tsunami
<zunà-> s. giapp., usato in it. al masch. – Onda di maremoto e, per estensione, maremoto generato dai terremoti sottomarini per effetto della trasmissione agli oceani dell’energia elastica dalla crosta terrestre che si rilascia all’atto del sisma. Il significato proprio nella lingua originale è «onda del porto» e indicava quelle onde, particolarmente elevate, che si formano all’interno dei porti e delle baie al sopraggiungere dal mare aperto di onde anomale, solitoni di varia origine. Benché sia chiaro il meccanismo di base degli t., la complessità dei fenomeni interconnessi fa sì che a tutt’oggi i modelli fisico-matematici usati per la loro simulazione, a fini prognostici, non siano in grado di dare risultati certi. La corrispondenza tra magnitudo del terremoto sottomarino e altezza dell’onda di maremoto non è definita a priori. La ricerca attuale sugli t. segue quindi diversi percorsi. Si cerca di capire perché alcuni grandi terremoti non li abbiano generati, mentre se ne sono osservati per terremoti di minore intensità. Una volta che lo t. si è generato si cerca di prevedere la sua propagazione attraverso gli oceani in direzione, velocità, energia e massa. Altro settore importantissimo per la salvaguardia delle vite umane è quello dell’interazione tra l’onda di maremoto e la costa ove sopraggiunge, poiché la morfologia sottomarina continentale determina l’altezza finale dell’onda e quindi l’area costiera che viene colpita.
Gli tsunami nel primo decennio del 21° secolo. – Eventi di portata catastrofica si sono verificati nel 2004 nell’Oceano Indiano e nel 2011 nell’Oceano Pacifico, al largo delle coste giapponesi. Il primo, denominato dagli scienziati Sumatra-Adaman, ha avuto origine dal terremoto avvenuto alle ore 00:58 UTC (tempo universale coordinato) di domenica 26 dicembre 2004 con epicentro nel mare d’Indonesia, al largo della costa occidentale dell’isola di Sumatra. Il maremoto che è seguito ha generato varie onde che hanno interessato 14 paesi costieri causando circa 230.000 morti. I paesi più colpiti sono stati Indonesia, Sri Lanka, India e Tailandia; il terremoto è stato avvertito anche in Bangladesh, Myanmar, Singapore e Maldive. Si stima che l’energia rilasciata dal terremoto (magnitudo Richter 9.1-9.3) e trasferita in gran parte agli oceani, con onde alte fino a 30 m, fu pari a oltre 1500 volte quella della bomba di Hiroshima. Per via della loro estensione gli t. generatisi sono stati denominati in vari modi: t. indonesiano, t. meridionale e t. del giorno di S. Stefano.
Il terremoto di magnitudo 9.0 avvenuto alle ore 14,46 locali l’11 marzo 2011 nell’Oceano Pacifico, al largo delle coste nordorientali del Giappone, con epicentro a 72 km di profondità a est della penisola di Oshika di Tohoku, ha generato onde di maremoto alte sino a 23,6 m, che hanno investito la costa più vicina all'epicentro dopo pochi minuti dal sisma e quelle più distanti alcune ore più tardi. A seguito dell’esperienza dello t. indonesiano del 2004 il rafforzato sistema di segnalazione ha diffuso prontamente l’allarme maremoto a 20 paesi della costa del Pacifico estendendolo al Nord e al Sud delle Americhe. I morti confermati ufficialmente dal Ministero dell’interno giapponese sono stati 18.440, i feriti 2.778 e 17.339 persone sono state dichiarate disperse. L’onda di maremoto è penetrata per diversi chilometri all’interno delle coste del Giappone devastando il territorio e facendo crollare anche una diga. Il disastro peggiore è stato però la sommersione degli impianti della centrale nucleare di Fukushima (v. Fukushima, catastrofe di): benché i dispositivi di sicurezza, tra cui i sistemi di raffreddamento ausiliario e i generatori elettrici diesel, fossero stati collocati in posizione elevata, a un’altezza dal livello ordinario del mare ritenuta sicura anche per uno t. di media intensità, l’onda fu tale da invadere le installazioni determinando il blocco dei motori diesel che alimentavano le pompe ausiliarie del sistema di raffreddamento. Il surriscaldamento di alcuni dei reattori ebbe così conseguenze disastrose per l’ambiente circostante. Il danno economico dello t. è stato stimato dal governo giapponese in 309 miliardi di dollari, rendendolo così il disastro naturale più costoso al mondo.
Lessico. – Dal punto di vista lessicale, t. è documentato come termine specialistico preso in prestito dal giapponese fin dall’inizio degli anni Sessanta del Novecento, ma inizia a diffondersi, tramite la stampa quotidiana, nei primi anni del 21° secolo. All’uso proprio della geofisica si affianca quasi contemporaneamente quello figurato del termine che, a partire dal significato di «onda anomala» si arricchisce delle accezioni estensive di «sconvolgimento, sommovimento di un equilibrio ritenuto stabile e consolidato». Quest’uso immaginifico e fortemente espressivo si è ben radicato nel linguaggio dei mezzi d’informazione, pervadendo i commenti degli opinionisti e i resoconti dei più svariati settori della cronaca.