TŪRFĀN (A. T., 103-104)
N Città della provincia cinese del Sinkiang, situata lungo il margine settentrionale della depressione, detta da un altro piccolo centro abitato di Lukchun, e che rimane compresa fra le catene del versante occidentale del sistema dei Tien-shan. La depressione di Tūrfān o di Lukchun non è che una sezione della lunga e stretta depressione, la quale separa il sistema dei Tien-shan dal Pe-shan. La massima profondità si misura nel Lago Boshante, il quale raggiunge 130 metri al disotto del livello del mare. La parte della depressione, il cui livello è inferiore al livello del mare, ha una lunghezza da est a ovest di circa 90 km., e una larghezza da nord a sud di circa 40 km. Il suolo è coperto da uno strato di argilla durissima, cosparsa di depositi e di efflorescenze saline e disseminata di piccoli stagni. Una serie di piccoli dossi collinosi domina la depressione, attorno alla quale, soprattutto verso nord, si sono formate numerose oasi, delle quali sono più importanti quelle in cui sorgono le città di Tūrfān, di Qarachogia e Toqsun. Tutte le oasi usufruiscono, per le coltivazioni, delle acque che scendono dai Monti Chargos a nord-est e Bogdo-ula a nord. Nel loro insieme le oasi raggiungono una superficie di 600 km. quadrati. Le acque non sono molto abbondanti e perciò gli abitanti delle oasi devono ricorrere al sistema dei kariz, che alcuni vorrebbero fosse stato importato durante il sec. XVIII dalla Persia, ma che altri ritengono autoctono. I kariz altro non sono che canali sotterranei, i quali permettono alle acque della falda acquifera, sottostante allo strato dei conglomerati che ricoprono il versante dei monti, di affiorare alla superficie dei campi. Quando cessa il periodo delle irrigazioni e le acque non vengono più utilizzate, esse scorrono liberamente verso il lago, il quale aumenta notevolmente la sua superficie. Il clima è aridissimo con temperature estive elevatissime, tanto che la media del mese più caldo, il luglio, raggiunge i 32°,5, e quella del mese più freddo i −10°,5. Si sono avuti massimi assoluti di 42°,5 e minimi assoluti di −20°,7. In un anno difficilmente si oltrepassano i 25 giorni in cui cadano precipitazioni atmosferiche.
La città di Tūrfān, la cui popolazione oscilla a seconda delle diverse statistiche dai 5000 ai 10.000 ab., è composta di due quartieri, il cinese e il turco. Essa fu dal 745 all'842 d. C. capitale del regno degli Uiguri, distrutto dai Kirghisi; quindi, sino all'invasione mongolica, capitale del piccolo stato degli Uiguri occidentali. Nei dintorni vi sono molte rovine di antiche città, esplorate in particolar modo da Grünwedel, Le Coq e Stein.
Rinomata per le sue uve mangerecce e per la canapa, è importante nodo carovaniero, poiché ivi giunge la strada Pechino-Hami, che dirama verso nord per Urumchi e Qulgia e verso sud-ovest per Kashgar.
Nei primi secoli della nostra era, nella città e nei dintorni abitavano popolazioni miste di Indo-Europei, Turchi e Mongoli; vi erano diffuse religioni diverse, il buddhismo e il manicheismo soprattutto, e vi agivano influenze ellenistiche per tramite di altri popoli iranici della parte occidentale del territorio che ora si chiama Turkestān. Nel sec. IX d. C. Tūrfān e la sua regione furono occupati dai Turchi Uiguri provenienti dalla regione ora detta Mongolia; le lingue preesistenti scomparvero con il tempo e si diffuse il turco; la religione buddhista si mantenne lungamente a Tūrfān; soltanto a partire dal sec. XV vi prevalse l'islamismo. Tūrfān fu sottomessa nel sec. XVII al regno dei Mongoli Calmucchi e nel sec. XVIII ai Cinesi, che vi dominano ancora. La parte antica della città è in rovina, ma la località ha ancora importanza commerciale; essa ha acquistato dal principio del secolo XX una rinomanza mondiale per le scoperte che missioni archeologiche russe, tedesche, inglesi e francesi hanno fatto tra il 1898 e il 1914 nei suoi dintorni e che hanno gettato nuova luce sulla storia religiosa e culturale dell'Asia centrale nei secoli II-XII d. C. e sulle relazioni intercorse tra l'Asia orientale e il mondo ellenistico.
Arte. - Nella regione di Tūrfān (comprese quindi le rovine di Idikutschari, di Murtuk e di Bäzäklik) l'arte, in relazione col progredire del buddhismo verso l'Oriente, sorse un po' più tardi che in altri luoghi di questa zona di passaggio dell'Asia centrale, mantenendovisi in compenso più a lungo. Cronologicamente viene delimitata dal sec. VII e dal X. Il preludio è costituito dagli affreschi più primitivi dipendenti dall'arte ellenistico-iranica, non senza accenti indiani e dalle sculture in stucco che persino nelle figure dei brahmani e dei demoni mantengono il tipo faciale occidentale. I periodi della grande fioritura della pittura buddhista sono i secoli VIII e IX. Buona parte degli affreschi dev'essere stata eseguita meccanicamente mediante l'uso di spolveri. Nella mescolanza di stili affiorano già elementi cinesi. La linea assume, accanto alla modellazione, una funzione importante. I tipi hanno in parte moduli asiatico-orientali. Accanto a motivi buddhistici appaiono scene desunte dal manicheismo, le uniche che si abbiano. La regione del Tūrfān conserva pitture di piccole dimensioni, d'una finezza da miniatura, con scene di Mānīe del suo seguito che indossano, seguendo la tradizione letteraria, vesti e berretti bianchi. Vi si rivedono i cavalieri in costume indopersiano, già rappresentati a Qyzil. Tra le arti minori, tessuti di seta recano motivi sassanidi con animali affrontati; anche la ceramica rivela contatti con l'Asia occidentale, derivando dalla Persia medaglioni eseguiti alla barbotine e la forma del beccuccio a testa d'uccello; elementi, ???, la cui apparizione nella ceramica cinese T'ang viene spiegata pienamente dal loro precedente affermarsi nel Turkestan. L'ultima fase della produzione è nel Tūrfān quasi esclusivamente cinese. Nell'affresco d'un pavimento sono rappresentati draghi, motivi floreali e onde stilizzate, quali si rivedono in questa forma soltanto nell'arte T'ang e in quella seguente. Contemporaneamente nelle rappresentazioni del pantheon si avverte un diffondersi di motivi tantristici. Anche la scultura finisce con staccarsi dal linguaggio figurativo ellenistico. Soprattutto alcune figure lignee di monaci buddhisti sono palesemente ripetizioni di ritratti cinesi seguenti tipi tradizionali.
Bibl.: A. v. Le Coq, Chotcho, Berlino 1913; id., Die buddhistische Spätantike Mittelasiens, Berlino 1922.