tularemia Malattia infettiva acuta molto diffusa nei roditori e trasmissibile all’uomo, sostenuta da Francisella tularensis, piccolo bacillo pleiomorfo, immobile, asporigeno, aerobio, gramnegativo. Endemica nel distretto di Tulare, California, dove fu descritta nel 1911 da G.W. McCoy (il quale nel 1912, insieme a C.W. Chapin, ne isolò l’agente eziologico), è diffusa in tutti gli USA, in Giappone, ex URSS, Germania, paesi scandinavi. In Italia è di eccezionale riscontro sia in campo veterinario sia nell’ambito della patologia umana. L’infezione si diffonde fra gli animali per mezzo di insetti ematofagi; nell’uomo include il passaggio attraverso l’insetto ematofago ma si verifica per lo più direttamente per via cutanea o congiuntivale per contatto con gli animali infetti. Ne sono perciò più colpiti i cacciatori, i macellai e i conciatori di pelli; frequenti le infezioni da laboratorio. Il quadro clinico, dopo un breve periodo di incubazione (2-5 giorni), comincia bruscamente con febbre elevata, brividi e profuse sudorazioni, cefalea, vomito, prostrazione. La forma ulcerosa, la più frequente, è caratterizzata dalla comparsa nel punto di inoculazione (mani, più raramente congiuntiva nella forma oculo-ganglionare) di una papula dolorosa che, necrosandosi, dà luogo a un’ulcerazione a margini netti, dalla quale partono strie linfangitiche fino ai linfonodi distrettuali. Questi si tumefanno e, spesso, colliquano e si fistolizzano. La febbre, dopo una pseudocrisi in quarta-quinta giornata, cessa definitivamente in circa 20 giorni. Oltre alle forme ulceroganglionare e oculoganglionare, si possono osservare forme ganglionari pure (caratterizzate da tumefazioni linfonodali), forme tifoidee (con stato tifoso), forme polmonari (per inalazione di polveri) ecc. Molto rare le complicazioni pericardiche ecc. La terapia si avvale di antibiotici che ne hanno migliorato la prognosi. Una forma di vaccinazione con germi vivi attenuati, pur non essendo ottimale, fornisce una discreta protezione immunitaria.