Tra i giuristi del Novecento, poche figure hanno lasciato nella storia della cultura una traccia duratura come quella che vi ha impresso Tullio Ascarelli. Continuano a esercitare un particolare fascino la sua potente personalità, la sua rara precocità, la sua vastissima cultura, la sua inesausta ansia di conoscenza e progresso. Tali doti, associate a una vicenda esistenziale non lunga e sofferta, contribuiscono a conferire alla sua figura alcuni tratti connotanti il prototipo romantico del ‘genio’. Ma sono soprattutto la profondità e la modernità del suo contributo alla scienza giuridica a spiegare le ragioni per le quali Ascarelli è considerato, non solo in Italia, una delle figure più significative nella storia del diritto del secolo scorso.
Ascarelli nacque a Roma il 6 ottobre 1903 da Attilio, medico legale e libero docente all’Università di Roma, e da Elena Pontecorvo: discendeva per parte di padre da un'illustre famiglia di ebrei sefarditi stabilitasi a Roma nel 16° sec., e per parte di madre da una famiglia di importanti industriali tessili di Pisa, cui appartennero personaggi della levatura di Bruno e Gillo Pontecorvo e con la quale furono imparentati altri come Eugenio Colorni o Enzo ed Emilio Sereni.
Sin da bambino mostrò carattere, maturità e capacità di apprendimento fuori dal comune e si appassionò allo studio della storia politica, delle letterature e delle lingue vive e morte. Le sue straordinarie doti, non disgiunte dagli stimoli che gli provenivano dall’ambiente familiare, gli consentirono di iscriversi all’università a sedici anni e di laurearsi prima di compierne venti.
Frequentò la facoltà giuridica romana, che in quel torno d’anni appariva come una delle più importanti sul piano mondiale e dove gli furono maestri, tra gli altri, Cesare Vivante, Vittorio Scialoja, Pietro Bonfante, Francesco Brandileone, Vittorio Polacco e Giuseppe Chiovenda. Queste eminenti figure incisero in modo profondo sulla formazione di Ascarelli, che si laureò nel 1923 sotto la guida di Vivante (il quale sin da quando Ascarelli era studente ne aveva intuito le doti, per poi seguirne l’intero cursus accademico), con una tesi su Le società a responsabilità limitata e la loro introduzione in Italia (pubblicata poi nella «Rivista del diritto commerciale», 1924, parte prima, pp. 419 e segg.).
Ma già prima aveva iniziato a interessarsi ad altri temi: quello, allora attualissimo, dei pagamenti in moneta estera, e quello relativo ai piccoli commercianti; sicché nello stesso anno della laurea pubblicò su questi argomenti due importanti studi (I debiti di moneta estera e l'art. 39 cod. di comm., «Rivista del diritto commerciale», 1923, parte prima, pp. 444 e segg.; I piccoli commercianti nel progetto preliminare del nuovo codice di commercio, «Diritto e pratica commerciale», 1923, parte prima, pp. 137 e segg.).
Nel 1923 collaborò inoltre alla neonata rivista mensile «Studi politici» di Paolo Flores e al settimanale «La rivoluzione liberale» di Piero Gobetti, e condusse una non irrilevante attività (non ancora censita) di editorialista sulla stampa quotidiana, in particolare su «Il popolo» di Roma, organo del Partito popolare italiano. Nel 1926 avrebbe scritto, anche sotto lo pseudonimo di Guido da Ferrara, sul settimanale socialista «Il quarto Stato», diretto da Pietro Nenni e Carlo Rosselli.
L’eccezionale curriculum e i primi lavori gli procurarono ben presto incarichi, premi e borse di studio. Già alla fine del 1924 – appena ventunenne – fu incaricato dell’insegnamento del diritto commerciale all’Università di Ferrara. L’anno successivo pubblicò un saggio che inaugurò i suoi studi di teoria dell’interpretazione, Il problema delle lacune e l’art. 3 disp. prel. cod. civ. (1865) nel diritto privato («Archivio giuridico Filippo Serafini», 1925, pp. 235-79, poi in Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, 1952, pp. 209-46). Sempre nel 1925, quindi a soli ventidue anni, a Ferrara conseguì la libera docenza di diritto commerciale, e un anno dopo vinse il concorso a professore di ruolo («non stabile»). Negli anni 1925-26, mentre insegnava a Ferrara, tenne anche l’incarico di diritto commerciale all'Università Ca’ Foscari di Venezia. Nel 1926 passò a Cagliari, dove insegnò anche diritto marittimo. Con una borsa di studio, nel 1927 poté recarsi in Germania. Nel 1929 fu chiamato dall’Università di Catania dove, nell’aprile del 1930, fu promosso ordinario. Nel 1932 passò a Parma e l’anno successivo a Padova, dove tenne prima la cattedra di diritto marittimo e poi quella di diritto commerciale. Nel 1935, infine, ottenne il trasferimento alla cattedra di diritto commerciale di Bologna.
Ma iniziava a essere controllato dalla polizia politica, e nel 1938 fu costretto all’esilio a causa delle leggi razziali promulgate nel settembre di quell'anno. Fuggì prima in Gran Bretagna e poi in Francia, dove lo raggiunse la famiglia e dove frequentò l’Università di Parigi, conseguendo il 6 giugno 1940 il doctorat de droit commercial, nella speranza di ottenere colà un posto di docente; ma pochi giorni dopo, il 14 giugno, anche Parigi fu occupata dai nazisti, e Ascarelli dovette scappare: attraverso Spagna e Portogallo raggiunse il Brasile.
Lì finalmente riuscì a riconquistare una posizione confacente, sia nel mondo accademico, essendogli stato offerto un incarico all'Università di San Paolo, sia nella professione, avendo avviato un importante studio legale (che anche dopo il ritorno in Italia continuò a dargli soddisfazioni).
Nonostante il profondo radicamento in Brasile, nel 1946 tornò in Italia e riprese a insegnare a Bologna, seppure tra grandi difficoltà e in un ambiente prevalentemente ostile (proverbiale, ma reale, l’avversione che sempre gli manifestò Walter Bigiavi). Mantenne tuttavia a San Paolo sia la famiglia sia alcuni rilevanti incarichi professionali. Nel 1953 fu chiamato sulla cattedra di diritto industriale dell’Università di Roma, e poté così spostare definitivamente in Italia la dimora familiare e il centro dei suoi interessi; al Brasile avrebbe comunque continuato a dedicare, fino alla morte, i mesi estivi di ogni anno.
Da allora si moltiplicarono i progetti di ricerca, le pubblicazioni, le iniziative editoriali, gli incarichi, le conferenze e i corsi di lezioni, nonché i riconoscimenti in Italia e all’estero (divenne, tra l’altro, socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei).
Nell’ottobre del 1959 fu chiamato dalla facoltà giuridica romana a ricoprire la cattedra di diritto commerciale che era stata del suo maestro Vivante. Ma sopraggiunse improvvisa la morte, il 20 novembre 1959.
L’opera di Ascarelli copre, con contributi ancora oggi imprescindibili, l’intero ambito del diritto commerciale, nel quale non vi fu istituto che egli non abbia indagato in profondità e con originalità. Essa tocca anche il diritto civile, del lavoro, della navigazione, quello costituzionale, amministrativo (e segnatamente quello che poi si sarebbe detto pubblico dell’economia), il diritto processuale (sicché Salvatore Satta lo considerò, insieme a Giuseppe Capograssi, il maggiore dei «processualisti onorari») e quello tributario. In quest’ultimo campo i suoi studi ebbero largo seguito in Brasile, dove, per es., la legge sulla tassazione delle società è ancora nella sostanza quella da lui ispirata (cfr. il suo Lucros extraordinarios e imposto de renda, con la collab. di R. Gomes de Sousa, J.B. Pereira de Almeida, 1944).
Inoltre, i suoi interessi spaziarono nei domini della storia del diritto, della comparazione giuridica (di cui fu professore incaricato nell’Università di Roma), della filosofia del diritto (tra le sue carte inedite si trova un analitico sommario per un corso che aveva in animo di tenere a Roma), della teoria generale, settori tutti nei quali ha lasciato contributi fondamentali.
Fu anche attento studioso di economia, di storia, di filosofia (muovendo da posizioni di schietta derivazione neoidealista e in particolare crociana), di sociologia e di scienza della politica (cfr. Sguardo sul Brasile, 1949, oltre a molte pagine di appunti, alcune delle quali edite, con il tit. Il diario di Tullio Ascarelli, in S. Satta, Quaderni del diritto e del processo civile, 4° vol., 1970, pp. 25-49). Negli ultimi anni della sua non lunga esistenza si avvicinò inoltre allo studio delle religioni, della logica formale e della matematica.
Per quanto specificamente attiene al diritto commerciale, il suo nome resterà legato all'elaborazione di alcune tra le più raffinate e penetranti costruzioni dogmatiche e tra le più innovative e feconde impostazioni di problemi. Si pensi alla configurazione del diritto commerciale come categoria prettamente storica e non logica, e cioè come espressione del sistema di produzione capitalistico (cfr. Corso di diritto commerciale. Introduzione e teoria dell’impresa, 19623, pp. 3-143, e Sviluppo storico del diritto commerciale e significato dell’unificazione, 1953, poi in Saggi di diritto commerciale, 1955, pp. 7-33), alle figure giuridiche del contratto plurilaterale (cfr. Studi in tema di contratti, 1952, pp. 97-178) e del negozio indiretto (pp. 3-77), alla rivisitazione della nozione di impresa in termini di attività e alla prospettazione della stessa attività come fattispecie giuridicamente rilevante, all’interesse sociale come interesse comune dei soci e quindi alla teoria contrattualista in campo societario, alla concezione strumentale della persona giuridica e alla conseguente costruzione della partecipazione sociale come bene di secondo grado (Considerazioni in tema di società e personalità giuridica, 1954, poi in Saggi di diritto commerciale, cit., pp. 129-217), alla valutazione tipologica della realtà ai fini della ricostruzione delle fattispecie cartolari (Sul concetto di titolo di credito e sulla disciplina del titolo V, libro IV, del nostro codice, 1954, poi in Saggi di diritto commerciale, cit., pp. 567-90; Il problema preliminare dei titoli di credito e la logica giuridica, 1956, e Tipologia della realtà, disciplina normativa e titoli di credito, 1957, poi ambedue in Problemi giuridici, 1959, 1° vol., pp. 165-184, 185-224).
Attorno alla figura della concorrenza e a un'originale concezione di bene immateriale, Ascarelli elaborò un nuovo sistema, nel quale inquadrare l'intera tematica del diritto industriale. Per primo comprese e sviluppò le implicazioni giuridiche emergenti dal sistema industriale di produzione di massa e riconobbe l’esigenza di una tutela qualificata del «consumatore» (Teoria della concorrenza e interesse del consumatore, 1954, poi in Saggi di diritto commerciale, cit., pp. 35-128).
Al di fuori del diritto commerciale, i suoi studi giuridici più importanti restano quelli relativi alla teoria della moneta e alle obbligazioni pecuniarie (La moneta, 1928; Studi giuridici sulla moneta, 1952; Obbligazioni pecuniarie, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja, G. Branca, Libro quarto. Delle obbligazioni, 1959, sub artt. 1277-1284): a lui si deve la compiuta teorizzazione della nozione di debito di valore come distinta da quella di debito di valuta.
Fondamentali, inoltre, le sue ricostruzioni storiche del diritto commerciale, studiato nell’indissolubile sviluppo di istituti e dottrine giuridiche (cfr., per es., La dottrina commercialista italiana e Francesco Carnelutti, 1960, poi in Problemi giuridici, cit., 2° vol., pp. 983-99).
Sono però la riflessione sul metodo e l’approccio alla teoria generale che probabilmente rappresentano il più straordinario e durevole contributo contenuto nell’opera di Ascarelli: anzitutto la sua visione storica del diritto; quindi la teorizzazione e utilizzazione del metodo comparatistico (Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, 1952, e Interpretazione del diritto e studio del diritto comparato, 1954, poi entrambi in Saggi di diritto commerciale, cit., pp. 481-519); infine, e soprattutto, la teoria dell’interpretazione, che può dirsi essere al centro di tutto il suo pensiero.
Per Ascarelli l’interpretazione non presuppone un corpus juris o un ordinamento dato ma lo compone; la norma assume necessariamente il significato che l’interprete, costruendo le categorie tipologiche in vista della riconduzione della sempre mutevole realtà alle fattispecie astratte, le conferisce; l’attività dell’interprete è dunque creativa e non semplicemente logico-deduttiva; tuttavia, si tratta non di attività libera, bensì vincolata ai valori che, nel momento storico, la società esprime: l’interprete infatti deve fornire soluzioni che si pongano in rapporto di «continuità col dato dal quale prende le mosse» e quindi con i principi e valori fino ad allora espressi; la società a sua volta è influenzata dal diritto, che è una delle voci del dialogo di cui si intesse la storia; di qui la visione storicistica del diritto.
In definitiva, l’interprete, e cioè il giurista, vive nella storia, ne è influenzato ma contribuisce al suo sviluppo e dell’opera del legislatore realizza una continua evoluzione, giammai una rivoluzione; «il giurista prenderà così dalla storia il suo punto di partenza e tornerà a guardare alla storia nel suo punto di arrivo» (Antigone e Porzia, 1955, poi in Problemi giuridici, cit., 1° vol., p. 15; si vedano anche: L’idea di codice di diritto privato e la funzione dell’interpretazione, riedizione di uno studio pubblicato in portoghese nel 1943, in Saggi giuridici, 1949, pp. 41-81; Norma giuridica e realtà sociale, 1955, poi in Problemi giuridici, cit., 1° vol., pp. 69-111; Giurisprudenza costituzionale e teoria dell’interpretazione, 1957, poi in Problemi giuridici, cit., 1° vol., pp. 139-52; In tema di interpretazione ed applicazione della legge, 1958, poi in Problemi giuridici, cit., 1° vol., pp. 153-62).
La poliedrica e prorompente personalità di Ascarelli non potrebbe tuutavia dirsi compiutamente abbozzata se non si facesse almeno un cenno alla sua attività di didatta e di ideatore e realizzatore di iniziative scientifiche ed editoriali.
Come maestro ebbe allievi in Italia (primo tra tutti Giuseppe Auletta, con il quale mantenne, fino alla fine, un intimo rapporto anche di affetti) e fuori dall’Italia; ma le sue capacità di suscitare entusiasmi andarono molto al di là delle logiche di scuola: egli fu larghissimo di incitamenti, incoraggiamenti e consigli con tutti i giovani meritevoli che gli si avvicinarono, attratti dal suo fascino magnetico.
Come animatore e realizzatore di iniziative deve almeno ricordarsi che nel 1936 fondò e curò poi fino alla morte la collana Saggi di diritto commerciale, imponendola come la più importante raccolta di monografie italiane in materia; nel 1947 fondò, insieme ad Antonio Cicu ed Enrico Redenti, la «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile»; nel 1956 ideò e fino alla morte diresse da solo la «Rivista delle società», che tutt’ora mantiene la sua personalissima impronta; alla fine degli anni Cinquanta fece parte, quale unico commercialista, della prima direzione scientifica dell'Enciclopedia del diritto; ideò la collana Testi per la storia del pensiero giuridico, il cui primo volume (Th. Hobbes, A dialogue between a philosopher and a student of the common laws of England – G.W. von Leibniz, Specimen quaestionum philosophicarum ex iure collectarum. De casibus perplexis. Doctrina conditionum. De legum interpretatione, 1960) non fece però in tempo a vedere pubblicato, pur essendo riuscito, lavorandovi febbrilmente anche negli ultimi giorni di vita, a completarne l’amplissimo saggio introduttivo: Hobbes e Leibniz e la dogmatica giuridica (pp. 3-69).
Seppure lontano da incarichi politici, Ascarelli fu impegnato a porre il suo intelletto al servizio del miglioramento della società, in nome degli ideali di libertà e democrazia, e si occupò con passione della cosa pubblica, anche aderendo a diversi movimenti e circoli politici di stampo schiettamente progressista (da Rivoluzione liberale a Gli amici del «Mondo», da Unità popolare al Partito socialista).
Nel secondo dopoguerra legò il suo nome a una serie di importanti progetti di legge in materia di società per azioni, di tutela della concorrenza e del mercato, di produzione e utilizzazione dell’energia nucleare (cfr. due saggi, del 1955 e del 1956, poi in Problemi giuridici, cit., 2° vol., pp. 879-931, 933-81, e uno del 1950, poi in Studi in tema di società, 1952, pp. 421-37). Prese parte attiva al dibattito sulla riforma dell’ordine degli studi giuridici, cui dedicò, da par suo, due famose ‘lettere aperte’ del 1956 ad Antonio Scialoja, direttore de «Il Foro italiano» (poi in Problemi giuridici, cit., 2° vol., pp. 827-36, 837-43), e una solerte attenzione in seno alla sua facoltà, dove fu, tra l’altro, il promotore della fondazione dell’Istituto di diritto comparato e poi il suo primo direttore.
Esercitò anche la professione di avvocato al massimo livello, tanto in Italia quanto all’estero, prediligendo il ruolo di consulente, ma sempre con distacco e morigeratezza: prestò scrupolosa attenzione a non consentire che gli interessi contingenti potessero non solamente contraddire suoi convincimenti già espressi, ma anche solo influenzare o limitare la sua libertà di pensiero e di giurista (cfr. anche Scienza e professione, «Il Foro italiano», 1956, 4, coll. 86-96, ove è la compiuta teorizzazione del ruolo e della necessaria ‘neutralità’ del giurista).
Ascarelli raccolse un'imponente biblioteca giuridica (lasciata all’Università di San Paolo), ricca di testi antichi e preziosi che egli però non trattava come rarità da bibliofilo bensì come materiali di studio, una vasta biblioteca generalista (ora conservata dall’ambasciata brasiliana a Roma) e, insieme alla moglie Marcella Ziffer, una cospicua collezione di pittura moderna.
La moneta, Padova 1928.
Concetto e categorie dei titoli di credito, «Rivista del diritto commerciale», 1932, parte prima, pp. 641 e segg.
La letteralità nei titoli di credito, «Rivista del diritto commerciale», 1932, parte prima, pp. 237 e segg.
L’astrattezza nei titoli di credito, «Rivista del diritto commerciale», 1932, parte prima, pp. 385 e segg.
Titolarità e costituzione del diritto cartolare, «Rivista del diritto commerciale», 1932, parte prima, pp. 509 e segg.
Consorzi volontari tra imprenditori, Milano 19372.
Saggi giuridici, Milano 1949.
Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, Milano 1952.
Studi giuridici sulla moneta, Milano 1952.
Studi in tema di contratti, Milano 1952.
Studi in tema di società, Milano 1952.
Saggi di diritto commerciale, Milano 1955.
Teoria della concorrenza e dei beni immateriali: lezioni di diritto industriale, Milano 1956, 19603.
Obbligazioni pecuniarie, in Commentario al codice civile, a cura di A. Scialoja, G. Branca, Libro quarto. Delle obbligazioni, Bologna-Roma 1959, sub artt. 1277-1284.
Problemi giuridici, 2 voll., Milano 1959.
Corso di diritto commerciale. Introduzione e teoria dell’impresa, Milano 19623.
Studi in memoria di Tullio Ascarelli, 1° vol., Milano 1969, pp. XIX-LIII.
G. Auletta, Studi e saggi di Tullio Ascarelli, «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 1955, pp. 433-46.
L. Caiani, Tullio Ascarelli e il problema del metodo, in Id., La filosofia dei giuristi italiani, Padova 1955, pp. 129-62.
A. Asquini, Tullio Ascarelli, «Rivista del diritto commerciale», 1959, parte prima, pp. 475 e segg.
G. Auletta, Tullio Ascarelli, «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 1959, pp. 1209-18.
A. Asquini, Nell’anniversario della morte di Tullio Ascarelli, «Rivista delle società», 1960, pp. 997-1012.
M. Broseta, Tullio Ascarelli, «Revista de derecho mercantil», 1960, pp. 97 e segg.
F. Ferrara, Tullio Ascarelli, «Rivista di diritto civile», 1960, parte prima, pp. 113-16.
G. Osti, Commemorazione di Tullio Ascarelli, Bologna 1960.
A. Tunc, Tullio Ascarelli, «Revue internationale de droit comparé», 1960, pp. 238-40.
E. Rossi, Borse e borsaioli, Bari 1961, pp. 1-15.
S. Rodotà, Ascarelli Tullio, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 4° vol., Roma 1962, ad vocem.
Studi in memoria di Tullio Ascarelli, Milano 1969 (in partic. F. Messineo, Tullio Ascarelli, pp. LV-LXX; A. Asquini, Il pensiero giuridico di Tullio Ascarelli, pp. LXXIII-LXXXV; N. Bobbio, L’itinerario di Tullio Ascarelli, pp. LXXXVII-CXL; G. Ferri, Il pensiero giuridico di Tullio Ascarelli, pp. CXLI-CLVI; S. Satta, L’apporto di Ascarelli alla scienza del processo, pp. 1995-2002).
G. Auletta, Tullio Ascarelli, «Rivista delle società», 1970, pp. 493-511.
F. Konder Comparato, O direito brasileiro na visão de Tullio Ascarelli, «Revista de direito mercantil», 1980, pp. 11 e segg.
A. Mignoli, Contribução de Tullio Ascarelli à doutrina das sociedades anonimas, «Revista de direito mercantil», 1980, pp. 37 e segg.
M. Reale, La teoria dell’interpretazione nel pensiero di Tullio Ascarelli, «Rivista internazionale di filosofia del diritto», 1983, pp. 231-46.
M. Meroni, La teoria dell’interpretazione di Tullio Ascarelli, Milano 1989.
P. Grossi, Le aporie dell’assolutismo giuridico (Ripensare, oggi, la lezione metodologica di Tullio Ascarelli), «Diritto privato», 1997, 3, pp. 485-550.
B. Libonati, Diritto commerciale e mercato. L’insegnamento di Tullio Ascarelli, «Diritto privato», 1997, 3, pp. 551-66.
F. Casa, Tullio Ascarelli. Dell’interpretazione giuridica tra positivismo e idealismo, Napoli 1999.
P. Grossi, Scienza giuridica italiana, Milano 2000 (in partic. pp. 145 e segg., 212 e segg., 285 e segg.).
B. Sordi, Ordine e disordine giuridico del mercato (in margine ad alcuni scritti di Tullio Ascarelli), in Ordo juris. Storia e forme dell’esperienza giuridica, Milano 2003, pp. 319-55.
M. Libertini, Il diritto della concorrenza nel pensiero di Tullio Ascarelli, «Annali del seminario giuridico dell’Università di Catania», 2004-2005, pp. 87-123.
B. Libonati, Ricordo di Tullio Ascarelli, in Studi offerti ad Antonio Venditti, Napoli 2009, 2˚ vol., pp. 783-96.
M. Stella Richter jr, Tullio Ascarelli studente, «Rivista delle società», 2009, pp. 1237-80.
M. Stella Richter jr, Filippo Vassalli e la chiamata di Tullio Ascarelli alla facoltà giuridica romana, «Rivista di diritto commerciale», 2010, 1, pp. 693-728.