PASSARELLI, Tullio
PASSARELLI, Tullio. – Nacque a Roma il 10 agosto 1869, figlio di Vincenzo, commerciante, e di Giulia Ottavianelli.
Studiò presso il prestigioso istituto De Merode di Roma, del quale egli stesso realizzò nel 1899 un importante ampliamento, e si iscrisse alla facoltà di ingegneria dove si laureò il 20 novembre 1893. Nel 1902 sposò Ida Alessandrini.
Dopo un primo periodo di collaborazione presso lo studio di Gaetano Koch, autorevole esponente dell’eclettismo romano, all’inizio del Novecento fondò uno studio professionale che sarebbe divenuto uno dei più importanti della capitale, al quale si rivolse da subito una committenza facoltosa e altolocata: dalle istituzioni religiose alle grandi società private.
Passarelli esercitò la professione in un periodo durante il quale nasceva una nuova figura di professionista e di intellettuale che veniva indicato come ‘architetto integrale’. Erano gli anni che precedettero la fondazione della Scuola di architettura di Roma (18 dicembre 1920) che si prefiggeva proprio di formare questo particolare tipo di tecnico, che egli interpretò perfettamente da ingegnere, avendo compiuto gli studi quasi venti anni prima che fosse istituita la suddetta scuola. La ricomposizione del sapere tecnico e artistico attraverso l’uso del linguaggio di matrice eclettica fu la cifra adottata soprattutto nella prima fase della sua produzione, nel corso della quale ebbe già l’opportunità di affrontare uno dei grandi temi della progettazione, forse il più importante per il valore simbolico e per il ruolo che assume nelle città: l’edificio per il culto.
Il neoromanico adottato per l’ampliamento del collegio De Merode, stile che fu ibridato con rivestimenti metallici usati per le coperture a mansarda dei nuovi corpi, inserite per rievocare l’origine francese dell’ordine religioso, trovò una congruente applicazione nelle tre chiese che realizzò tra il 1903 e il 1910. S. Teresa d’Avila, S. Camillo de Lellis e la chiesa dei padri di Montfort sono la prova d’autore di una personalità di progettista giovane, ma già maturo. In questa occasione Passarelli elesse il neoromanico come linguaggio dell’architettura religiosa della nuova capitale, capace di confrontarsi con la città storica e di relazionarsi senza competere con la tradizione barocca delle chiese simbolo di Roma.
Progettata e terminata nel giro di soli due anni, la chiesa di S. Teresa in corso d’Italia (1903) presenta un’immagine sobria, quasi francescana dell’architettura ecclesiastica; asciutta e poco decorata, per gli apparati interni e le decorazioni a stucco si avvalse della collaborazione dell’allora giovane Armando Brasini, architetto molto apprezzato nei decenni successivi, che dell’eclettismo si sarebbe fatto vero interprete. Al contrario Passarelli conferì a questa chiesa, grazie alla rinuncia alla decorazione, un linguaggio prosciugato e ripulito, capace di dialogare anche cromaticamente con la presenza forte delle mura aureliane, che all’epoca rappresentavano il contesto costruito oltre il quale la città cominciava a espandersi: con la facciata rivolta verso le mura aderente al confine del lotto, senza un sagrato di accesso, S. Teresa era inserita in un paesaggio semiurbano rarefatto e bucolico il cui carattere agricolo si era mantenuto fino alle porte della città. Fu seguita subito dopo dalla chiesa di S. Camillo de Lellis in via Piemonte (1906-10), questa volta situata subito all’interno del recinto delle mura, commissionatagli direttamente dal papa Pio X, impressionato favorevolmente dalla potente ed elegante semplicità di S. Teresa. Per l’ordine dei camilliani il papa volle una chiesa identica; Passarelli quindi adattò il medesimo stile a un’area già completamente urbanizzata e disegnò la facciata con una maggiore quantità di elementi architettonici decorativi in travertino. Contemporaneamente, tra il 1903 e il 1913, veniva edificata, insieme all’annesso convento dei padri Montfortani, la chiesa di S. Maria Regina dei Cuori di via Sardegna. Per ragioni di spazio la chiesa, di dimensioni molto ridotte rispetto alle altre due, è a navata unica e si presenta quasi priva di decorazioni, con la facciata incisa da un arco tamponato a tutta altezza al quale è addossato un elemento di ingresso incorniciato da una coppia di colonne in travertino, unica licenza alla decorazione di facciata, sormontata da una strettissima bifora ritagliata nella muratura.
In questi primi anni di attività, nel 1915 e nel 1922 realizzò due ville: una per i duchi Caetani, l’altra per la famiglia Grenier.
La prima (demolita negli anni Sessanta), immersa in un parco sulla collina dei Parioli, si presentava come un’elegante e austera villa periurbana, rifinita esternamente di mattoni scuri, mentre la seconda, sul Gianicolo, in posizione dominante rispetto alle costruzioni limitrofe, è caratterizzata da un’articolazione più complessa: qui l’eclettismo si esprime e si complica, ibridando antico e moderno. La struttura in cemento armato disegna i prospetti dell’edificio alternandosi cromaticamente con le tamponature in mattoni a faccia vista cromaticamente più chiari, conferendo all’insieme un aspetto più leggero e dinamico e all’intera composizione una maggiore delicatezza nonostante la presenza di volumi aggettanti e improvvise dissimmetrie.
Nel 1920 l’intervento di sistemazione della Borsa Valori segnava la conclusione della fase eclettica dell’architetto.
Passarelli scelse di accostarsi al monumento storico preesistente, in tal modo integrato nel nuovo edificio, reinterpretando lo stile dell’antica Roma. Si tratta in questo caso di un intervento tipico nella storia delle stratificazioni della Capitale: il Tempio di Adriano,incorporato nella prospettiva compressa delle strade del centro storico, si prestava a una reinterpretazione dello stile romano, non più attraverso il neoromanico caro all’eclettismo, ma proponendo quello che è stato definito più propriamente uno stile neoromano. Passarelli decise di inserirsi nella preesistenza in modo quasi indifferente e nella corte pose un solaio intermedio in vetrocemento, che senza una volontà di interazione con il colonnato antico, concedeva spazio alla modernità in un momento storico in cui si faceva breccia nell’ambiente culturale degli architetti.
Fa parte di questo primo periodo di attività il convento per i padri domenicani in via di S. Vitale, realizzato nel 1910, attualmente sede centrale della questura di Roma.
Si tratta di un palazzo austero in cui viene adottato lo schema rinascimentale tripartito, con il basamento rafforzato da grandi bugne regolari che rivestono tutto il primo piano e, nella sequenza dei piani sovrapposti, si alleggerisce fino a concludersi nei tre piani più alti in una finitura a intonaco disegnata dalle cornici delle finestre, tra piatte lesene raccordate ai marcapiani aggettanti.
Nel corso degli anni Venti e Trenta furono numerosi gli incarichi da parte di istituzioni religiose, prevalentemente per le sedi romane: del 1925 il convento delle carmelitane in via dei Tre Orologi e l’istituto per le suore dei Sacri Cuori e dell’Adorazione in via Salvini, che dagli anni Settanta, passato di proprietà pubblica, ospita il liceo Azzarita; seguirono nel 1927 l’istituto S. Gabriele in viale Parioli, la casa generalizia delle Suore Riparatrici in via di S. Pancrazio (1931), l’ampliamento della Pontificia Università S. Tommaso - Angelicum (1932), il restauro del duomo di Cosenza (1933), il convento dei padri dei Sacri Cuori in via di S. Erasmo (1935), la casa generalizia dei padri domenicani all’Aventino (1936), il collegio S. Giuseppe in via del Vignola (1937), la casa generalizia dei fratelli delle Scuole cristiane sulla via Aurelia (1938).
In tutte queste esperienze furono più l’occasione progettuale e il contesto a determinare le scelte figurative, che una vera e propria adozione di una poetica in cui identificarsi. Passarelli scelse di volta in volta il barocchetto, per gli istituti religiosi, lo stesso stile adottato dalle coeve esperienze soprattutto per l’edilizia scolastica, e la compostezza del neoromanico per le chiese.
Un capitolo importante della sua attività professionale è rappresentato dagli incarichi relativi al complesso dei magazzini generali all’Ostiense e degli edifici per il consorzio agrario e silos per il grano: un insieme di architetture tese a interpretare l’immagine della città produttiva dei primi decenni del Novecento e le tematiche della città industriale che si voleva sviluppare in quell’area nella zona sud di Roma.
Il progetto per i magazzini generali, costruiti tra il 1918 e il 1925, è un grande edificio a scala urbana costruito come scalo per le merci in arrivo dal porto fluviale. Elemento di mediazione tra la città e il Tevere, il complesso è articolato intorno a un grande vuoto interno: verso la città si presenta con il corpo degli uffici dai prospetti classicamente composti in dialogo con la città consolidata; verso il fiume le grandi gru metalliche disvelano il carattere di macchina industriale dell’insieme.
Dieci anni dopo, nel 1935, in collaborazione con il figlio Fausto, realizzò il silos granario per il Consorzio agrario provinciale sul lungotevere di Pietra Papa, imponente basilica razionalista che nel 2002 ha subito importanti trasformazioni.
Si avviava così, negli anni Trenta, una seconda fase dell’attività di Passarelli, svolta in collaborazione con i due figli maggiori, Vincenzo (1904-1985) e Fausto (1910-1998); il primo, laureato sia in ingegneria sia in architettura, fu al suo fianco nella conduzione dello studio e nell’elaborazione architettonica dei progetti, il secondo nello sviluppo tecnologico delle opere e nei rapporti con le amministrazioni. Dal 1946, appena laureato, entrò a far parte dello studio anche il terzo figlio, Lucio (1922) che collaborò con i fratelli nel segno della continuità e dell’innovazione della ricerca progettuale.
In questo periodo, nell’ambito dell’attività legata alla realizzazione di edilizia residenziale per la media e alta borghesia romana, tra il 1932 e il 1938, in collaborazione con il figlio Vincenzo, realizzò tre palazzine per l’impresa Provera e Carrassi, una in via Oglio e due tra via Salaria e via di villa Grazioli destinate queste ultime prevalentemente a residenza delle famiglie dei titolari.
I tre edifici si diversificano e al contempo costituiscono un insieme. Come variazioni su tema le tre unità simili e differenziate, singole e coordinate, poste a poca distanza l’una dall’altra, propongono un costruttivo approccio sperimentale alla modernità, declinato con concretezza come sempre è stato costume dello studio Passarelli.
Nel 1939, in conclusione di una carriera brillante e ricca di occasioni progettuali ottenute grazie alla sua capacità di mantenere sempre alto il livello delle prestazioni professionali, giunse la decisione di partecipare a tre dei quattro più importanti concorsi per l’E42.
L’eclettismo di cui Passarelli si fece inizialmente interprete fu un momento di passaggio, condiviso da gran parte dell’ambiente culturale romano, tra la ricerca del linguaggio più coerente per la nuova capitale che superava così l’immagine umbertina e l’approssimarsi delle sperimentazioni dei linguaggi internazionali. L’evoluzione dell’espressione figurativa dell’opera di Passarelli fu il frutto dell’incontro tra due generazioni che, senza strappi, in continuità graduale, dagli stili di derivazione eclettica giunsero alla declinazione di forme della modernità che hanno avuto nell’edificio polifunzionale di via Campania, realizzato più di venti anni dopo la morte del suo fondatore, la punta di diamante dello studio. In questa costruzione di una nuova immagine della città, le qualità di progettista di Passarelli si imposero subito nel panorama romano «non tanto per la ricerca corriva ed estenuata di nuovi linguaggi […] quanto e soprattutto per la capacità di far evolvere […] con chiarezza una specifica e intrinseca qualità del prodotto edilizio ove i vari esperimenti tipologici, chiese, collegi, magazzini, abitazioni, fungono da supporto a un edilizia di grande rilevanza nella definizione del carattere della Roma che in quegli anni si andava costruendo, soprattutto nelle aree periferiche» (Studio Passarelli..., 2006, p. 22).
Passarelli, concentrato nello svolgimento della professione, non fu coinvolto nella didattica universitaria, ma ricoprì importanti ruoli presso le più prestigiose istituzioni culturali del settore: fu accademico dei Virtuosi al Pantheon, di cui fu anche presidente, e accademico di S. Luca ricoprendone la presidenza nel biennio 1929-1930.
Morì a Roma il 7 aprile 1941.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio privato presso lo Studio Passarelli; R. Pedio, Lo studio degli architetti Passarelli, in L’architettura cronache e storia, agosto 1957, n. 22, pp. 224-243; P. T., in Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, a cura di P. Portoghesi, Roma 1969, p. 390; V. Sgarbi, Dizionario dei monumenti italiani e dei loro autori. ROMA. Dal Rinascimento ai giorni nostri, Milano 1991, pp. 189-192; P. T., in Architettura del XX Secolo, a cura di M.A. Crippa, Milano 1993, p. 366; S. Ciranna, P. T., in Dizionario dell’architettura del XX Secolo, a cura di C. Olmo, Torino, 2001, pp. 27-29; G. Remiddi et al., Il moderno attraverso Roma. 200 architetture scelte, Roma 2001, p. 216, schede A10, A12; Studio Passarelli. Cento anni cento progetti, a cura di R. Lenci, Milano 2006. Per ulteriori approfondimenti le opere dello Studio Passarelli sono consultabili nel sito www.studiopassarelli.it.