TUFO
Il nome di tufo è promiscuamente attribuito a rocce di natura assai diversa. Si chiamano tufi dei calcari teneri marnosi che si lasciano facilmente segare e modanare, o anche dei travertini leggieri porosi (pietra spugna) come quelli della Puglia, localmente detti carparo o marzaro. Anche delle arenarie friabili, calcaree o argillose, prendono in molte regioni d'Italia la denominazione di tufi. Ma più propriamente questo nome va riservato a rocce piuttosto incoerenti, ma talora anche di consistenza litoide, di origine piroclastica, formate cioè dall'accumulo di frammenti di materiali vulcanici che le eruzioni, nelle loro fasi esplosive, strappano dai magmi interni e proiettano sulla superficie della terra intorno alla bocca eruttiva. Questo materiale è di natura e di calibro diverso: da blocchi anche di qualche metro cubo si passa gradatamente a sabbie fini e a polveri impalpabili.
Lanciato verticalmente o obliquamente nell'atmosfera, si distribuisce in modo irregolare intorno alla bocca o alle bocche eruttive, mescolato spesso con frammenti delle pareti del camino vulcanico o delle rocce che ne costituiscono il substrato profondo. Al trasporto del materiale minuto e delle polveri impalpabili contribuisce in modo particolare il vento, cosicché il definitivo deposito del più fino accade a distanze talora molto considerevoli.
A seconda delle dimensioni e della forma, il materiale piroclastico può formare brecce, costituite da blocchi a contorno irregolare, o da bombe vulcaniche più o meno arrotondate, e affusolate, banchi di lapillo o di piccole scorie, accumuli di cristalli di minerali magmatici, strati di sabbie vulcaniche o di ceneri. Tutti questi depositi in genere sono subaerei e presentano spesso in comune con quelli morenici il carattere di una riunione caotica di accumulo di materiali diversi per forma, dimensioni e spesso anche natura litologica.
Ma la prima accumulazione di materiali piroclastici è spesso soltanto transitoria, perché le acque delle precipitazioni meteoriche li rimaneggiano, li trasportano e tornano a depositarli classificandoli per densità e volume, formando conglomerati grossolani e banchi di elementi minuti. Bene spesso il materiale piroclastico cade direttamente in bacini d'acqua, o vi è trascinato in seguito, e ciò costituisce una condizione favorevole per la formazione di depositi stratificati. In tutti i casi, questi depositi vengono ad acquistare successivamente una coesione più o meno grande, sia per la pressione degli strati superiori, sia per il ricoprimento di altre rocce, sia per processi di cementazione dovuti a circolazione di soluzioni nella massa, a cui si devono anche trasformazioni secondarie dei minerali che li costituiscono con formazioni di zeoliti, di carbonati, di ossidi di ferro, di silice, ecc. Per il complesso di queste azioni di diagenesi, da materiali originariamente incoerenti derivano rocce ben consistenti, come i tufi litoidi, che sono spesso eccellente materiale da costruzione, perché leggieri, porosi, coibenti.
La deposizione del materiale tufaceo, sia che accada in seno all'atmosfera, sia in seno alle acque, ricopre o trascina organismi, o avanzi dei medesimi e la presenza di resti fossili è elemento molto utile per determinare l'età dell'eruzione vulcanica. Spesso poi si alternano con quelle tufacee deposizioni di sedimenti di altra origine, con la definitiva formazione di rocce miste a stratificazione ben distinta e spesso anche fossilifere.
Dal punto di vista petrografico si distinguono tufi di diversa composizione chimica e mineralogica, corrispondentemente alla natura del magma da cui derivano e delle rocce effusive coeve. Si hanno così tufi porfirici, porfiritici, melafirici e diabasici, in relazione con rocce effusive antiche, e tufi liparitici, trachitici, leucitici, basaltici, in relazione con rocce recenti.
Tufi porfirici si trovano nelle Alpi in prossimità delle grandi colate di porfidi quarziferi del Luganese, della Valsesia, delle Prealpi Lombarde, del Trentino e dell'Alto Adige. Spesso questi tufi hanno acquistato, per profonda diagenesi, una compattezza tale da renderne difficile la distinzione dai porfidi stessi e come questi ultimi anzi meglio di questi ultimi sono stati oggetto d'intense azioni dinamometamorfiche, così da costituire rocce distintamente laminate, come scisti sericitici o porfiroidi.
Tufi porfiritici e melafirici si trovano in relazione con le corrispondenti rocce effusive nelle Alpi Carniche, nel Vicentino e nella Val di Fassa. Tufi diabasici spesso sono profondamente alterati in clorite e carbonati con decisa struttura scistosa (Schalstein in tedesco), o, per effetto d' intenso metamorfismo dinamico, passano a rocce metamorfiche tipiche (prasiniti o anfiboliti) come è il caso di molte delle cosiddette pietre verdi delle Alpi Occidentali.
Più abbondanti, con distinto carattere piroclastico e poco o punto metamorfosati, sono i tufi di magmi eruttivi recenti: i tufi liparitici, in cui abbondano i frammenti di pomice, le cineriti, formate in prevalenza da minute scaglie vetrose, i tufi trachitici o pipernoidi di Ponza e dei Flegrei, i tufi leucitici o leucotefritici dei vulcani dell'Italia centrale e fra essi quelli compatti come il tufo giallo litoide della Campagna Romana e più ancora il nenfro del Viterbese e il peperino dei Colli Albani, usati largamente nelle costruzioni a Roma e dintorni. Il peperino è ricco d'inclusi di lave profonde, di rocce sedimentarie e talora di proietti vulcanici, costituiti da aggregati di cristalli di minerali varî, alcuni anche di rara bellezza.
Fra le rocce vulcaniche della Sicilia sud-orientale è caratteristico un tufo detto palagonitico. La palagonite non è un minerale distinto, ma il prodotto dell'alterazione di un vetro basaltico, il sideromelano.
Nella categoria dei tufi rientrano le pozzolane, termine tecnico, che vale a indicare rocce di diversa composizione mineralogica (v. pozzolana). Vicino alla pozzolana, per gli usi tecnici, è il trass dell'Eifel renano, specie di tufo pomiceo compatto.