Trouble in Paradise
(USA 1932, Mancia competente, bianco e nero, 83m); regia: Ernst Lubitsch; produzione: Ernst Lubitsch per Paramount; soggetto: dal testo teatrale The Honest Finder di Laszlo Aladar; sceneggiatura: Samson Raphaelson; fotografia: Victor Milner; scenografia: Hans Dreier; costumi: Travis Banton; musica: W. Franke Harling.
In un elegante albergo di Venezia, il francese François Filiba è stato derubato di una forte somma. Autore del furto è Gaston Monescu, ladro gentiluomo che, in una suite dello stesso albergo, allaccia una relazione amorosa con la giovane Lily, la quale gli dimostra di essere una borseggiatrice alla sua altezza. Circa un anno dopo, a Parigi, i due sono una coppia di ladri felici. La loro prossima vittima è l'elegante e facoltosa Mariette Colet, proprietaria d'una casa di cosmetici che si diletta ad acquistare gioielli e a rintuzzare la corte di Filiba e del rivale di questi, il Maggiore. Durante una serata all'Opéra, Monescu ruba alla donna una borsa tempestata di diamanti. Convinta di averla smarrita, madame Colet offre a chi la ritroverà una ricompensa superiore alla cifra che si ricaverebbe vendendola ai ricettatori, e Monescu decide di restituirla. L'incontro fra i due è fatale: Mariette assume l'uomo come segretario, gli affida i conti della Colet & Co., lo introduce in società e se ne innamora, ricambiata. Questi sviluppi suscitano la gelosia di Lily e provocano l'incontro di Monescu con Filiba (che, dopo qualche esitazione, lo riconosce come l'uomo che l'aveva derubato). Anche l'amministratore della Colet & Co. nutre sospetti sul nuovo collaboratore di Mariette, e raccoglie un dossier che ne comprova le attività illecite per costringerlo ad andarsene; Monescu però controbatte rivelandogli di sapere quanto poco la sua amministrazione sia stata trasparente. La situazione precipita quando Lily, assunta anch'essa alla Colet come dattilografa, si lascia scoprire mentre commette l'ultimo furto: costretto a confessare a Mariette i suoi originari propositi criminosi, poi ostacolati dal suo amore per lei, Monescu le dà un triste addio per poi riunirsi a Lily in fuga da Parigi.
A Venezia, un gondoliere che canta O sole mio è in realtà un netturbino, un elegante barone in attesa di una visita romantica è in realtà un ladro, e la contessa che ha accettato il suo invito intende a sua volta derubarlo. Trouble in Paradise si apre nel segno dell'apparenza ingannevole, e tutta la vicenda è racchiusa ‒ come fra virgolette ‒ fra due scene in cui i protagonisti Monescu e Lily si borseggiano l'uno con l'altra. Ma con Ernst Lubitsch anche l'inganno può celare a sorpresa una paradossale sincerità: nel rapporto fra i due amanti, il derubarsi è un piacere fine a sé stesso, come si addice all'arte e soprattutto all'erotismo (il senso di questa maliziosa violazione della reciproca privacy è esplicitato nella prima sequenza, che si chiude con la rivelazione che lui è riuscito a sottrarle addirittura una giarrettiera), e il gioco dell'inganno è qui dichiarato e scoperto fin dall'inizio. Le cose vanno diversamente nel 'paradiso' cui allude il titolo originale ‒ l'alta società parigina, il mondo dorato di una madame Colet che da un lato taglia le spese della sua azienda per far fronte a una crisi economica e dall'altro si concede di spendere una fortuna in una borsa ornata di diamanti. All'interno del 'paradiso' l'inganno resta inganno (l'unica figura con cui Monescu si può confrontare su un terreno familiare è l'amministratore disonesto della Colet & Co.): completamente indifesa di fronte alle abilità di Monescu come ladro, Mariette non ha modo di coglierne come Lily la potenzialità di scambio comunicativo, ma si rivela in compenso più esperta dell'uomo nel non meno ingannevole gioco della seduzione tradizionale. L'amore fra i due si gioca insomma su due campi diversi, e si risolve per entrambi in una sostanziale sconfitta.
Uscito due anni prima dell'introduzione del codice Hays, Trouble in Paradise coniuga perfettamente eleganza e audacia: l'esempio più celebre di tale sintesi è probabilmente l'inquadratura in cui le ombre di Monescu e di Mariette si profilano su un letto che sembra attenderli (ma non manca chi vede in questa proiezione anche una metafora della stessa illusione cinematografica). La reticenza suggestiva dello stile di Lubitsch trova nel film anche un'espressione squisitamente cinematografica nel primo amplesso fra Monescu e Lily su un divano della suite veneziana: una dissolvenza incrociata di deliberata lentezza fa sparire la coppia lasciando il divano vuoto, e suggerisce gli sviluppi della situazione rendendo persino superfluo il successivo dettaglio della mano che appende alla porta esterna un cartello con la scritta 'non disturbare'. Ma l'elemento centrale del film si trova nell'uso innovativo del sonoro (si pensi al tema di O sole mio, che esprime l'insorgere dei sospetti di Filiba verso il 'segretario' di madame Colet) e soprattutto nel dialogo serratissimo (un risultato ancor più notevole se si pensa a quanto fosse recente l'introduzione del cinema parlato): così come avviene per le immagini, anche le battute pullulano di trasferimenti associativi di significato, che talvolta mirano alla sola comicità (quando Filiba chiede al Maggiore di contribuire alla conversazione, per salvare apparenze di civiltà anche fra rivali, questi gli risponde semplicemente "Tonsille!", riferendosi alle modalità con cui Filiba è stato derubato) ma che più spesso sono pervasi da un'allusione erotica (al primo incontro con Mariette, Monescu le dice che se fosse il suo segretario le impartirebbe una sculacciata e lei risponde "Lei è assunto"; più avanti, mentre lui elenca una serie di cose da fare, lei commenta ripetutamente di volerle fare "insieme" e ha una significativa esitazione quando si accorge che l'ultimo impegno della lista è un "riposino"). Nell'era Hays, l'eleganza di Lubitsch non basterà comunque a far passare indenne dalle maglie della censura il film, cui nel 1935 verrà negata la possibilità di una riedizione in sala.
Interpreti e personaggi: Kay Francis (Mariette Colet), Miriam Hopkins (Lily), Herbert Marshall (Gaston Monescu), Charlie Ruggles (il Maggiore), Edward Everett Horton (François Filiba), C. Aubrey Smith (Adolphe J. Giron), Robert Greig (Jacques), Mary Boland.
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Sceneggiatura: Three Screen Comedies by Samson Raphaelson, Madison (WS) 1983.