San Servolo in Istria). Abile e capace, seppe gestire il difficile momento della pace stipulata dal duca di Savoia con Luigi XIV nel 1696. Anche per questo, nell’agosto del 1698 Vittorio Amedeo II lo creò cavaliere dell’Ordine dell’Annunziata.
Assertore deciso dell’alleanza fra Savoia e Impero, dovette lasciare Vienna quando Vittorio Amedeo II si alleò alla Francia nella guerra di successione spagnola. Partito il 19 agosto 1701, giunse a Torino il 15 ottobre, riprendendo il suo posto a corte. Nei due anni successivi, tenne una corrispondenza segreta con Vienna, cercando di convincere i suoi interlocutori che prima o poi il duca sarebbe tornato all’alleanza imperiale. In effetti, nel 1703 Vittorio Amedeo II gli assegnò il compito di organizzare le trattative per il cambio di alleanze. Fra il 12 e il 15 luglio, Turinetti ospitò al castello di Costigliole il plenipotenziario imperiale Leopold von Auersperg, l’ambasciatore inglese Richard Hill e quello d’Olanda Albert van der Meer. Essi si accordarono con il duca per il cambio di alleanza, ma il 29 settembre, prima che questo potesse concretizzarsi, Luigi XIV, informato dei fatti, ruppe gli accordi con il duca e fece arrestare i militari sabaudi che si trovavano nei suoi accampamenti. Pochi mesi dopo Turinetti fu nuovamente inviato a Vienna, dove giunse il 20 aprile 1704.
Stipulato il trattato di alleanza, fece missioni all’Aia e a Berlino (dove fu fra marzo e aprile del 1705). In giugno rientrò a Vienna, con il titolo di ambasciatore straordinario e il compito ufficiale di salutare il nuovo imperatore Giuseppe I. Dopo quasi quindici anni i suoi possessi nell’Impero e le sue relazioni con la corte e la politica viennesi erano tali che Turinetti stava considerando di passare direttamente al servizio dell’Impero. L’occasione per farlo senza per questo rompere con il duca di Savoia si presentò con la preparazione dell’esercito imperiale che doveva portare aiuto a Vittorio Amedeo II. D’intesa con i due sovrani, Turinetti si dimise da ambasciatore del duca e fu nominato consigliere imperiale di Stato. Nel 1705 anche il figlio Giovan Antonio (1687-1757), marchese di Pancalieri, entrò alla corte imperiale.
Il 30 aprile 1706 Turinetti prestò giuramento a Giuseppe I per la sua nuova carica. Il 4 maggio l’imperatore lo nominò commissario imperiale e plenipotenziario per l’Italia (creandolo insieme marchese del Sacro Romano Impero). Con tale carica di fatto era il capo logistico e amministrativo dell’esercito imperiale sul fronte italiano, sottoposto solo al principe Eugenio. Egli seguì l’armata e la gestì nell’anno che fu centrale per le sorti della guerra. Dopo di che, nella primavera del 1707 si dimise dalla carica che il principe Eugenio conferì al barone Johann Martini von Rittersberg. Il principe, comunque, prese il figlio Giovan Antonio come suo aiutante di campo. Turinetti fu incaricato di occuparsi dell’amministrazione del Ducato di Milano. Ulteriore attestazione della stima dell’imperatore, questi gli concesse allora d’inquartare lo stemma (d’oro, alla torre di rosso) con una «mezz’aquila bicipite d’argento».
Nel 1708 Giuseppe I lo nominò ambasciatore imperiale presso il papa. Quando giunse a Roma il 24 ottobre 1708, Turinetti aveva già iniziato da tempo a trattare con il cardinale Domenico Grimani, garantendosi la stima di Clemente XI. Pur di ottenere l’uscita delle truppe imperiali dal territorio pontificio, il papa era disponibile, sebbene con riluttanza, a riconoscere Carlo d’Asburgo come re di Spagna. Energico e determinato come suo solito, Turinetti seppe far fronte alle opposizioni dei curiali filoborbonici e il 15 gennaio 1709 firmò con il cardinale Fabrizio Paolucci un trattato per cui il papa concedeva all’imperatore quanto questi chiedeva. Inoltre, in alcuni articoli segreti, riconosceva l’arciduca Carlo quale sovrano spagnolo. L’ambasciata romana di Turinetti fu uno dei tasselli fondamentali per la costruzione dell’egemonia austriaca in Italia e il suo nome comparve in tutte le principali gazzette del continente.
Nel 1711, per esempio, il terzo volume della tedesca Die Europäische Fama, si apriva con un suo ritratto, opera di Martin Bernigeroth. Lo stesso anno Ludovico Antonio Muratori, che Turinetti aveva cercato di avere come proprio collaboratore, scrisse di lui nelle Quistioni comacchiesi (ne avrebbe parlato anche in diverse altre opere, fra cui il Delle antichità estensi). Il 28 novembre 1711 sua figlia Carlotta sposò a Roma il barone Joseph Gobert d’Aspremont de Reckheim, di una delle più antiche e prestigiose famiglie della Lorena.
Rientrò a Vienna, nell’estate del 1714. Due anni dopo, il 25 giugno 1716, Carlo VI nominò il principe Eugenio di Savoia governatore generale dei Paesi Bassi. Impegnato militarmente sul fronte balcanico, Eugenio non poté assumere direttamente la carica. D’intesa con lui, quindi, fu nominato vicegovernatore Turinetti che, dopo una breve missione diplomatica all’Aia, giunse a Bruxelles il 16 novembre 1716. La politica di Turinetti è stata giudicata molto severamente dalla storiografia belga, più positivamente, invece, da quella asburgica e italiana. Inizialmente egli sviluppò buone relazioni con la nobiltà belga. Il 6 febbraio 1717, suo figlio Giovan Antonio sposò a Lovanio la baronessa Marie-Victoire de Voordt, il cui padre era stato più volte borgomastro di Liegi. La situazione si complicò con l’istituzione del nuovo Consiglio di Stato, il 28 marzo 1718, che limitava il potere delle élites locali, e con la nuova politica fiscale richiesta dal governo di Vienna. Lo scontro con le classi dirigenti locali divenne via via più forte e culminò nel 1719 con il processo e la condanna a morte di Frans Anneessens, decano della corporazione di Bruxelles. La concessione quello stesso anno del titolo di grande di Spagna di prima classe mostrava, però, come Turinetti mantenesse l’appoggio del governo di Vienna. Fra le opere principali allora realizzate, vi furono il potenziamento del porto di Ostenda e la costituzione della Compagnie impériale et royale établie dans le Pays-Bas Autrichien.
Nel 1724 la tensione fra Turinetti e la nobiltà belga era ormai aspra e irrimediabile. Proprio allora scoppiò l’affaire Bonneval. Il principe Eugenio e Turinetti ebbero, infatti, un duro scontro con il marchese Claude-Alexandre de Bonneval, che era stato accanto al principe nei Balcani e che ora gli si era ribellato. Turinetti lo fece arrestare, dando inizio a un processo che si concluse con l’esilio del nobile (poi passato al servizio turco), ma il clima nelle Fiandre era ormai troppo teso. Alla fine del 1724 il principe Eugenio si dimise. Il 24 maggio 1725 Turinetti lasciò Bruxelles e tornò a Vienna, dove fu istituita una commissione per valutare il suo operato.
L’indagine era in corso quando Turinetti, malato da tempo, morì a Vienna il 12 gennaio 1726, pochi giorni dopo aver consegnato all’imperatore una lunga memoria difensiva. Alcuni mesi dopo, comunque, fu assolto da tutte le accuse.
Il figlio Giovan Antonio nel 1727 ottenne la conferma del titolo di grande di Spagna, servendo a corte e nell’esercito; in seguito fu nominato ambasciatore imperiale in Svizzera (1734-46) e a Venezia (1746-53). Dalla moglie ebbe Ercole III (1717-1781), celebre per i ritratti – impietosi – che ne hanno lasciato Vittorio Alfieri e Giacomo Casanova. Per pagare gli ingenti debiti di gioco, Ercole III dovette vendere i feudi nell’Impero, per cui con lui s’interruppe la presenza imperiale dei Turinetti.
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Ludovico