Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La lirica cortese si espande nel nord dell’Europa e si rinnova grazie ai trovieri che celebrano, in francese, la fin ’amor, approfondendo la nozione di lirismo soggettivo. In area tedesca, i Minnesänger importano a loro volta forme e temi della poesia romanza, dando vita a una sterminata produzione nella quale l’ideale cortese è permeato di spontaneità e naturalezza.
A partire dal terzo decennio del XII secolo la lirica trobadorica conosce una straordinaria espansione, irradiandosi dall’Occitania in tutta la Francia grazie all’influenza di una nobile mecenate, Eleonora di Aquitania. Nipote del primo grande troviero Guglielmo IX, duca di Aquitania, nel 1137 Eleonora sposa in prime nozze il re di Francia Luigi VII, ma il loro matrimonio viene annullato nel 1152. Eleonora si risposa subito dopo col potente feudatario Enrico d’Anjou, duca di Normandia, futuro Enrico II Plantageneto, re d’Inghilterra.
Protettrice di numerosi trovatori, Eleonora diventa il tramite privilegiato della diffusione delle forme e dei contenuti dell’arte del trobar nel nord della Francia. Lo stesso figlio di Eleonora, Riccardo I, detto Cuor di Leone, è autore di alcune canzoni cortesi, la figlia Aelis de Blois diventa la protettrice del poeta Gautier d’Arras, mentre l’altra figlia, Maria, duchessa di Champagne, ospita alla sua corte Chrétien de Troyes, il grande chierico romanziere, nonché autore di due canzoni che marcano ufficialmente la nascita della lirica cortese in lingua d’oïl. Il poeta soggiornerà in seguito presso un altro centro di irradiamento della poesia lirica cortese, la corte delle Fiandre di Filippo d’Alsazia, la cui sposa è Elisabetta di Vermandois, una cugina di Maria di Champagne. Chrétien de Troyes farà di Filippo il dedicatario del suo celebre romanzo Perceval ou le comte du Graal.
Appaiono fin da subito chiari i connotati di questa lirica che non si vuole semplice imitazione o emulazione della poesia dei trovatori. Il termine francese trouveor è un calco del provenzale trobador, a significare che i trovieri, tutti poeti e musicisti allo stesso tempo, si sentono compartecipi della medesima modalità di espressione lirica dei loro colleghi provenzali. Non solamente epigoni o eredi quindi, ma anche interlocutori, in un dialogo poetico-musicale ad armi pari, nel quale non mancano casi in cui siano i trovatori stessi a ispirarsi ai loro colleghi settentrionali. Una parte considerevole della lirica dei trovieri approfondisce la tematica cortese attorno alla nozione di Amore, inteso non come sentimento, bensì come principio ideologico, codice morale e comportamentale, motore delle azioni degli amanti.
Ecco che nelle sue liriche, appartenenti senza dubbio a una fase giovanile, Chrétien de Troyes interviene nel dialogo poetico intessuto da due suoi illustri predecessori di lingua d’oc, Raimbaut d’Aurenga e Bernart de Ventadorn, su di un punto cruciale dell’ideologia cortese: la fedeltà ai dettami d’Amore nel caso di un amore non corrisposto. Se Raimbaut, novello Tristano, ha bevuto il filtro d’amore e, certo del consenso della donna amata, si abbandona a un gioioso adulterio, se al contrario Bernart si dichiara sconfitto e ucciso da Amore e pronto a abbandonare il canto, Chrétien propugna la fedeltà assoluta, indipendentemente da quella che sarà la ricompensa. Amore non è indotto da filtri magici, come quello di Tristano, bensì è frutto di una scelta libera e consapevole, sempre fedele nonostante il rifiuto.
La tematica di Amore, fonte esclusiva di ispirazione lirica, sul modello di Bernart de Ventadorn, caratterizza la cosiddetta prima generazione di trovieri, altrimenti detti “classici” – Gace Brulé, Conon de Béthune, Chatelain de Coucy, Blondel de Nesle, Gontier de Soignies –, operanti soprattutto nella regione della Champagne e in Piccardia nell’ultimo quarto del XII secolo.
Il veicolo formale espressivo privilegiato da questi trovieri, come da quelli delle generazioni successive, è il cosiddetto grande canto cortese, o chanson, che altro non è se non il corrispettivo della canso trobadorica. Si tratta dell’espressione più alta e più nobile di canto lirico. Composta da un numero variabile di strofe, indipendenti tra loro ma allo stesso tempo messe in relazione da sottili corrispondenze fonico-rimiche, la chanson è rivestita musicalmente di un canto monodico, che in genere si ripete invariato a ogni strofa. Non si concepisce una canzone senza la sua intonazione melodica, complemento e prolungamento del testo poetico. A differenza delle intonazioni delle canzoni trobadoriche, queste melodie presentano generalmente una struttura fissa e un polo tonale ben definito, senza eccessivo uso di ornamentazioni; esistono anche, ma sono più rare, le intonazioni in cui la musica cambia ad ogni verso (oda continua).
Gace Brulé, troviero della Champagne, protetto da Maria di Francia e attivo tra il 1179 e il 1212, lascia un’imponente produzione (quasi 80 chansons), in cui sono temi ricorrenti l’accettazione di un amore infelice, o comunque differito, per una dama di rango superiore e quindi inaccessibile; l’incertezza dell’esito della vicenda amorosa sopportata con nobilissimo contegno; l’intensità del desiderio che consuma fino a morirne. Le sue melodie, scevre da ornamenti, hanno una tessitura talvolta molto estesa, quasi a riflettere il parossismo del suo sentimento. Il poeta sarà un modello per i successivi Minnesänger – tra cui, in particolare, Rudolf von Fenis-Neuenburg –, fino ad arrivare a Dante, che ne menziona una lirica, Ire d’amors, nel De vulgari eloquentia.
Gace Brulé è amico e interlocutore di alcuni tra i più importanti trovieri a lui contemporanei, come Blondel de Nesle, Gautier de Dargies, e il Castellano di Coucy.
Blondel de Nesle, attivo tra il 1175 e i primi anni del XIII secolo è forse da identificarsi col nobile Jean II de Nesle. Il suo poetare dolce e raffinato, dai toni a tratti più ottimistici di quelli di Gace, riprende, nei 24 canti a lui attribuiti, la tematica e i topoi dell’amore cortese. Forse a causa dell’esemplarità delle sue composizioni, il personaggio di Blondel assume ben presto toni quasi leggendari: si dice che, partito alla ricerca del suo amico Riccardo Cuor di Leone, tenuto prigioniero da Leopoldo V di Babenberg, riuscisse a ritrovarlo perché Riccardo stava cantando una strofa che entrambi avevano composto. Verso il 1250 il troviero Eustache le Peintre compila una lista degli amanti celebri, in cui Blondel de Nesle figura insieme con Tristano e con un altro grande troviero “classico”, Guy de Ponceaux, detto il Castellano di Coucy. Di lui conosciamo la data della morte, avvenuta nel 1203 sul mare Egeo, nel corso della quarta crociata. La malinconia dei suoi versi, la varietà e l’inventiva delle sue melodie ne fanno un poeta-amante esemplare, tanto che anni dopo, verso il 1285, il personaggio del Castellano diviene protagonista della celebre leggenda del Roman du Castelain de Coucy et de la dame de Fayel, di un tale Jakemes, nel quale si narra che il troviero, prima di morire in mare, avrebbe chiesto che il suo cuore fosse imbalsamato e inviato all’amata come pegno d’amore. Il marito geloso si impadronisce del cuore e lo serve a tavola alla signora che, una volta realizzata la terribile verità, muore di crepacuore.
La seconda generazione di trovieri si dispiega nel corso del XIII secolo, in un arco di tempo che coincide grossomodo col regno di Luigi IX. Si contano molti poeti appartenenti alla più alta nobiltà, come Thibaut de Champagne, Jean de Brienne, Enrico III duca di Brabante, e ancora nobili e meno nobili come Robert Beauvoisin, Richard de Sémilly, Thibaut de Blaison, Guiot de Dijon, Gautier d’Epinal, Eustache le Peintre, Gautier de Dargies, Jacques d’Amiens e Richard de Fournival.
La loro produzione è caratterizzata da un approfondimento e da un’innovazione dei topoi della letteratura cortese, ma anche da uno sperimentalismo formale più marcato, che va nel senso dell’esplorazione di nuovi, o diversi, generi poetici. Ad esempio, si registra l’espansione di canzoni di ispirazione religiosa (canzoni di crociata o canzoni alla Vergine) sul modello formale della chanson cortese. Ancora, si diffondono i sirventesi, d’ascendenza provenzale, e i jeux-parti che non sono altro che le tenso trobadoriche. Un altro genere, nato in area occitana, e floridissimo in quella antico-francese, è la pastorella, a metà strada tra una canzone cortese e una canzone popolare, dove il tema del cavaliere errante che tenta di sedurre una pastora (antitetica alla nobile dama) si dispiega in un dialogo dai toni popolareggianti.
Esemplare a questo proposito è la produzione del grande signore Thibaut de Champagne, re di Navarra, nipote di Maria di Champagne, la cui fama arriva fino a Dante, che lo annovera tra i poeti illustri nel De vulgari eloquentia. Il suo cospicuo canzoniere conta 37 chansons cortesi, ma anche alcune pastorelle, quattro canzoni di crociata, un lai e canzoni alla Vergine, un sirventese e numerosi jeux partis.
Colin Muset fa da pendant a Thibaut: menestrello, vive della protezione che i signori gli accordano. Le sue canzoni sono intrise di una vena parodica, leggera, venata di spunti autobiografici; piuttosto che macerare dal dolore per una dama inaccessibile, preferisce abbandonarsi ai piaceri del vino e della tavola e agli amori facili delle fanciulle incrociate nei suoi soggiorni in Lorena, Champagne e Borgogna.
Con Adam de la Halle si apre la terza generazione dei trovieri, in un contesto in cui le corti feudali cedono il posto alla realtà cittadina di una borghesia in espansione. Vissuto ad Arras, Adam studia alla Sorbona di Parigi ed entra successivamente al servizio di Roberto II d’Artois e di Carlo I d’Anjou alla corte di Napoli e della Sicilia. Muore probabilmente nelle Puglie, verso il 1288. Poeta e musicista prolificissimo e versatile, oltre ad avere scritto i primi due lavori teatrali profani conservati in antico francese (Jeu de la Feuillée e Jeu de Robin et Marion) e un cospicuo numero di composizioni polifoniche (rondeaux e mottetti), lascia 36 canzoni monodiche in perfetto stile cortese, riprendendo la lezione di Gace di un amore fatto di struggente attesa, ma in un’ottica incontestabilmente più ottimistica. Il nostro troviero si abbandona volentieri al genere del jeu-parti con l’amico Jean Bretel; questo genere lirico-dialogico che vede l’opposizione di due trovieri su temi legati alla casistica amorosa, ma anche all’attualità politica, trova un successo eccezionale nella dimensione cittadina, in particolare ad Arras, dove è coltivato da tutti i trovieri della zona.
Questo fenomeno mostra chiaramente come lo sradicamento della poesia cortese dal suo contesto faccia sì che ormai tutto il codice legato alla fin ’amor e ai suoi valori diventi una pura convenzione, un soggetto da analizzare in chiave antinomica, secondo i dettami della dialettica: non sarà un caso che Adam de la Halleabbia verosimilmente appreso questa disciplina durante gli studi universitari alla Sorbona.
Un aspetto che marca una profonda differenza tra la lirica d’oc e quella d’oïl è la presenza, in quest’ultima, di una produzione per la stragrande maggioranza anonima di lirica cosiddetta popolareggiante (agli antipodi della chanson), incentrata sul lamento d’amore pronunciato da una donna.
A seconda del contesto nel quale questo lamento è pronunciato, la canzone assume una denominazione diversa: nel caso della canzone d’amico la donna si lamenta dell’assenza dell’amante; altrimenti la donna può cantare le violenze subite dal marito aggressivo o geloso, nel qual caso siamo davanti a una canzone di malmaritata.
Anche l’alba rientra in questa produzione, sebbene sia meno frequentata dai trovieri rispetto ai trovatori. Vedremo che il tema della separazione degli amanti al sorgere del sole sarà invece molto caro ai Minnesänger.
In compenso, una novità assoluta della poesia dei trovieri è la chanson de toile, di cui ci sono pervenuti circa 20 testi risalenti all’inizio del XIII secolo. Una giovane donna è ritratta intenta a cucire o a ricamare (o a leggere, se è nobile), e intanto si lamenta della sua infelice situazione causata da un marito geloso, dal lutto o dall’abbandono dell’amato. Sia i testi che le musiche presentano degli arcaismi di stile, sicuramente voluti, per creare una patina di passato leggendario.
Il corpus delle liriche dei trovieri ci è stato tramandato da ventidue manoscritti, detti canzonieri, compilati per la maggior parte tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del XIV secolo. Di essi, diciotto riportano le melodie oltre che i testi. Si tratta dell’epoca d’oro della produzione di manoscritti in Francia: grazie a questa fortunata convergenza molte canzoni appartenenti a un registro più popolareggiante sono state ricopiate e così tramandate nei canzonieri, allorché in area occitanica non resta alcuna traccia scritta di questa produzione alternativa.
Bisogna tuttavia notare che questi manoscritti risultano essere posteriori anche di un secolo rispetto alle prime testimonianze della lirica trovierica. Questa distanza cronologica ha fatto sì che si verificassero numerosi errori di trasmissione. Succede spessissimo infatti che alcune liriche, a causa della loro celebrità, siano riportate in più canzonieri, nei quali tuttavia sia i testi che le melodie presentano delle varianti testuali e melodiche. Addirittura, in alcuni casi, uno stesso testo è accompagnato da melodie completamente diverse a seconda del manoscritto nel quale è stato copiato. Stabilire quale sia il testo originario associato alla tal lirica è talvolta impossibile.
Attualmente esistono sul mercato discografico numerose incisioni di ottima qualità di questo repertorio, nelle quali i musicisti accompagnano la declamazione melodica del testo con gli strumenti dell’epoca, ricostruiti grazie allo studio delle fonti iconografiche: flauti, vielle, arpe, tamburi, ribeche, organi, cornamuse.
In area tedesca, la lirica d’amore cortese viene denominata Minnesang. La parola Minne, corrispondente al latino amor, ha un primitivo senso religioso e morale, che nel corso del tempo viene ad assumere una connotazione più sensuale e mondana, fino a esprimere la relazione cortese fra l’uomo (Ritter) e la donna (Frowne).
La fioritura del canto d’amore copre un arco di tempo molto vasto, che va dalla metà del XII secolo fino alla metà del XIV secolo.
Con l’avvento al trono di Federico I di Svevia, detto il Barbarossa, nel 1152, viene a costituirsi una società aristocratica che si ispira ai codici cavallereschi. Nel 1156 Federico sposa Beatrice di Borgogna, dando origine a un flusso di scambi culturali con la Francia che favoriscono lo sviluppo della poesia tedesca. Per esempio, è documentata l’attività del troviero Guiot de Provins alla corte di Beatrice.
Altre occasioni di scambio si presentano durante le crociate. Infatti alcuni Minnesänger prendono parte alla terza crociata (1189-1192), la stessa alla quale partecipano trovieri come il Castellano di Coucy, Huon d’Oisy, Conon de Béthune. Vi troverà la morte nel 1190 uno dei primi Minnesänger, Friedrich von Hausen, giuntovi al seguito dell’imperatore Federico.
Alle origini della tradizione i poemi sono costruiti su di una struttura metrica fondamentale, la strofa. Le prime composizioni sono costituite da una strofa unica, con quattro versi lunghi, alla maniera dei poemi epici.
In seguito, questo schema di base si arricchirà, introducendo formule metrico-ritmiche e rimiche sempre più elaborate, e approdando così alla canzone a più strofe. Quest’evoluzione coincide con un intimo cambiamento della struttura stessa della strofa tedesca, inizialmente composta di versi fondati sugli accenti ritmici, fino a pervenire a una strofa basata sul computo delle sillabe dei versi, sul modello delle canso e chanson romanze.
La canzone polistrofica, sempre musicata, d’argomento prevalentemente amoroso, viene denominata Lied.
Un altro genere, anch’esso musicato, è lo Spruch, composto, come il Lied delle origini, da una sola strofa, il cui schema metrico-poetico (Ton) spesso viene utilizzato per Sprüche diversi sia dallo stesso autore che da altri, non necessariamente contemporanei. Succede quindi che alcuni Minnesänger utilizzino un vecchio Ton citando il nome della fonte all’inizio del loro Spruch derivato. Gli argomenti dello Spruch sono soprattutto di carattere morale e politico, con funzione eminentemente didascalica.
Un altro genere di primaria importanza nella poesia dei Minnesänger è il Leich. Si tratta di una composizione molto lunga e complessa, formata dalla ripetizione di una sequenza di strofe disuguali. Anche questo genere è musicato, e in esso il tema della Minne è centrale.
A partire dagli anni 1190 fino verso il 1230 si situa il periodo classico del Minnesang. Tra le personalità più significative si ricordano Reinmar der Alte, documentato a Vienna alla fine del XII secolo, Wolfram von Eschenbach, autore fra l’altro del celebre Parzival e di numerosi Tagelieder (sul modello delle “albe” provenzali) e Heinrich von Morungen, lirico molto colto e grande conoscitore dei modelli della poesia romanza.
Il massimo lirico dell’epoca è da considerarsi Walther von der Vogelweide. Poeta e musicista professionista, nasce in Tirolo presumibilmente verso il 1170; è documentato al servizio della corte di Vienna, poi sotto Filippo di Svevia, e ancora sotto Federico II, che gli fa dono di un piccolo feudo. Apprezzato dai suoi contemporanei sia come poeta che come musicista, Walther esplora il tema della Minne in una prospettiva a tratti mistica, in cui alla figura della dama si sostituisce quella di Maria (Gottesminne, amore di Dio). Allo stesso tempo, il poeta sorpassa l’impasse cortese della dama inaccessibile introducendo una nuova idea d’amore e di poesia amorosa, ovvero passando dalla Minne al Liebe, inteso come rapporto paritario e autentico, riservato a personaggi di estrazione sociale più bassa. Walther è anche un prolifico autore di Sprüche, legati all’attualità politica e alla critica della società. Una delle sue composizioni più celebri è il Palästinalied, sul tema del ritorno dalla sesta crociata nel 1228: il modello testuale e musicale di questa composizione è una canzone del trovatore Jaufre Rudel.
Il modello “anticortese” inaugurato da Walther viene approfondito da Neidhart von Reuental, poeta che riscuote un immenso successo grazie ai suoi testi ambientati in un mondo contadino, che pure non sfugge all’ironia e alla derisione.
Un filone più conservatore continua la tradizione “classica” della Minnesang, attestato in poeti come Ulrich von Lichtenstein.
A cavallo tra la fine del secolo XIII e l’inizio del XIV, in un’atmosfera politica e sociale in cui, con l’ascesa della borghesia, la dimensione cittadina assume un’importanza primaria, la Minnesang si svincola radicalmente dall’ideale cortese. Che l’arte dei Minnesänger sia ancora vitale lo dimostra l’istituzione di vere e proprie corporazioni di poeti, che affiancano alla lirica d’amore temi edificanti di carattere religioso o morale, talvolta anche scientifico. Con la morte del poeta Frauenlob, si chiude un’epoca. Di lì a poco i Minnesänger si evolveranno in Meistersängen, i famosi “maestri cantori” delle città borghesi. Risalgono a quest’epoca le grandi raccolte manoscritte che contengono il corpus dei Minnesänger, tra cui spicca per la bellezza delle miniature il codice Manesse (oggi conservato ad Heildelberg), che si apre col ritratto dell’imperatore Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, considerato come il primo e più illustre dei Minnesänger.