MASSARANI, Tullo
– Nacque a Mantova il 4 febbr. 1826 da Giacobbe, avvocato e proprietario terriero, e da Elena Fano.
Di famiglia ebraica, la sua formazione fu affidata a D. Norsa, che più tardi, dopo un viaggio in Oriente e sotto l’influenza di A. Manzoni, si sarebbe convertito alla fede cattolica. Il M. avrebbe continuato a nutrire nei confronti del suo primo maestro un affetto e una riconoscenza assai intensi. Norsa lo educò ai classici, ma anche alle nuove idee: G.D. Romagnosi e C. Cattaneo sarebbero stati gli approdi naturali, del resto tipici della più avanzata borghesia lombarda del tempo.
Nato in un ambiente patriottico il M., dopo gli studi di giurisprudenza a Pavia, pur non aderendo esplicitamente alla cospirazione si ritrovò nel 1848 sulle posizioni di G. Mazzini: collaborò, nella Milano insorta, al 22 Marzo, redatto da C. Tenca, propugnando la «Costituente italiana» (Una nobile vita, I, p. 361); quindi si recò all’estero e all’inizio del 1849 accompagnò come segretario a Parigi V. Pasini, liberale veneto in missione per conto della Repubblica di D. Manin. Dopo un soggiorno in Svizzera ritornò a Milano; nel 1851, con G. Finzi, fu a Londra in occasione dell’Esposizione universale e là incontrò Mazzini; infine, rientrato nuovamente a Milano, individuò nel Crepuscolo di Tenca il suo punto di riferimento politico-culturale e nel salotto della contessa Clara Maffei (nata Carrara Spinelli) uno dei nodi fondamentali della «rete» liberalnazionale. Furono anni, quelli del decennio di preparazione, di studi intensi e di fitte relazioni culturali per il M. che, fra l’altro, si dedicò a far conoscere la poesia di H. Heine in Italia. Poi, di nuovo la politica. Nel 1859 scrisse un Memorandum per gli abitanti mantovani d’Oltrepò, che raccolse 15.000 firme.
Scomparsi il padre e la madre nel volgere di pochi mesi, fra il 1859 e la fine del 1860, egli si trovò erede d’un patrimonio valutato in circa un milione e mezzo di lire, amministrato dal fido G. Ponti, che lo rese del tutto indipendente. Celibe, la sua vita privata, austera e riservata, trascorse senza particolari sussulti, al di là di alcune relazioni sentimentali.
Nonostante fosse qualificato, e si sentisse egli stesso, un uomo della Destra, il M. mostrò grande indipendenza di giudizio e si comportò come uno spectateur engagé piuttosto che come un protagonista, come del resto appare chiaro dal suo cursus honorum parlamentare, avviato nelle elezioni del 25 marzo 1860 nel collegio di Carate Brianza quale candidato cavouriano. Il M. fu poi rieletto il 27 genn. 1861 (VIII legislatura) nel collegio di Vimercate, che aveva assorbito nel frattempo quello di Carate, e fu ivi confermato nella IX (ottobre 1865) e nella X legislatura (marzo 1867). Alla Camera si occupò di società mutue, di pubblici impiegati, di opere pie. Da segnalare il suo appassionato discorso Per la Polonia, il 26 marzo 1863, e l’indirizzo in risposta al discorso della Corona, il 10 marzo 1867. Nel luglio del 1867 il M. si dimise (e confermò le dimissioni il 4 dicembre), invocando ragioni di salute, ma probabilmente per seguire la sua vocazione artistica e letteraria; o, come sembra ritenere forse troppo romanticamente G. Faldella, per curare una «indisposizione di cuore» (Introduzione a Ricordi parlamentari, p. LX).
Conservò solo l’incarico di segretario del Consiglio provinciale di Milano, che lo assorbì per un ventennio, a partire dalla liberazione della città – ne sarebbe poi divenuto presidente – e nel Consiglio comunale del capoluogo lombardo. Nel 1872 M. Minghetti cercò di coinvolgerlo di nuovo nel progetto di un quotidiano politico. Il M., declinando l’invito, confermò la sua scelta di uscire «dalla politica militante» e concluse: «tollerate dunque ch’io conservi, nel fondo di qualche consiglio comunale e provinciale, il mio posticino d’osservatore benevolo ma indipendente; e non vogliate essere meno indulgente […] per le mie ubbie di rêveur solitaire» (Una nobile vita, I, pp. 141 s.).
Ciò che impressiona sono le relazioni intrattenute dal M., tanto a livello regionale, quanto a livello italiano e internazionale, documentate dal suo imponente epistolario. Egli costruì la sua rete in modo del tutto originale, assecondando soprattutto affinità di carattere, artistiche e culturali. Se Tenca fu il suo vero, grande maestro, egli fu legato da sincera amicizia a C. Correnti – di cui curò le opere e che difese strenuamente nelle consultazioni politiche dell’autunno del 1876, quando questi si presentò candidato governativo nel III collegio di Milano –, a G. Zanardelli, che lo avrebbe voluto ministro della Pubblica Istruzione, e a M. Amari, che, ministro a sua volta sotto la Destra (1862), avrebbe desiderato nominarlo segretario generale. Fu sodale pure di G. Ferrari, estimatore di G. Verga fin dal 1874 (il quale, di passaggio a Milano, fu invitato a cena con Ferrari e Amari dal M. medesimo) e di E. Visconti Venosta, fin dai tempi del Crepuscolo; curò edizioni italiane di E. Renan; promosse il giovane A. Fogazzaro, presentatogli dall’amico F. Lampertico, pur nutrendo alcune riserve sulla struttura di Malombra. Fu vicino alle famiglie di T. Cremona e di D. Induno – quest’ultimo ispiratore della sua pittura – quando i due artisti scomparvero nel 1878; e nel 1887 a lui si sarebbero rivolti persino F. Cameroni e F. Turati per patrocinare la causa di Anna Rosenstein (Kuliscioff), alla quale, pur essendo laureata in medicina, era stata preclusa la possibilità di far pratica in ospedale; nonostante l’abissale distanza politica, il M. tentò, sebbene inutilmente, di soddisfare quelle richieste che riteneva giuste.
Nel 1867 inviò al ministro M. Coppino una memoria assai notevole sulla riforma delle accademie di belle arti in Italia; né avrebbe cessato di occuparsi di problemi dell’istruzione, tanto da essere considerato da P. Villari, nell’agosto 1872, uno degli interlocutori privilegiati di un suo appassionato intervento sulla riforma della scuola. Ma, al di là del contesto politico-amministrativo, ad attrarlo davvero sarebbero stati i musei, le collezioni, gli artisti. Nel settembre 1869 si recò a Monaco, l’«Atene germanica», in occasione di un’esposizione; nel 1872 chiese a Zanardelli un pronto intervento per il palazzo ducale di Mantova, in predicato di passare al Demanio; sempre nel 1872 pubblicò un opuscolo sui restauri di palazzo Marino a Milano e concluse un dipinto, sul genere di F. Hayez, Le terme di Alessandria scaldate coi libri (episodio della conquista araba del VII secolo), poi presentato all’Esposizione universale di Vienna nel 1873. Nel 1878, ricevuto da Umberto I, perorò il restauro della chiesa di S.Maria delle Grazie a Milano.
Se la sua attività di difensore dei beni storico-artistici fu instancabile, altrettanto può dirsi di quella di poligrafo. Fra il 1873 e il 1875 pubblicò a Firenze due tomi, Studii di letteratura e d’arte e Studii di politica e storia, che tuttavia non ebbero, soprattutto sui giornali moderati, l’eco che si sarebbe augurato. Collaborò con continuità alla Rivista europea di A. De Gubernatis, alla Nuova Antologia, all’Illustrazione italiana. Il M. poi in genere raccolse i suoi saggi e i suoi bozzetti, scritti in una prosa vivace e scorrevole, in volumi antologici, che insieme con lo studio su Blanc (Charles Blanc et son oeuvre, Paris 1885), quello su Tenca (Carlo Tenca e il pensiero civile del suo tempo, Milano 1886) – forse il suo lavoro migliore – e quello su Correnti (Cesare Correnti nella vita e nelle opere, Roma 1890), rappresentano il fulcro della sua attività di pubblicista. Fu membro effettivo del Reale Istituto lombardo, socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei e dell’Institut de France nonché componente, al tempo della Sinistra, del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione. Nel 1878, su indicazione del ministro e amico Zanardelli, fu nominato presidente del I gruppo (Belle arti) dell’Esposizione universale di Parigi, quindi fu eletto presidente generale del giurì. L’esperienza parigina, durata da maggio ad agosto, lo galvanizzò e gli ispirò gli articoli sull’Arte a Parigi, che, apparsi prima nella Nuova Antologia, dal 1° ott. 1878 al 16 marzo 1879, furono poi raccolti in un volume autonomo (L’arte a Parigi. Esposizione universale del 1878: saggio critico, Roma 1879). Praticò ancora la pittura, di soggetto storico o romantico: fra i suoi quadri, oltre al più famoso, già ricordato, Le terme d’Alessandria, vanno menzionati L’infanzia in Grecia, Castellana e vassalla e Messaggero d’amore.
Grazie all’amicizia di Correnti, il 15 maggio 1876, appena a ridosso della «rivoluzione parlamentare», il M. era stato nominato senatore.
La scelta di Correnti mirava a spingere il M., moderato autorevole e indipendente, a fungere da ponte fra una parte dell’antica consorteria e i notabili centristi, sostenitori di A. Depretis. E, in effetti, il M. si prestò, consapevole o meno, a questa funzione: non solo, da componente dell’Associazione costituzionale (alla quale aveva aderito, più per cortesia che per convinzione, nel 1873), si sforzò pubblicamente di persuadere la Destra milanese a non ripudiare il nome di Correnti, ricevendone però un netto e secco rifiuto; ma, scrivendo a Q. Sella, il 3 nov. 1876, finì per mettere nero su bianco il suo «sogno»: cioè «una maggioranza nuova» che, «lasciati in secco d’ambo le parti gli elementi estremi», fosse capace di riunire gli «uomini sinceramente devoti alle istituzioni, ma altrettanto risoluti a volere l’indipendenza della società laica, la riforma tributaria, un’amministrazione meno accentrata e più semplice, una politica d’ordine e insieme di progresso» (Una nobile vita, I, p. 278), un chiaro programma da liberale lombardo.
Quanto alla politica interna, il M. si mostrò di opinioni aperte: avrebbe voluto un «suffragio a doppio grado, dando magari diritto di voto a tutti i maggiorenni che [sapessero] leggere e scrivere», una «rappresentanza proporzionale delle minoranze», «la vigilanza su tutte le operazioni elettorali esclusivamente affidata all’autorità giudiziaria» (ibid., I, p. 400). S’impegnò per limitare il lavoro delle donne e dei fanciulli e per promuovere al massimo l’istruzione, da lui considerata l’architrave della Nazione. In politica estera mostrò viva simpatia per la Francia, anche quando – come accadde nel 1888 – la linea del governo Crispi si orientò verso un’aperta collisione con Parigi. In quell’occasione scrisse la lettera À mes amis de France nella Revue internationale di Roma (pubblicato a parte, Rome 1888), che riscosse viva simpatia presso il pubblico d’Oltralpe, nonostante gli effetti trascurabili sull’ambiente italiano.
L’attività del M. in Senato fu incentrata su alcune questioni rilevanti: da un lato, il lunghissimo iter di una legge generale sulla «conservazione dei monumenti e degli oggetti d’arte e d’antichità», avviato da Correnti quando era ministro della Pubblica Istruzione, ripreso, consule Coppino, nel 1877 e, ancora – inutilmente – nel 1887-88. Si trattava di una questione assai spinosa, perché occorreva conciliare i diritti del patrimonio, inteso come risorsa nazionale, con quelli dei singoli proprietari, i quali non avrebbero voluto vincoli all’esportazione dei loro beni. Il M. si occupò inoltre di scuole d’architettura (1890) e soprattutto del lavoro dei fanciulli e degli infortuni sul lavoro (1885-86 e 1892-97).
Le frequenti inondazioni del Po nella sua terra d’origine lo videro attivo filantropo e promotore dei soccorsi e dei lavori di bonifica. Tipico il suo approccio pragmatico alla questione sociale, bene espresso in una lettera a Villari dell’aprile 1871: «È così ch’io intendo l’associazione; diretta a scopi precisi, speciali, locali, sta bene fa pro; ma nelle colossali inchieste, nei vasti programmi, nelle leghe d’onde pullulano comitati e sottocomitati e segretarii dappertutto, tollerate la mia impenitenza, ci ho poca fede» (Una nobile vita, I, p. 131).
Non trascurò la politica estera, pronunciando nel 1897 un discorso Pro Candia che echeggiava quello tenuto oltre trent’anni prima alla Camera per la libertà della Polonia; né dimenticò il culto delle memorie patrie, alle quali – promuovendo monumenti e sollecitando celebrazioni – si dedicò per tutta la vita, testimoniando la piena sintonia con la sensibilità patriottica del suo tempo. L’ultima sua fatica fu una Storia e fisiologia dell’arte di ridere, pubblicata in tre volumi a Milano fra il 1900 e il 1902.
Morì a Milano il 3 ag. 1905. Secondo le sue ultime volontà i suoi beni passarono alla scuola professionale femminile di Milano, fondata da Laura Mantegazza Solera.
Opere: Si rinvia all’imponente edizione apparsa a Firenze fra il 1906 e il 1911, e curata da A. Serena, G. Faldella, G. Natali e R. Barbiera, in 24 volumi editi tutti a Firenze tranne due (Saggi poetici illustrati, I-II, stampati a Roma). Essa comprende 4 volumi di Studii civili, 8 di Studii letterari e artistici, 5 di Saggi poetici e 7 di Ricordi (fra i quali – il VI e il VII – il carteggio inedito Una nobile vita, I-II, scelto e annotato da R. Barbiera nel 1909).
Fonti e Bibl.: Il principale nucleo di documenti, in parte editi, relativo al M. si trova a Milano presso la Biblioteca Ambrosiana. Cospicui gruppi di lettere del M. si trovano anche negli archivi dei suoi principali corrispondenti, primo fra tutti quello di Cesare Correnti, presso il Museo del Risorgimento di Milano.
In mancanza di una biografia del M., si segnalano i contributi principali, per lo più apparsi a ridosso della morte: G. Faldella, In memoria di T. M., parole pronunciate nel Senato addì 5 dic. 1905, Roma 1905; A. Serena, T. M.: nota bibliografica, Treviso 1905; Id., Della vita e delle opere di T. M.: proemio e note bibliogr. estratti dalla edizione postuma delle opere di T. M., Firenze 1906; G. Faldella, T. M.: profilo storico, in Nuova Antologia, 16 ag. 1906, pp. 529-548; L. Giorgio, T. M. poeta, Caserta 1906; M. Scherillo, Commemorazione di T. M., Milano 1909, in Rendiconti del R. Ist. lombardo di scienze e lettere, s. 2, XLII (1909), pp. 48-64; G. Natali, Il pensiero e l’arte di T. M., Firenze 1910; Commemorazione di T. M. tenuta dai licenziandi del r. liceo Cesare Beccaria…, Milano 1913; C. Bonardi, La monografia heiniana di T. M., Napoli 1916. Per un recente contributo sull’ambiente in cui si formò il giovane M., cfr. A. Trova, Coscienza nazionale e rivoluzione democratica. L’esperienza risorgimentale di Cesare Correnti, 1848-1856, Milano 1995, ad indicem. Fra i dizionari biografici: A. De Gubernatis, Diz. biografico degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, pp. 698-700; Letteratura italiana (Einaudi), Gli autori. Diz. bio-bibliogr., II, Torino 1991, p. 1163.